After Hours ospita un found footage sui generis con #Screamers, diretto da Dean Matthew Ronalds, pellicola horror dove a predominare è la viralità e la schiavitù dell’uomo nei confronti della rete. Un horror semplice ma che, a modo suo, riesce ad accattivarsi il pubblico.
Al 34. Torino Film Festival, nella sua sezione più particolare, After Hours, non può mancare un found footage in vecchio stile che, ancora oggi, viene amato dal pubblico; parliamo di #Screamers, film del regista e produttore Dean Ronalds con Tom Malloy, Griffin Matthews, Chris Bannow, Abbi Snee e Theodora Miranne.
Sulla scia del rivalutamento – mal riuscito – del found footage con lo scorso Blair Witch, #Screamers si posiziona accanto a quei film che sfruttano la dipendenza della rete sulle persone, cercando di estrapolare il lato più malvagio e pericoloso.
L’elemento con cui tutto questo prende inizio è veramente sorprendente. Una banalità alla quale nessuno, prima di adesso, aveva mai pensato.
Quante volte vi sarà capitato di aprire apparentemente un video innocuo. Un video che vi chiede, in maniera implicita, di avvicinarvi allo schermo, e proprio quando il vostro sguardo è imprigionato dall’immagine… BOOM! Arriva il mostro di turno all’improvviso, che vi urla in faccia, pronto per farvi saltare dalla sedia, lanciare qualche imprecazione e poi ridere perché si, ci siete cascati!?
Sono sicura che almeno una volta quell’urlo lo avete sentito anche voi, esattamente come lo sentono i protagonisti di #Screamers.
#Screamers prende i video virali a sfondo horror e li trasforma in una metafora inserita in una pellicola dove ciò di cui dobbiamo aver paura è proprio la nostra dipendenza, l’impossibilità di fermarci, di metterci un limite.
Ma di cosa parla #Screamers? Tom Brennan e Chris Grabow sono i nuovi guru della rete. La loro fama e successo è dovuta al loro sito gigaler.com, una piattaforma contenitore di video virali, tra cui i famosi “screamer”, quei video che distraggono lo spettatore per poi farlo spaventare con un’immagine/personaggio urlante.
La pellicola parte, quindi, come un mockumentary dove Tom e Chris vengono seguiti costantemente tra le stanze del loro ufficio, mentre svelano “i segreti”, il modo in cui si sono incontrari e su come è nata la comunità di Gigaler.
La telecamera non è solo quella della troupe incaricata di realizzare un documentario sui due guru, ma anche quella di uno dei dipendenti di Tom e Chris, Griffin, il quale filma tutto per un eventuale backstage del documentario.
Consuetudine per Gigaler è ricevere video da utenti, anonimi e non. A Griffin ne arriva uno molto particolare, il finto suicidio di una ragazza che si rivelare essere uno screamer. Dopo averlo messo online, il video riceve milioni di visualizzazioni, finendo nel banner del sito.
Il giorno dopo il gruppo riceve un secondo video, sempre con la stessa ragazza e sempre dallo stesso utente anonimo, nuovamente uno screamer. A questo punt Tom e Chris vogliono assolutamente un contratto di esclusiva con il creatore del video, ma non sarà semplice.
A rendere difficoltosa la comunicazione è anche una scoperta agghiacciante. Molti commenti sotto al video, rivelano che la protagonista di quei filmati è una ragazza di nome Tara Rogers, scomparsa due anni prima da New York.
Tom, Chris e Griffin, accompagnati dalla programmatrice Abby, vogliono vederci più chiaro in fondo a questa storia, e decidono – ingenuamente – di mettersi in viaggio per scoprire l’ideantità di questo “creatore di screamers”.
#Screamers parte con un inizio piuttosto lento, che troppo si sofferma – sicuramente per ragioni legate al budget – sulla parte del documentario sui due guru, ma che successivamente inizia a farsi più interessante e gustoso.
Sicuramente i primi colpi di scena e spaventi improvvisi sono molto più efficaci, rispetto al continuo della narrazione, che purtroppo si fa più prevedibile sulla susaspence, facendo entrare immediatamente lo spettatore nel meccanismo di gioco.
Nonostante questo, il continuo di #Screamers si fa interessante, facendo leva su quelli che sono i meccanismi tipici dell’horror americano, come l’entrare in una casa abbandonata, dividersi nel momento del pericolo più estremo, decidere di esplorare luoghi sconosciuti nel cuore della notte e nel bel mezzo di una tormenta di neve.
Tra gli elementi nei quali si può riconoscere un certo cinema di genere è quello tipico del found footage degli ultimi anni, come REC o Paranormal Activity, ovvero il continuare a filmare anche quando in gioco c’è la nostra stessa vita.
Non smettere mai di filmare neanche quando siamo inseguiti da qualcuno o quando quel qualcuno è proprio di fronte a noi.
Questo è un elemento molto interessante per un film come #Screamers che, oltre a voler essere un horror low budget, cerca anche di far riflettere sul rapporto che si ha oggi con la tecnologia e il totale distacco dell’essere umano con il mondo del reale.
Tutto viene costantemente filtrato dalla realtà della telecamera del nostro smartphone. Nulla viene più visto con il nostro sguardo, ma tutto è costantemente circondato da una patina fatta di pixel. Cosa succede alla fine di tutto questo? Quale può mai essere la conseguenza a questo tipo di atteggiamento?
La risposta è celata proprio nella conclusione del film che, nonostante qualche perplessità e qualche dubbio di troppo lasciato in sospeso, riesce comunque sia a raggiungere il suo obiettivo, lasciando per più di qualche secondo lo spettatore totalmente spiazzato.
#Screamers è il risultato di un lavoro che ha potuto fare affidamento su pochi mezzi, ma che nel suo piccolo riesce ad essere più convincente di moltissimi found footage degli ultimi anni.
Una recitazione naturale e genuina che aiuta l’empatia con i personaggi e che, più di una volta, fa quasi credere di star vedendo un reale documentario e non il frutto della fantasia di un regista che, trovando la produzione giusta, potrà fare moltissima strada.
Mascherandosi anche un po’ da parodia e critica nei confronti di quelle pubblicità virali che sono state fatte per film come Blair Witch, #Screamers porta avanti un lavoro sulla rete e sulle sue potenzialità, ma anche sui suoi limiti e su quanto possa essere pericolosa, decisamente più riuscita ad operazioni come Friend Request.
Interessante è anche il lavoro transmediale attuato nella realizzazione del sito stesso dei fantomatici guru. Possibile è sicuramente un seguito, ma per ora aspettiamo di vedere questo prodotto presto distribuito nelle nostre sale.