C’era una volta una graziosa ragazzina giapponese di nome Sadako che, dotata di poteri ESP, incompresa e assassinata, dopo anni oh mio Dio ci ammazzerà tutti!
E vissero terrorizzati e contenti.
Morti stecchiti, ma con la faccia contorta in una smorfia sorridente.
(Ok, non è il genere di favola che racconterò a mia figlia)
Miei cari lettori, il vostro Manzoni nerd si dedica al J-Horror & alla sua versione USA.
In questo articolo, tento di ripercorre la vicenda di una saga che – lo sapevate? – ha una storia più incasinata di quella dei Vangeli apocrifi.
Esco anch’io, no tu no
Insomma, tutto questo inizia quando, non avendo altro da fare, mi sono chiesto: “Ehi, che diavolo di fine ha fatto The Ring 3?”
Non che io in bagno pensi spesso a Sadako/Samara o che le inquietanti ragazzine-spretto-zombie spettinate siano la mia passione.
È andata proprio così: nel 2015 inoltrato la Paramount dice che a breve uscirà un nuovo capitolo della saga di The Ring, dal titolo Rings.
Il primo teaser lascia ben sperare, anche perché stavolta non si ripete lo schema solito [Gente Muore – OMG WTF – Trovo VHS – Guardo VHS – Mi cago addosso – Risolvo il Mistero – Oh Sadako/Samara povera piccola] ma sembra che l’evoluzione sia compiuta.
Dalla VHS ai video sul pc, dalla tv ad ogni tipo di schermo, ma soprattutto dalla “solita” Samara ad una sua versione body horror e molto più vicina allo spirito dell’originale letterario (poi ci arrivo… pazienza): un vero e proprio virus che si riproduce a dismisura uccidendo chi contagia.
Nel caso della protagonista, sembra un destino peggiore della morte…
Vedere per credere:
https://www.youtube.com/watch?v=WOH3ORdVmk8
Poi passano i mesi e non succede niente, ogni tanto salta fuori qualche notizia tipo “Arriva a metà 2016”
“Esce ad Halloween del 2016!”
“Uhm, ok, forse a novembre?”
“Raga, si scherza: esce a febbraio 2017”.
2 Febbraio 2017, non più Rings ma una semplice e familiare (in Italia) The Ring 3 e siamo pronti a vederci il ritorno in pompa magna della terrificante ragazzina che ha un brutto rapporto col pettine.
Cose da sapere prima di
“Se La vedi, Sei Morto!”
Prima di tutto, la sinossi ufficiale:
Rings è ambientato 13 anni dopo il primo The Ring.
La giovane Julia (Matilda Lutz), preoccupata per il suo ragazzo Holt (Alex Roe), inizia ad indagare con l’aiuto del professore Gabriel (Johnny Galecki fuggito momentaneamente da Big Bang Theory), su una misteriosa videocassetta, su cui si dice gravi una maledizione: chiunque la guardi morirà dopo 7 giorni.
Nel cast c’è pure il solito, gigantesco Vincent D’Onofrio col suo vocione, che ironia della sorte fa (a quanto pare) il cieco, proprio dopo essere stato malmenato da quel noto Daredevil.
Insomma, per farla breve, Julia decide di sacrificarsi per salvare il suo ragazzo e così facendo fa una scoperta sconvolgente: c’è un “film nel film” che nessuno ha mai visto prima… ma saranno comunque cavoli amari per tutti e per lei in particolare.
The Ring 3 (o Rings che dir si voglia) è diretto dal regista spagnolo F. Javier Gutierrez, mentre la sceneggiatura è firmata da David Loucka, Jacob Estes e (in ultima revisione) da Akiva Goldsman.
Qui mi sbizzarrisco perché sono cose che mi fanno impazzire: Akiva Goldsman è un premio Oscar (per A Beautiful Mind), ma è anche l’uomo che ha sceneggiato porcate come Batman & Robin e Lost In Space – senza contare che la sua trasposizione di Il Codice Da Vinci non è che fosse irresistibile.
Va anche detto che al suo arco ha pure Hancock, Io Sono Leggenda, Star Trek reboot, Io Robot e Constantine. Insomma, un tizio imprevedibile che sa fare il suo mestiere (e decisamente prolifico).
Sicuramente non ci si annoierà in sala.
If You Liked It Then You Should Have Put A Ring On It
Adesso qualcuno dirà che di un ennesimo The Ring ce ne possiamo sbattere i barattoli; vorrei invece far notare che tutto sommato i due The Ring, in particolare il primo, sono tra i pochi esempi di ricalco/remake/commistione tra cinema nippo e hollywoodiano che abbiano una certa dignità.
tra Jap e USA.
Certo, detto da uno che nel lontano 2000 fece carte false per procurarsi le VHS edizione Tartan Video perché in fissa con il cinema orientale può risultare un tantinello di parte.
Ma i miei trascorsi da fan del J-horror e i miei presenti da detestatore professionale di remake hollywoodiani di film stranieri garantiscono un barlume di oggettività.
Confesso che il primo The Ring, quello di Hideo Nakata del 1998, risulta ancora oggi pazzesco nella sua atmosfera malsana e stranamente rarefatta dall’inizio alla fine. Certo, ci sono ingenuità, ma regge ancora tanto.
Lo stesso si può dire per il primo film americano, quello firmato nel 2002 da Gore “Pirati dei Caraibi” Verbinski, con la bella e brava Naomi Watts.
La cosa buffa è che nell’arco di quei quattro anni i giapponesi avevano già praticamente esaurito e sepolto il franchise, non soltanto al cinema, ma anche in tv.
Per non parlare dei libri che sono la principale fonte di ispirazione della saga “in pictures”.
Tutto inizia infatti con il romanzo dello “Stephen King giapponese”, Koji Suzuki, che risale al 1991.
Libro molto valido (se non erro da noi per la casa editrice Nord) e in un certo senso diverso dalla versione live-action che glorificherà il successo e trasformerà in icona la “sua” Sadako.
Non voglio fare spoiler, ma sia le cause della morte delle povere vittime e la natura stessa della ragazza-spettro-killer sono molto diverse, riservando anche dei plot twist clamorosi.
Aspetti del tutto assenti nei film, che però hanno il merito di costruire un’atmosfera incredibilmente potente e soprattutto di istituzionalizzare la geniale intuizione dell’uscita di Sadako dal teleschermo, ormai divenuto un marchio di fabbrica planetario.
Koji Suzuki ha scritto 3 romanzi e una raccolta di racconti che costituiscono il “corpus” principale della mitologia di The Ring: Ring, Rasen, Rûpu e Basudei.
Quest’ultimo contiene il racconto che ha ispirato l’ideale, ultimo capitolo della serie nipponica, Ring 0 – The Birthday (2000)
Il secondo film è sempre il più difficile nella carriera di un horror
Se c’è una costante che unisce le versioni di The Ring, quella giapponese e americana, è questo: il numero 2 porta sfiga.
In Giappone, per la strampalata e frequente bulimia produttiva del Sol Levante, il sequel Rasen – The Spiral uscì praticamente in contemporanea al primo The Ring di Nakata, diretto da un altro regista (Joji Iida).
Mentre il primo fu un successone, il secondo fu un flop. Il motivo mi sembra abbastanza lampante. Probabilmente il pubblico neppure aveva capito che si trattava di due film “gemelli”.
Peccato, perché a parte il ritmo un po’ sfilacciato non si può certo dire che Rasen sia un pessimo horror.
Lo recuperai solo molto dopo, perché all’epoca i produttori lo avevano decisamente cancellato dallo scenario. In quattro e quattr’otto quelli andarono in ginocchio da Nakata a chiedere un sequel fatto di suo pugno.
Così, mentre Rasen usciva di scena e il romanzo da cui era tratto – probabilmente per timore – veniva tradito in tutto e per tutto, l’alba di un nuovo Ring vedeva la luce.
The Ring 2, dal titolo secco e preciso, fu un successo e portò in scena la “classica” maledizione-possessione del bambino da parte del cattivo (Sadako).
Per quanto riguarda l’altro capo dell’oceano, c’è poco da dire: nonostante la chiamata di “papà” Hideo Nakata al timone nel 2005, il sequel del The Ring a stelle e strisce è noioso e poco coinvolgente, perlopiù pasticciato.
Come già accaduto per The Grudge e la sua “fotocopia” USA, pietra tombale del talento del collega Takashi Shimizu, anche il regista dell’originale The Ring viene soffocato dalle iper-controllate esigenze commerciali di Hollywood.
Male per tutti, perché in patria The Ring 2 incassa a malapena qualcosa più di quel che è costato, sinonimo di flop anche quando nel mondo i risultati sono discreti.
Una saga da brivido… transmediale
Sono dunque passati tanti anni da quel 1991 in cui Koji Suzuki ha dato vita a uno dei franchise ormai più famosi e longevi della storia dell’horror.
Mi sono limitato a ricordare i maggiori successi del cinema, ma non si può non ricordare che prima del 1998 The Ring aveva già “calcato le scene” nel 1995 con un film TV andato in onda su Fuji Television.
Non di successo, ma divenuto di culto fino ad avere una versione home video UNCUT (inedita al di fuori del Giappone) con materiale scabroso – sesso & violenza, ad alimentare il suo status di cult.
Come detto, nel 2002 Ring 0 – The Birthday chiude idealmente la baracca, ma siccome la nostalgia è canaglia anche nell’isola nipponica, nel 2012 esce al cinema Sadako 3D seguito da un altrettanto tridimensionale sequel, inutilmente basati su sceneggiatura di Koji Suzuki.
Giusto per dovere di cronaca vi cito anche The Ring Virus, remake coreano diretto da Kim Dong-bin, fondamentalmente trascurabile.
Dato che della spiritella capelluta non si butta via niente…
…ci sono stati in patria anche un serial radiofonico (1996) e altre declinazioni televisive dei romanzi di Suzuki, nonché una versione manga disegnata da Hiroshi Takahashi su testi dell’autore originale.
Ciliegina sulla torta, i videogiochi. The Ring: Terror’s Realm del 2000 (per lo sfigato Sega Dreamcast) tenta di trasportare la maledizione di Sadako sul piano della realtà virtuale con una struttura survival horror molto in voga all’epoca. Idea carina, risultati poco divertenti.
Un po’ come il successivo Ring: Infinity che non è altro che un racconto poco interattivo su binari precostituiti.
Tutti pronti per un 16 marzo a base di spaventi mortali?
Ok, adesso ci salutiamo.
Un attimo, sullo schermo mi è spuntato un pop-up con un vid…