Indecifrabile e misteriosa, The OA è la nuovissima serie Netflix a cui viene assegnato l’arduo compito di chiudere alla grande un anno di incredibili produzioni. Vediamo insieme di che parla e perché è interessante.
La prima parola che mi viene in mente pensando a The OA, dopo la sua visione, è coraggio. Una serie che si pone in maniera del tutto differente, dalle precedenti, con lo spettatore e lo mette in una posizione di assoluta partecipazione. Non è la serie che deve semplicemente dare, ma è lo spettatore che deve affondare le sue mani nella storia della serie per poter afferrare il suo più recondito significato (anche se non è detto che ci riesca).
The OA è un puzzle da costruire pezzo pezzo, e per avere un’idea completa è necessario guardare la prima stagione di questa serie nella sua interezza. Otto episodi di durata differente, dai 71 minuti ai 30, che immergono in un mondo fantascientifico.
Puzzle che ricostruiamo assieme alla protagonista, Prairie, questa misteriosa ragazza comparsa all’improvviso sopra un ponte dopo sette anni dalla sua sparizione.
Una serie creata dalla bravissima artista Brit Marling (protagonista della storia stessa) e Zal Batmanglij e prodotta dalla Plan B Entertainement, la casa di produzione dell’attore Brad Pitt. Inoltre a comporre il cast di The OA troviamo attori del piccolo e grande schermo del calibro di Jason Isaacs, Scott Wilson e Alice Krige, oltre al giovane Emory Cohen.
L’operazione di The OA non è assolutamente semplice. Una scommessa che avrà messo in gioco non poche teste, e che sicuramente solo Netflix avrebbe potuto cogliere al volo giocandosi il tutto e per tutto.
Una serie differente che gioca con la mente dello spettatore. Mescola le carte in tavola, attorciglia le linee temporali, confondendo il tempo e lo spazio, e che mette a dura prova qualsiasi tipo di teoria. La tensione drammaturgica esercitata da The OA porta a durissima prova lo spettatore, trascinandolo con sé nel suo vortice di realtà e finzione oppure respingendolo ferocemente, perché costretto a uno sforzo mentale che va al di fuori del semplice “godersi una nuova serie”.
Ma la forza di The OA sta nella sua seconda parola chiave, la prima che può venire in mente ancora prima di vedere la serie: mistero.
The OA è un prodotto misterioso per molti aspetti, fin dal suo titolo. La sua stessa genesi non è certo stata pubblicizzata, così come il suo arrivo su Netflix è stato annunciato poco prima della sua effettiva messa online.
Esattamente come già avvenuto con Stranger Things, Netflix ha voluto giocare moltissimo di suggestioni e di indizi, seminando giusto qualche piccola pillola ma senza poter dare allo spettatore gli strumenti base per avere una vera e propria idea della serie.
Fino a qualche giorno fa, era impossibile trovare qualsiasi tipo di informazioni su The OA su internet, a parte un piccolo teaser fatto circolare da Netflix stesso sui social, con lo scopo di mettere ancora più curiosità.
Una ragazza su di un ponte, in piena corsa nel bel mezzo del traffico. Una ragazza dal vestito stracciato e sporco. Lo sguardo spaventato. La sua salita sul cornicione del ponte e poi il suo salto nel vuoto. Tutto filmato dal telefonino di una donna alla guida.
Questo è tutto ciò che ci è dato sapere di The OA. Questo è ciò che si vedrà nei primissimi secondi del primo episodio, Il Ritorno. Un pilot intenso, all’interno del quale vengono seminati molti più misteri di quanti potessimo immaginare.
Fin dall’inizio The OA mostra le sue anomalie, a partire dai titoli di testa che arrivano solo sul finale. Una fotografia molto grigia, fredda e quasi sempre soffusa da una nebbia trasmessa dalla stessa narrazione. La sua narrazione e montaggio non lineare e sincopata. La sua colonna sonora contaminata, dal rumore bianco ai suoni disturbanti, passando per la più semplice musica classica. In tutto questo si riesce comunque a sprigionare un fortissimo fattore empatico che perdura lungo tutta la serie.
E anche quando i primi episodi iniziano a prendere forma sullo schermo, accompagnando una trama composta da complesse sottotrame, l’immenso alone di mistero resta l’elemento più caratterizzante di questa serie.
Fin dal tema, The OA non appare mai precisa. Potrebbe parlare di scienza così come di spiritualità e religione; potrebbe essere un thriller o un dramma di vite spezzate; potrebbe addirittura essere una storia di critica e denuncia, dalle continue scomparse e abusi su ragazzi alla facilità con cui è possibile acquistare un’arma.
Tutto questo potrebbe sembrare un grande calderone di elementi, ma così non è. The OA riesce a condensare queste tematiche nei suoi otto episodi. Riesce a tirare avanti un filo conduttore, non sempre sensato ma con una sua logica. Una serie che frastuona, indubbiamente, ma che sa esattamente quando tirare le redini, pur lasciando molte delle sue carte coperte anche dopo la conclusione.
Ci troviamo di fronte a una serie per nulla banale e che, sicuramente, non potrà ricordavi alcun altro prodotto realizzato prima. Una serie che chiede un grande sforzo al suo pubblico, smuovendolo dalla sua posizione privilegiata di spettatore passivo e fin troppo coccolato dal comfort del suo divano. Una serie che chiede di essere seguita, dall’inizio alla fine, cercando di perdersi nei suoi intrecci.
Ed il coinvolgimento con The OA non manca di certo. Grazie alla sua linea mistery, al suo sapere trasportare tutta la tensione fino agli ultimi episodi, tiene lo spettatore piuttosto attaccato allo schermo. La sua stessa dilatazione della narrazione, viene efficacemente ripagata dai cliffhanger che uniscono ogni episodio all’altro, creando nel complesso un unico grande film; di certo, un’operazione non nuova per i prodotti originali Netflix.
Non lasciatevi ingannare! Quella che potrebbe sembrare una trama fragile, è una storia articolata su molte linee e che ha bisogno di essere assaporata tutta, dall’inizio alla fine.
Non ci sono personaggi abbozzati. Tutto ciò che vi sembra “superficiale” è, in realtà, ben studiato dagli stessi autori che danno allo spettatore, così come ai cinque che seguiranno Prairie nel suo assurdo racconto, quei pochi elementi essenziali per farli vacillare tra realtà e fantasia.
Cosa è reale e cosa no? Quando si è sul punto di aver delle risposte, The OA è pronto a smontare qualsiasi nostra tesi, mostrandoci dei nuovi pezzi del puzzle che non avevamo preso in considerazione.
In questo emblematici sono gli ultimi due episodi, che portano la narrazione ad un livello del tutto superiore. Una buona dose d’ansia e suspence che lascia agonizzare fino alla fine, mentre gran parte dei tasselli tornano finalmente al loro posto, ma senza completare il quadro.
Moltissimi sono gli interrogativi sollevati da questa seria. Alcuni di questi verrano risolti, ma altri, forse proprio quelli più attesi, resteranno sospesi nel buio della complessa mente della nostra protagonista.
Nulla è semplice in questa serie. The OA ci chiede di scavare ancora più in profondità, restando nella nostra testa per diversi giorni, lasciando volutamente ancora coperta qualche carta, ancora irrisolto qualche mistero.
Un lunghissimo prologo che vede uno sviluppo più sostanzioso nel finale di serie e che vede, indubbiamente, un proseguimento in una prossima stagione.
Ed è proprio per questo motivo che non è facile giudicare una serie di questo tipo. Non basta parlare solo del suo lato più oggettivo, soprattutto perché siamo di fronte a un prodotto che si sviluppa nel soggettivo. Una storia che tocca delle tematiche che possono riguardare tutti, diversamente, sia direttamente che indirettamente. Una situazione che può far provare un ventaglio di differenti emozioni in base al proprio approccio alla vita e alla morte, alla credenza religiosa e spirituale o alla cieca fede nella scienza.
The OA rompe qualsiasi schema classico di serialità al quale eravamo abituati fino a questo momento. Alza di molto la posta in gioco, forse cercando di osare perfino un po’ troppo. Ambiziosa a tal punto da rischiare di non essere compresa, e non è certo un caso se l’opinione media della stampa si fonda sull’impossibilità di giudicare pienamente questa serie.
Non stupitevi se verrete spesso presi dalla confusione, frastornati dalla bellissime immagini oniriche, dalle coreografie dei personaggi e dai monologhi intensi ma concisi. The OA fa affidamento su dialoghi e monologhi ben mirati, all’interno dei quali sono nascoste metafore e simbolismi che, se colti, possiamo aiutare a decifrare – o tentare di farlo – la serie.
Il tutto è sviluppato su più livelli. Non c’è solo la trama e le sue sottotrame, c’è un ulteriore livello, volto a colpire più il subconscio dello spettatore. In questa dimensione ci muoviamo a tentoni, cogliendo le molteplici sfumature della serie.
Lasciatevi trasportare da The OA. Fatevi rapire da questo mondo e, magari, sviluppate un proprio pensiero in base alle differenti tematiche trattate. Fatevi divorare dagli impulsi più primordiali. Sporcatevi le mani e scavate in queste vite. E dopo, magari, provate a rivederla con il cuore più leggero, concentrandovi maggiormente non più sui misteri, ma tutto ciò che c’è sotto l’apparenza della serie.
The OA sarà una serie capace di suscitare moltissime reazione diverse. Una serie che potremmo definire perfetta nella sua imperfezione da “prodotto freak”. Una serie incompleta e completa al tempo stesso. Una serie che potrete vedere sotto differenti punti di vista e magari con delle tempistiche differenti dal solito bingewatching.
Una serie da amare e odiare. Qualunque sia l’approccio su The OA, indubbiamente la forza di questo prodotto è nel non lasciarvi libera la mente e farvi pensare, fino alla fine, alla soluzione di questo mistero. Una serie che, volenti o nolenti, continuerà a riecheggiare non poco nella nostra memoria.
Tutta la prima stagione di The OA è disponibile del 16 Dicembre su Netflix.