Quello delle esperienze di pre-morte (Near Death Experience– NDE) è un argomento che affascina, soprattutto perché chiama in causa il tema della morte sul quale l’uomo s’interroga praticamente fin dalla sua comparsa sulla Terra.

Ogni persona si è posta almeno una volta nella vita la domanda se vi possa essere un’esistenza oltre il limite della morte biologica.

Penso che ogni persona si sia posta almeno una volta nella vita la domanda se vi possa essere un’esistenza oltre il limite della morte biologica ed è perciò naturale interrogarsi sull’origine di queste esperienze, che sembrano verificarsi proprio quando si è in procinto di raggiungere questo limite.

Già centinaia di migliaia di anni fa i nostri antenati seppellivano i propri defunti e probabilmente credevano nell’esistenza dell’Aldilà. Quest’idea potrebbe perfino non essere una prerogativa della nostra specie, visto che probabilmente anche l’uomo di Neanderthal seppelliva i propri morti.

Anche se i media hanno dato grande risalto all’argomento solo negli ultimi decenni, esistono testimonianze di NDE fin dall’antichità, secondo alcuni studiosi se ne hanno infatti testimonianze risalenti persino all’antica Grecia e ciò che maggiormente colpisce è l’apparente uniformità, almeno in molti dei loro elementi, di queste esperienze.

Le NDE sono state studiate in modo sistematico e scientifico solo in tempi recenti, ma ciò che sembra emergere dagli studi è che quale ne sia l’origine, psicologica, fisica o altro, sono almeno nella maggior parte dei casi un qualcosa di concreto, realmente sperimentato da chi le racconta.

 

 

Ai confini della vita

Il paziente è in sala operatoria sottoposto ad un delicato intervento chirurgico nel tentativo di arrestare una grave emorragia all’addome. Tutto sembra andare per il meglio, poi all’improvviso si verifica un arresto cardiaco. Il cuore smette di battere, non vi è più afflusso di sangue al cervello e l’EEG è piatto.

Il paziente è clinicamente morto, ma i chirurghi non demordono e dopo un lungo ed interminabile minuto riescono a rianimarlo. L’intervento si conclude con successo, fortunatamente il paziente non riporta danni permanenti e raggiunge un pieno recupero fisico.

 

 

Una volta tornato pienamente cosciente dopo l’intervento, il paziente racconta però di avere memoria di un’esperienza avvenuta durante l’intervento, un’esperienza fuori dal comune, una memoria che in teoria non dovrebbe nemmeno avere visto che era sotto anestesia totale. Oltretutto è sicuro di poterla collocare in un preciso momento: durante il minuto di morte clinica.

Ciò che colpisce di queste NDE è soprattutto il fatto che la persona non ricorda solo vaghe sensazioni, ma una esperienza complessa, molto vivida e che presenta elementi comuni a tutte le altre testimonianze simili.

Esistono molti racconti e testimonianze di questo tipo e ciò che colpisce è il fatto che la persona non ricorda solo vaghe sensazioni, qualche suono o flash di luce, ma una esperienza complessa, molto vivida, che coinvolge diversi sensi e che presenta elementi comuni, quasi standard, in modo apparentemente indipendente da discriminanti quali le credenze religiose, il grado di istruzione, esperienze precedenti o l’origine etnica.

Gli elementi più comuni a queste esperienze fanno ormai parte della cultura popolare:

  • Il tunnel buio con in fondo una intensa luce.
  • La sensazione di abbandonare il proprio corpo e vederlo dall’esterno, fluttuando su di esso (autoscopia).
  • Una sensazione di pace e serenità assoluta.
  • Una rapida rivisitazione degli eventi salienti della propria vita (la classica rapida sequenza di flashback).
  • L’incontro con entità luminose, a cui le persone danno varie interpretazioni (angeli, divinità, parenti defunti…).
  • Il desiderio di rimanere dove si è e poi il doloroso ritorno al proprio corpo.

In realtà questi sono gli elementi comuni alle esperienze positive, ma ne esistono anche di altro tipo.

 

 

 

Bad trip

Anche se nella maggior parte dei casi le NDE sono esperienze positive e che potremmo definire “paradisiache” ve ne sono anche di completamente diverse e di particolarmente sgradevoli e perfino terrorizzanti.

A seconda degli studi il numero di queste spiacevoli (a dir poco) esperienze varia dal 1% al 15% del totale delle NDE, ma potrebbero essere anche più frequenti perché si è visto che chi le sperimenta è meno portato a raccontarle rispetto a chi ne sperimenta di positive.

 

 

In generale si possono suddividere in 3 grandi gruppi:

  • NDE simili nelle caratteristiche a quelle positive, ad esempio riguardo a tunnel e autoscopia, ma che risultano spiacevoli per una sensazione di totale mancanza di controllo.
  • La sensazione di percepire nitidamente un vuoto assoluto in cui si è completamente soli. A volte le persone raccontano di aver percepito la propria “non esistenza” ed aver perfino dubitato dell’esistenza della realtà.
  • Il terzo gruppo, molto meno numeroso, riporta visioni che potremmo definire di tipo “infernale”.

Alcune persone raccontano di essersi trovate in luoghi bui e freddi in cui si sentivano spiate da una moltitudine di esseri non amichevoli, di aver sperimentato sensazioni simili all’affogamento o soffocamento o di essersi trovate inseguite o tormentate da creature demoniache.

Una persona ad esempio ha raccontato di essersi trovata insieme ad altre persone sottoposta ad una cerimonia in cui si veniva interrogati e se si rispondeva in modo sbagliato si veniva ustionati.

Viene immediatamente da chiedersi se la natura piacevole o meno della NDE sia in qualche modo collegata alla condotta di vita della persona. La risposta in base a tutti gli studi fatti è: no.

Ovviamente, indipendentemente dalla valutazione che si dà dell’origine di queste esperienze, viene immediatamente da chiedersi se la natura piacevole o meno della NDE sia in qualche modo collegata alla condotta di vita della persona o ad una qualche valutazione morale che ne si può dare.

In realtà però chi ha studiato le NDE non ha trovato alcun collegamento o influenza tra le due cose.
Inutile dire che se da una parte molte persone che hanno avuto NDE positive, ne hanno tratto psicologicamente beneficio nella propria vita, al contrario le NDE negative lasciano un senso d’inquietudine difficile da cancellare. C’è chi ad esempio dopo queste esperienze deve dormire con la luce accesa…

Esistono gruppi di supporto psicoterapeutico per aiutare chi ha vissuto queste esperienze particolarmente traumatiche.

 

 

 

Visioni dell’Aldilà?

Ovviamente c’è chi, sulla base delle proprie credenze attribuisce un’origine sovrannaturale alle NDE e la prova dell’esistenza di un qualche Aldilà e dell’anima.

Ovviamente è una valutazione personale e più che legittima, ma che non può essere verificata.

Le uniche osservazioni che si possono fare a riguardo sono innanzitutto che, come detto in precedenza, le NDE risultano piacevoli o meno in modo indipendente dalla condotta morale di un individuo, perciò delle due l’una, o hanno un’origine biochimica o se sono esperienze sovrannaturali evidentemente, come ha suggerito qualcuno, l’Aldilà è regolato da leggi completamente diverse da quelle che ci aspettiamo.

È probabilmente inutile discutere di questa ipotesi perché chiamando in causa elementi sovrannaturali non è per sua stessa natura indagabile o verificabile.

Un’altra considerazione che è stata fatta è che in ogni caso le NDE non ci potrebbero dare alcuna garanzia di vita eterna, ma solo mostrare che la nostra Coscienza può in qualche modo sopravvivere indipendentemente dai tessuti del cervello, ma magari solo per un tempo limitato.

Ad ogni modo tutte queste considerazioni sono veramente molto teoriche ed il punto è che è probabilmente inutile discutere di questa ipotesi perché chiamando in causa elementi sovrannaturali non è per sua stessa natura indagabile o verificabile.

Quel che invece si può fare è cercare di capire se questo fenomeno possa essere dovuto ad alterazioni fisiche temporanee (chimiche ad esempio) che si verificano nel cervello in condizioni particolarmente critiche, che possono avvenire in una situazione vicina alla morte, come nel caso di un arresto cardiaco.

 

 

 

Che cos’è la morte?

Qui si pone però un primo ed importante problema, infatti se ci interroghiamo sulle Esperienze Vicine alla Morte (Near Death Experience) dobbiamo prima di tutto stabilire quando una persona è realmente “vicina” alla propria morte.

Vicino o lontano sono ovviamente concetti relativi, ma per esprimere un giudizio dobbiamo prima di tutto stabilire il momento in cui si verifica la morte e non è per nulla facile.

In fondo che cos’è la morte? In che momento una persona muore?

Queste potrebbero sembrare domande banali, ma sono invece quesiti estremamente complessi. La morte da un punto di vista biologico è infatti solitamente un processo graduale in cui i vari tessuti dell’organismo muoiono in tempi diversi.

Biologicamente la morte è la permanente cessazione di tutte le funzioni vitali dell’essere vivente, ma lo stabilire quando questa cessazione divenga realmente permanente non è facile. Con il progredire delle conoscenze e tecniche mediche, fortunatamente questo confine è stato spinto sempre più in là.

La morte da un punto di vista biologico è infatti solitamente un processo graduale in cui i vari tessuti dell’organismo muoiono in tempi diversi.

In determinate, fortunate circostanze, è possibile rianimare una persona clinicamente morta, in cui si è verificato un arresto cardiocircolatorio e se il periodo di mancato afflusso di ossigeno al cervello è stato molto limitato, la persona può tornare a vivere senza aver riportato danni permanenti o disabilità di alcun tipo.

D’altra parte se la morte è come abbiamo detto un processo graduale in cui cessano di funzionare tutti i tessuti viventi che formano il nostro corpo, ci si può però concentrare su ciò che in fondo ci definisce come individui: il cervello. A ben vedere si può essere ancora più specifici e considerare la parte più evoluta dell’encefalo.

 

 

Spesso anche sui media si fa davvero parecchia confusione sull’argomento, ma legalmente una persona è morta solo quando si verifica la morte cerebrale e l’intero encefalo è morto, compreso il tronco encefalico e il corpo non è più in grado nemmeno di respirare autonomamente.

Legalmente una persona è morta solo quando si verifica la morte cerebrale e l’intero encefalo è morto, compreso il tronco encefalico.

Ora ho paura di infilarmi in un bel ginepraio, visto che sono temi che riguardano la bioetica, però mi è comunque difficile considerare viva una persona in cui anche il solo telencefalo è perso definitivamente e con esso tutte le funzioni e le capacità che ci definiscono come individuo.

Detto questo forse il vero punto di non ritorno può dunque essere considerato la morte dei tessuti cerebrali, che si verifica comunque pochi minuti (in condizioni eccezionali anche in tempi più lunghi) dopo che il sangue ha smesso di affluire al cervello.

Forse si è veramente vicini alla propria morte in quei minuti, ma ancora una volta vicino o lontano sono concetti relativi e non si può non notare come in alcuni casi le NDE si verifichino in persone che credevano di essere in procinto di morire, ma che non hanno corso reali rischi.

 

 

 

Psicologia o fisiologia?

Nei casi in cui le NDE vengono sperimentate da persone che hanno solo creduto di stare per morire, ma non hanno corso reali rischi, si può forse cercare una spiegazione psicologica dell’esperienza, considerato anche che eventi particolarmente traumatici possono indurre effetti simili, ad esempio vi è un disturbo psicopatologico definito come effetto di “depersonalizzazione somatopsichica” che porta a sperimentare effetti simili all’autoscopia ed un effetto simile è stato sperimentato pure in stati di meditazione particolarmente profonda, monitorati con tecniche quali la risonanza magnetica funzionale e l’EEG.

A volte col passare del tempo i racconti si arricchiscono di particolari, quando invece sarebbe naturale aspettarsi il contrario.

Alcune NDE poi, secondo alcuni studiosi, potrebbero essere delle false memorie, create involontariamente dai pazienti al momento del risveglio dopo un grave incidente o una delicata operazione chirurgica.

Le NDE hanno trovato molto spazio negli ultimi anni sui media, in molti programmi televisivi ad esempio ed alcune persone potrebbero aver fatto proprie esperienze di altre persone di cui hanno letto o sentito parlare.

In alcuni casi infatti intervistando i pazienti subito dopo l’esperienza e poi a distanza di anni, si vede come col passare del tempo i racconti si arricchiscano di particolari, mentre sarebbe naturale aspettarsi piuttosto il contrario.

 

 

 

Cause organiche

Si registrano però racconti di NDE fin dall’antichità ed i casi ed i punti di contatto delle esperienze sono così numerosi, che nella maggioranza dei casi è forse più utile ricercare un’origine fisiologica del fenomeno.

 

 

Si registrano però racconti di NDE fin dall’antichità ed i casi ed i punti di contatto delle esperienze sono così numerosi, che nella maggioranza dei casi è forse più utile ricercare un’origine fisiologica del fenomeno.

Si è infatti verificato anche come sia possibile indurre artificialmente alcuni degli elementi delle NDE come l’autoscopia e la visione del tunnel con in fondo la luce, ad esempio tramite la somministrazione di basse dosi di ketamina o la stimolazione elettrica del lobo parietale. Tra l’altro proprio il lobo parietale sembrerebbe svolgere un ruolo centrale in queste esperienze, così come la corteccia visiva.

La corteccia visiva infatti è organizzata in modo che ci siano molti più neuroni in corrispondenza del centro del campo visivo che non nella zona periferica e un’attivazione anomala di quest’area in condizioni critiche potrebbe portare a “vedere” una intensa luce al centro, che sfuma nell’oscurità tutto intorno creando il classico effetto tunnel.

L’effetto tunnel è stato poi sperimentato anche da piloti di caccia militari, sottoposti ad elevate accelerazioni in seguito al poco afflusso di sangue al cervello, che causa un restringimento del campo visivo.

Bisogna anche considerare che quando durante una temporanea morte clinica, prima di essere rianimati l’EEG risulta (temporaneamente) piatto, il cervello è ovviamente ancora vivo e non è detto che non vi sia una residua e anomala attività elettrica in alcune aree, come proprio la corteccia visiva, il lobo parietale o il sistema limbico.

L’origine della classica rapida sequenza di flashback della propria vita (life review) può essere forse collocata nella regione cerebrale del locus coeruleus. Questa zona del cervello controlla il rilascio della noradrenalina, un ormone che viene rilasciato in grandi quantità in situazione di elevato stress. Il locus coeruleus è strettamente connesso con amigdala e ipotalamo, regioni del cervello implicate in intense emozioni e memoria.

L’origine della classica rapida sequenza di flashback della propria vita (life review) può essere forse collocata nella regione cerebrale del locus coeruleus.

È evidente come in una situazione estrema come quella che il cervello sperimenta quando si verificano le NDE, vi possa essere un grande rilascio di noradrenalina ed un’attivazione anomala di amigdala e ipotalamo scatenando i flashback del life review.

Le visioni complesse delle NDE poi potrebbero chiamare in causa un’attivazione anomala di zone quale la corteccia parietale e quella prefrontale, da cui hanno origine le allucinazioni dei pazienti schizofrenici.

Tra l’altro livelli anomali di dopamina, un neurotrasmettitore, come si riscontrano in malattie come il morbo di Parkinson, possono a loro volta verificarsi in queste situazioni e scatenare allucinazioni (piacevoli o spiacevoli).

Il profondo stato di benessere può poi essere ovviamente provocato dalle endorfine, prodotte dal cervello e simili agli oppioidi, che vengono rilasciate naturalmente in grandi quantità in situazioni di grande sofferenza fisica.

 

 

 

Un’indagine razionale

A questo punto bisogna fare un’importante osservazione: se da una parte si possono spiegare ed anche riprodurre sperimentalmente, i vari aspetti di una classica NDE presi singolarmente, ciò che forse ancora sfugge è il perché questi si verifichino di solito tutti assieme come parte di un’esperienza complessa, che spesso segue quasi una precisa scaletta.

Non è comunque dimostrato che le NDE si verifichino proprio durante il periodo di morte clinica e non piuttosto subito prima o subito dopo.

Bisogna dire che non è comunque dimostrato che le NDE si verifichino proprio durante il periodo di morte clinica, infatti potrebbero benissimo avvenire anche subito prima (o subito dopo), quando si rileva ancora un’intensa attività cerebrale.

Inoltre come detto in precedenza, anche durante il breve periodo di EEG piatto potrebbe essere presente una residua attività elettrica nel cervello, dopotutto se una NDE si ricorda vuol dire che è stata registrata ed “archiviata” nella memoria, fatto che richiede che il cervello sia attivo.

Forse, come qualcuno ha ipotizzato, in queste situazioni critiche, come ad esempio una grave ipossia, si crea un effetto a cascata in cui varie parti della corteccia e del resto del cervello si attivano in modo anomalo in sequenza, scatenando queste straordinarie esperienze.

Anche il fatto che appaiano così vivide e “reali” non deve stupire, visto che a volte le allucinazioni risultano completamente indistinguibili dalla realtà, così come lo sono i sogni mentre dormiamo.

Lo studio delle NDE può essere molto importante perché permette di studiare quali cambiamenti neurochimici avvengono in un cervello in condizioni critiche, come un’arresto cardiaco o un ictus e conseguentemente sviluppare tecniche per evitare o almeno limitare i danni in queste situazioni. Inoltre possono contribuire ad indagare quello che è forse ad oggi il più grande mistero: la natura della coscienza.

 

Life is a near death experience…

George Carlin