L’uomo Multi-Fase

Questo racconto è parte di una serie: Lucky Jay

 

“Mi stai ascoltando?”

“Certo capo” risposi distrattamente mentre osservavo la danza del fumo che usciva dalla mia terza sigaretta consecutiva.

In realtà  avevo smesso di ascoltare quel coglione dell’agenzia investigativa da quando il culo della cameriera era passato ad una distanza davvero misera dal mio naso.
Quella sera ero perso nei miei pensieri e nei boccali di birra al solito tavolo del solito bar quando di colpo Big Boss comparve di fronte a me, tra un sorso e l’altro.

Non lo stavo ascoltando per lo stesso motivo per cui passavo le mie serate al bar a fare pensieri nostalgici: ultimamente il lavoro era veramente una palla, mai un caso interessante, mai una scazzottata decente, mai una stretta di mano a lavoro finito, mai una bella bionda che mi ringraziasse con un bacio per aver preso a calci l’ex fidanzato che la pedinava di notte.

È difficile ammetterlo ma penso che la mia vita sia uno schifo, e la cosa peggiore è che è la vita che ho sempre desiderato fin da bambino!

Quando ero piccolo amavo guardare ogni giorno vecchi film “Noir” con mio padre, amavo le storie poliziesche, i detective dalla personalità  tornentata ed enigmatica che affascinavano le belle ragazze e le sparatorie ovviamente.

Così mi sono dato da fare: sono stato qualche anno in polizia poi, alla prima occasione, ho mollato tutto e mi sono fatto assumere in un’agenzia di investigazioni private, ho persino comprato un cappotto in perfetto stile il primo giorno di lavoro.

La cosa più incredibile è che negli ultimi anni è persino tornata la moda retrò che ha colpito a tal punto il mondo da riportare intere città  ad uno stile vecchio ormai di cent’anni.
In pratica tutto è andato come desideravo, solo che mi rendo conto solo adesso di aver sempre voluto una vita di merda in un mondo di merda.

“Ti giuro che se non la smetti di fissare quel culo ti licenzio, me ne vado e ti lascio pure la mia birra sul conto” disse Big boss alzando il tono di voce abbastanza da distogliermi dai miei pensieri.

“Si scusa capo, è che non ho voglia di andare a fotografare l’ennesimo marito festaiolo che tradisce la moglie”. dissi prima di dare un lungo sorso di birra e deprimermi un altro po’.

“Brutta testa di cazzo” urlò il capo battendo il pugno sul tavolo tanto forte da far saltare le mie noccioline fuori dal piattino ” se mi avessi ascoltato anche solo per un attimo, sapresti che qui non stiamo parlando di un coglione qualsiasi che va in giro a divertirsi, sapresti che stiamo parlando della persona più quieta del mondo”.

Rimasi impassibile, ero abituato agli scatti d’ira del mio datore di lavoro visto che riuscivo sempre a fargli perdere le staffe. ” Evviva, si prospetta la notte in bianco più noiosa della mia vita” dissi con falso entusiasmo mentre spegnevo la sigaretta sul tavolo.

“Non ti dice niente il nome Sam Grant?” chiese il boss fissandomi con aria truce.

“No, zero, chi è un attore? Anzi non dirmelo, non mi interessa, voglio solo sapere cosa devo fare, con chi devo parlare e se c’è la possibilità  che debba avere a che fare con qualche cadavere.” risposi pensando che quella notte sarebbe dovuto essere il mio giorno libero e maledicendo il mio capo per essermi venuto a rompere le palle durante il mio appuntamento con la quarta bionda di fila.

“Devi parlare prima con la moglie, poi con lui. In quando a cadaveri, ce ne sono eccome in questa storia, una settantina penso negli ultimi anni.”

“Cosa??? settanta morti ammazzati e tu vieni a chiamare me? Per questo caso serve una squadra d’assalto, non un investigatore privato mezzo sbronzo.” dissi afferrando il mio bicchiere.

“Sei proprio un cazzone ignorante” rispose Big Boss con disprezzo. ” E’ da mezzora che ti sto parlando di Sam Grant: lo scienziato visionario, quello dell’incidente di Boston!”
Quasi sputai tutta la birra che mi rimaneva, dal ridere “ahahahahahah quel Sam Grant? com’è che lo chiamano sempre in tv? multiplo qualcosa…” risposi sghignazzando.

“L’uomo Multi-Fase, lo chiamano così” rispose il capo alzando gli occhi al cielo, o meglio, al soffitto sudicio dal bar.

Sam Grant, secondo il mio parere, è l’esempio perfetto di quanto il mondo se ne freghi delle cose incredibili che gli succedono sotto il naso.

Quello sfigato ha passato tutta la vita a studiare un modo per creare un passaggio tra le dimensioni e, quando finalmente è riuscito ad ottenere dei fondi dalla Nasa, ha fatto esplodere il suo laboratorio a Boston.

Il suo esperimento non ha portato a nulla di utile, tuttavia Sam ne uscì cambiato: venendo a contatto con non so che cazzo di apparecchiature durante l’esplosione è diventato lui stesso una sorta di portale. Il risultato è che adesso, quando si trova in situazioni di grande stress, si sdoppia, o meglio, “ruba” una copia di se stesso da un’altra dimensione.

Non sarebbe neanche tanto male come dote se non fosse per il piccolo dettaglio che ogni Sam alternativo crepa in malo modo dopo qualche secondo; gli studiosi hanno pareri discordanti sulla questione, ma molti pensano sia dovuto al fatto che non si possa esistere due volte in una dimensione sola.

Tuttavia, come ho già  detto, a nessuno frega un cazzo del potere di Grant visto che lo stato ha tagliato tutti i fondi e vietato le sperimentazioni future, e la gente ha capito che non avrebbe potuto ricavare nulla di utile da un potere schifoso come quello.

“Che fine ha fatto quel poveretto? Sapevo che stesse uscendo di testa a forza di vedersi crepare con dolore ogni singolo giorno”. chiesi con indifferenza.

“Come biasimarlo, quei poveracci dei suoi sosia urlando come porci al macello. Una volta ne ho visto uno, ho vomitato.” rispose il capo tristemente.

“Comunque Grant ha passato gli ultimi anni sempre nello stesso posto: chiuso nella sua paradisiaca villa del cazzo, lontano da ogni stress e dagli occhi del mondo.” continuò sorseggiando la sua birra con disgusto.

” E come mai si è rifatto vivo adesso?” chiesi.

“Lui è ancora nel suo letargo, ma la moglie è preoccupata e ha pensato di rivolgersi a noi” disse il capo rovistando nella 24h in cerca del dossier.

“Preoccupata per cosa?” chiesi io prima di distrarmi nuovamente sul culo di un’altra barista.
Cazzo se mi piaceva quel bar.

“Pensa che qualche stronzo voglia uccidere suo marito, dice che negli ultimi tempi è sempre agitato e una volta ha accoltellato una delle sue copie prima che morisse di morte naturale.” rispose il mio compagno di bevuta girandosi a guardare lo stesso fondoschiena che stavo fissando io.

“Si potrebbe considerare un omicidio?” chiesi senza distogliere lo sguardo.

“No, è una questione complicata: le sue copie non possono essere considerate come persone in tribunale quindi lui può ammazzarli quanto gli pare e piace.” rispose il capo “in ogni caso a noi non frega niente di quelle povere anime, noi siamo pagati per tutelare la vita del vero Sam, quello con dei diritti umani nel nostro mondo.”

“Va bene capo, diciamo che hai stuzzicato il mio interesse, accetto il caso, soprattutto perché la signora Grant sembra una gran figa” dissi sfogliando il dossier.

“Non hai niente da accettare amico; o ci vai o domani ti ritroverai a chiedere l’elemosina!” sbraitò il Boss con il suo vecchio e caro tono arrogante.

“Si si ho capito, la solita storia, domani mattina farò un salto a villa Grant.” risposi.

“No! Ci vai adesso! Ci hanno promesso una montagna di soldi per risolvere il caso in fretta!” urlò il mio datore di lavoro indicando la porta.

Non dissi nulla, mi alzai, mi misi l’immancabile cappotto e uscii dal bar nella gelida notte.

Naturalmente lasciai le mie birre sul conto di quello stronzo.

 

Durante il lungo tragitto in macchina , mentre stavo ascoltando una tremenda versione remix di “Into the Mood”, mi chiamò Tracy, l’insostituibile segretaria dell’agenzia:

“Hey Jay, ho sentito che hai accettato il caso Grant.” disse tra una masticata di cicca e l’altra.

“Ciao baby, hai sentito bene, ma non ho capito esattamente cosa dovrei fare. So solo che devo parlare con la moglie” risposi mentre abbassavo il volume della radio e superavo a tutta velocità  un vecchietto sulla statale.

“Sto raccogliendo informazioni su di loro ‘baby’ ma per ora non ho trovato nulla di interessante. Però, qualsiasi cosa tu debba fare, fai attenzione. Ho sentito sulla frequenza della polizia che qualcuno ha udito degli spari venire da casa Grant” disse la segretaria con aria preoccupata.

Una volta io e Tracy uscimmo insieme: fu un disastro e la serata finì con una cinquina sulla mia faccia, ma io ci provo tuttora con lei e lei, in fondo, tiene a me.

“Devo aspettarmi qualche rompi palle dei miei vecchi colleghi? Non sono in vena.” chiesi estraendo la pistola dal cruscotto.

“No, tranquillo, la polizia ha liquidato la questione. La signora Grant ha chiamato subito dicendo che Sam ha freddato un altro dei suoi cloni.” rispose Tracy.

“Va bene baby, allora ci sentiamo più tardi, pensa a me intanto” dissi con aria scherzosa.
“Si si stanne certo” cantilenò la segretaria “ah, Jay, ricordati di ricaricare la pistola, non come ogni volta.”

Cazzo aveva ragione, era scarica. Gran donna Tracy.
Villa Grant era tanto tranquilla quanto inquietante: mentre percorrevo il buio giardino, nell’aria risuonavano canti di uccelli e rumore di acqua corrente ma intorno a me non vedevo niente di tutto ciò.

Avvicinandomi all’entrata notai con stupore che, qua e la, vi erano dei piccoli altoparlanti non troppo nascosti che riproducevano quei suoni, accompagnati da una flebile musichetta.

Strano tipo Sam se riusciva a rimanere calmo ascoltando tutto il giorno quel gracchiante motivetto che riniziava da capo ogni 2 minuti.

Suonai il campanello più tenue che abbia mai sentito e rimasi per qualche istante nel buio ad aspettare una risposta.

Ero agitato, non mi succede mai, ma la strana atmosfera che mi circondava e l’intera situazione mi lasciavano perplesso.

Da dietro la porta sentii i pesanti chiavistelli aprirsi lentamente e dinnanzi a me si presentò la Signora Grant.

“Salve, lei dev’essere il Detective che aspettavamo, si accomodi pure.” disse la signora facendosi da parte.

Era una bella donna ma in quella situazione non provocò in me altro che paura: il suo sorriso era nella norma, ma nei suoi occhi traspariva lo stato di shock in cui si trovava, inoltre notai che le sue scarpe erano sporche di sangue.

Entrai facendo finta di niente mentre tenevo la mano destra sulla pistola.

“Mi hanno riferito che suo marito è in pericolo signora, c’è qualcosa che dovrei sapere prima di incontrarlo?” chiesi seguendola nell’atrio.

Della musica classica a medio volume riempiva l’intera casa attraverso degli altri altoparlanti nascosti qua e là  e in fila, una di fronte all’altra, vi erano delle stupende auto d’epoca che formavano una sorta di corridoio verso la scalinata principale.

“Non ha bisogno di un arma, mio caro. Al “problemino” abbiamo già  pensato noi” disse la Grant senza voltarsi a guardarmi.

“Si spieghi meglio signora, che genere di problema?” chiesi confuso.

“Come ho già  detto al suo capo, Sam ultimamente è un po’ nervoso e spesso vengono a fargli visita i suoi alter ego…sono piuttosto nervosi anche loro purtroppo” disse trattenendo un risolino isterico mentre salivamo le scale.

“Stia tranquillo, le spiegherà  tutto mio marito” continuò la donna prima che potessi rispondere in qualche modo.

Lo studio di Grant era interamente in legno: uno studio normale se non fosse stato per le protezioni di gomma su ogni angolo di ogni mobile e i muri imbottiti.

A lato, sul pavimento della stanza, intravidi un corpo coperto da un lenzuolo insanguinato, con una pistola appoggiata sopra.

Grant era seduto oltre la scrivania in legno su un’enorme poltrona in pelle; aveva una vestaglia rossa, un bicchiere di whiskey in una mano, un enorme sigaro nell’altra e delle cuffie in testa.

Beveva, fumava e ascoltava musica beatamente mentre un cadavere si decomponeva a due metri da lui e la moglie perdeva il senno.
Il boss aveva ragione: mai visto nessuno più calmo di Sam Grant.

“Si accomodi pure, io e lei abbiamo molto di cui discutere signor…” esordì l’ex scienziato indicandomi una sedia di fronte a lui.

“Può chiamarmi Jay signor Grant. Ho la strana abitudine di non dire mai il mio nome per intero a chi ha un cadavere nello studio” dissi mentre mi sedevo e mi maledicevo per essermi cacciato in una situazione simile.

“Oh quello? Mi scusi se la situazione le sembra strana, ma per me ormai questa è routine. Vuole qualcosa da bere per rilassarsi un po’?” Chiese Sam mentre si dirigeva al mobile bar e riempiva di nuovo il suo bicchiere.

“Credo di aver bisogno di alcol veramente forte per iniziare a capirci qualcosa, signor Grant” chiesi massaggiandomi le tempie.

“Lei sa qual’è il mio…handicap, Mr. Jay?”

“Ho sentito qualcosa in tv, non sono troppo interessato alla fantascienza purtoppo”

“Vorrei che fosse fantascienza detective, ma in questo particolare caso temo che sia la dura realtà  e non ho altri da biasimare se non me stesso” disse Grant buttando giu un mastodontico sorso dal suo bicchiere”

“Mi scusi se le sembro maleducato e forse lo sono, ma che cosa dovrei farci io per risolvere il suo problema?”

“Non l’ho chiamata per questo, nessuno può farci niente, l’ho chiamata perchè i miei ‘cloni’ hanno iniziato ad essere piuttosto aggressivi ultimamente, ne ha l’esempio perfetto in questa stanza” Sam indicò col sigaro il corpo alla mia destra.

“Temo di non capire, in che senso aggressivi?” chiesi mentre prendevo appunti.

“Le spiego meglio; sembra che ultimamente le mie copie sappiano già  cosa stia succedendo quando si ritrovano catapultati nel nostro mondo, così reagiscono esattamente come farei io in quella situazione, essendo loro stessi me.”

“Ovvero?” chiesi alzando gli occhi dal taccuino.

“Cercano di eliminare il paradosso uccidendomi, in modo da non cepare nel giro di poco tempo.

Il fatto è che, all’inizio, si guardavano spaesati intorno per qualche istante, poi morivano di fronte ai miei occhi. Ora invece compaiono già determinati a farmi fuori: o me o loro.”

“Esattamente come muoiono?” domandai preso dalla curiosità .

“Si accartocciano” intervenne dall’entrata dello studio la sinora Grant trattenendo un altro risolino isterico.

“Per cortesia tesoro, lasciaci soli, vai a riposarti e a cambiarti soprattutto.
Non faccia quella faccia Jay, mia moglie ha dato una descrizione tanto brutale quanto realistica di quello che accade. Parlando in termini scientifici, i loro atomi implodono e collassano fino alla sparizione totale.”

“Dev’essere doloroso, immagino.” sussurrai con un nodo alla gola.

“Penso proprio che lo sia detective, per questo ritengo che la mia paura di subire quello stesso destino si stia espandendo anche oltre la mia dimensione e stia contagiando gli altri, infiniti, me, che vedono come unica scappatoia ad una morte tremenda la distruzione del Grant originale, per così dire, ovvero Me.”

“Devo ammettere di essere confuso, e per di più ancora non capisco quale sia il mio ruolo in questa faccenda”. Dissi con aria irritata.

“Ci sto arrivando amico mio, beva un altro bicchiere mentre finisco di spiegare.

Detto in parole povere: mentre prima gli altri me apparivano e morivano lasciandosi dietro solo della sofferenza ora, non appena compaiono, cercano di uccidermi e io, di conseguenza, sono costretto a farli fuori con le mie mani. Come se vedermi morire di continuo non fosse già  abbastanza difficile…adesso mi tocca pure uccidermi da solo.

L’unico lato positivo è che in questo modo non svaniscono, non mi chieda il perchè.”

“Ok ora la situazione sembra avere lontanamente senso” dissi riprendendo ad appuntare cose vagamente sensate.

“Ora, io l’ho chiamata perchè ho commesso un errore, ho avuto troppa fiducia in me stesso: due settimane fa apparve un Sam Grant non ostile che mi convinse a lasciarlo andare dicendo che lui era immune dalla morte per paradosso.”

“In che modo era immune?”

“Disse che nel suo mondo l’esperimento era riuscito e che quindi il suo viaggio dimensionale è possibile ed al di fuori del paradosso.

Tralasciando la gioia che mi diede questa notizia, mi convinsi che Sam2, come lo chiama mia moglie, meritasse di vivere e non fosse in alcun modo nocivo per me.”

“Qualcosa mi dice che non la pensa più in questo modo”
“Secondo i calcoli che ho finito di fare giusto oggi pomeriggio, la storia di Sam2 rimane un paradosso, al contrario di quanto affermava lui.

Questo vuol dire che ci sono due opzioni: o finirò per sparire io stesso, come ho sempre temuto, oppure che il secondo me è solo un bugiardo che ha trovato il modo per scamparsela e non vuole condividerlo con me.”

“Bene, mi scusi ma inizio ad essere stanco di tutte queste spiegazioni, devo trovare questo

“Sam due” e portarglielo, se non ho capito male.” chiesi alzandomi dalla sedia.

“Apprezzo la sua determinazione, ha capito perfettamente! Il suo lavoro sta nel ritrovarlo principalmente, io gli ho dato dei soldi e gli ho consigliato di crearsi una falsa identità , quindi non ho idea di dove possa essere.”

“Se la sua copia ha seguito il suo consiglio e si è¨ creato un’identità  falsa riuscirò a trovarlo in poco tempo, ho già  un’idea.

Mi dica solo quanto tempo ho.”

“Vorrei risolvere la questione il più in fretta possibile, temo che questa ansia possa agitarmi al punto da evocare un altra mia copia, e la cosa mi preoccupa.

Ora mi scusi ma devo tornare a rilassarmi, mia moglie la accompagnerà  all’uscita”

Prima di uscire dallo studio mi soffermai a guardare il cadavere nella stanza e, dando le spalle a Grant chiesi: “Se posso permettermi, che ha intenzione di fare con Sam2 una volta che lo avrò portato da lei?”

“So cosa sta pensando Mr. Jay, si rilassi, ovviamente la mia idea è di studiare con lui i miei appunti e mettere per sempre fine al paradosso.” Rispose lo scienziato lasciandosi cadere sulla poltrona.

Se Sam2 aveva seguito il consiglio di se stesso, e penso che chiunque lo farebbe, aveva cercato qualcuno che potesse procurargli dei documenti falsi e io sapevo esattamente a chi fare domande.

Entrai allo “Scotch club” rendendomi conto di aver di nuovo dimenticato la pistola nell’auto.
Pessimo posto per commettere un errore simile.

Lo “Scotch” club era uno squallido pub in centro popolato dalla peggio feccia della città, andavo sempre li quando cercavo criminali ricercati o persone di scarsa morale a cui chiedere informazioni in cambio di denaro, gentilmente offerto dall’agenzia ovviamente.

Quando venni assunto pensavo che il mio lavoro fosse prenderli i cattivi, non trattare con loro, ma la mia visione del mondo era molto più positiva ai tempi; la maggior parte delle volte mi toccava riempire le tasche di qualche bastardo per arrivare ad incastrare qualche poveraccio.

Ero finito in quel posto di merda perchè sapevo che Edward Snake, detto Ed la vipera, amava strisciare tra i tavoli di quel bar in cerca di gente disperata a cui promettere aiuto.
In città chiunque volesse falsificare un documento di qualsiasi genere, dalle ricette mediche ai passaporti doveva rivolgersi a lui e sborsare valanghe di soldi per ottenere qualcosa che lontanamente si avvicinava a quello per cui aveva pagato.

Intravidi la Vipera, intento a sorseggiare rum direttamente dalla bottiglia, seduto ad un tavolo di fronte alla band dal vivo.

Suonavano una versione distorta di un brano di Michael Jackson reinterpretata in chiave swing: l’ennesimo nauseante prodotto della moda retrò che tanto piaceva a tutti, me compreso.

Mi sedetti di fronte a lui senza curarmi di coprire la sua visuale , e appoggiai una busta, vuota, sul tavolo.

“E tu che cazzo vuoi adesso? L’ultima volta che ho lavorato per te mi hanno quasi arrestato.” disse Ed fulminandomi con lo sguardo.

“Oh scusa amico, alla polizia avevo detto di sparare a vista, non di arrestarti, devono avermi frainteso.” dissi sostenendo lo sguardo.

“Comunque tranquillo, ho solo bisogno di un’informazione sta volta.” continuai.

“Parla, vediamo se mi merito il contenuto di quella busta.” rispose la Vipera sputando per terra del rum senza motivo.

“Hai fornito dei documenti falsi a quest’uomo due settimane fa?”. Gli diedi la foto del Grant originale che mi aveva consegnato il capo.

“Ahahah si certo, quel coglione era terrorizzato anche solo dalla mia voce, aveva i capelli più corti e un paio di occhiali spessi, ma era decisamente l’uomo che cerchi.”

“Sei riuscito ad aiutarlo?” chiesi con tono ironico, sapevo che probabilmente Sam2 si era beccato una bella fregatura.

“Certo” rispose beffardo Snake “Pretendeva con 10 mila dollari un documento e che gli trovassi un buon lavoro. Gli ho rifilato un visto provvisorio lavorativo e una licenza da tassista notturno, non sono una cazzo di agenzia di collocamento.” rispose ad alta voce sbattendosene di star infastidendo gli altri delinquenti nel pub.

“Meglio che nulla nella sua situazione, immagino. Come si chiama adesso?” chiesi avvicinando lentamente la busta ad Ed ma tenendola ben salda.

“Dammi i soldi e te lo dico, stronzo.” imprecò il malvivente stringendo il pugno.

“Mi hai fregato fin troppe volte amico, facciamo che o me lo dici e ti pago oppure non me lo dici e faccio una telefonata a qualche ex collega del commissariato, sai, si stanno ancora chiedendo che diavolo sia successo il mese scorso al porto.”

“Brutto figlio di puttana, spera che non ti incontri mai lontano da un posto affollato. Si chiama Juan Columbus, gli auguro di essersi travestito per bene da messicano se vuole essere credibile.”

“Grazie Edward, lo vedi che con gli incentivi giusti sai essere utile? Alla prossima, serpe schifosa.”

Mi alzai e mi diressi velocemente verso la porta ma venni bloccato da un ubriaco che voleva una foto di fronte alla band.

Non feci in tempo a mandarlo affanculo che sentii Ed urlarmi alle spalle:
“Mi volevi fregare? La busta è vuota! Chi se ne frega della folla, ti ammazzo adesso, sbirro del cazzo”.

La vipera si avvicinava tenendo un coltello a scatto fisso in mano ed io ero bloccato dalla ressa di alcolizzati in fila al banco bar.

Sfruttai a mio vantaggio l’indole violenta della maggior parte dei clienti: sferrai un pugno al coglione con la macchina fotografica che cadde su un tavolo di bestioni incazzati.

Nel giro di qualche istante il pub si trasformò in una zona di guerra: i bestioni fecero squadra e lanciarono un tavolo in mezzo alla gente facendo esplodere una rissa colossale, io schivai qualche bottiglia volante, misi Ko un tipo alto che credeva di sapere il Karate e iniziai a farmi strada a calci verso la porta di servizio.

Uscendo sentii dei colpi di pistola e le urla della Vipera.

Finalmente una scazzottata decente.

Appena salito in macchina chiamai Tracy.

“Hey baby, mi serve una di quelle magie che solo tu sai fare.”

“È esattamente quello che mi hai detto l’ultima volta che ti sei beccato uno schiaffo.” rispose la segretaria in modo diffidente.

“Sta volta è una cosa seria” dissi mentre mi massaggiavo le nocche doloranti.

“Dai dimmi, farò ciò che posso, è l’una di notte e io sono in ufficio solo perchè Amanda è malata e mi ha mollato montagne di fascicoli da compilare”

“Devi trovarmi un Taxi, lo guida un certo Juan Columbus”.
“Centra con il caso Grant? Dammi un secondo.” sentivo Tracy picchiettare ad una velocità incredibile sulla tastiera.
“”Centra eccome, ti racconterò tutto domani a cena” risposi speranzoso.
“Certo, basta che tu vada in un ristorante dove prenda il cellulare… comunque l’ho trovato, è il taxi notturno numero 2, di servizio a Central Plaza.”
“Sei veramente ingiusta con me, ma grazie baby” Misi giù prima di sentire la sua risposta, ero di fretta.
Attesi 5 minuti prima che arrivasse il Taxi, vi salii sopra e squadrai per qualche attimo il guidatore attraverso lo specchietto.
Era decisamente il mio uomo.
“Allora dove la porto?” chiese Sam2 fingendo in modo tremendo un accento messicano.
Attesi che fosse partito e poi gli dissi l’indirizzo di villa Grant.
Ero così concentrato sullo studiare la sua espressione spaventata dallo specchietto che non mi resi conto della nostra direzione.
La macchina si schiantò contro un palo della luce, io sbattei la faccia contro il sedile e mi ruppi il naso, fortunatamente vidi Grant che scappava dalla macchina e si infilava in un vicolo.
Mi ripresi il più velocemente possibile e iniziai a rincorrerlo con il sangue che colava dal mento.
Lo trovai accasciato contro un bidone della spazzatura che si teneva una gamba, aveva preso anche lui una brutta botta nella speranza che io la prendessi più forte.
Lo sollevai, lo ammanettai e lo trascinai a fatica verso la mia macchina, parcheggiata qualche isolato più in là.
“Che cosa vuoi da me, sono solo un messicano che vuole lavorare, il mio permesso di soggiorno arriverà  tra qualche settimana!” mentì Grant mentre si dimenava e piangeva.
“So chi sei Sam, mi hanno pagato per trovarti.” dissi con calma mentre lo spingevo in macchina.
“Oh cazzo cazzo cazzo, Sam1 mi aveva detto che mi avrebbero cercato, credevo di essermi nascosto bene, non voglio morire.” urlò Grant cercando invano di liberarsi dalle manette.
“E io non voglio ucciderti, se ti calmi un attimo ti spiego: mi ha pagato Sam1 per cercarti, vuole che lo aiuti con la sua…la vostra ricerca.”
Sam2 sembrò calmarsi di colpo, si ricompose e dopo qualche minuto di viaggio iniziò a parlare come una persona normale.
“Quello che hai detto è impossibile, ci eravamo detti addio, era meglio per entrambi se non ci fossimo mai più incontrati!”.
“Non ho fatto troppe domande, amico, ma conosco la situazione e credo che tu abbia bisogno del tuo aiuto”. Avevo davvero detto quello che avevo appena detto? Che notte assurda.
“Capisco, strano, io al posto suo non avrei mai cambiato idea, ma dopotutto non siamo esattamente la stessa persona, è tua la vita che ti rende chi sei.” disse Grant2 pulendosi gli occhiali con le mani unite dalle manette.
“Molto profondo amico, raccontami la tua storia, come vanno le cose nell’altra dimensione?” chiesi curioso.
“Esattamente come qui ‘amico’, a parte il fatto che nella mia il viaggio interdimensionale è una cosa possibile e la mia vita non è stata rovinata dalla maledizione di Sam1. Dannazione se avessi saputo cosa stavo rischiando non avrei mai neanche provato a farlo.” rispose malinconico.
” Non dovrebbero essere tutte diverse tra loro? tipo che dalle tue parti i dinosauri non si sono estinti e cazzate simili?” chiesi ancora più curioso.
Sam2 sorrise ” Per quanto ne sappiamo vi è un numero infinito di mondi alternativi e probabilmente hai ragione, in uno di essi i dinosauri sono vivi, ma da quello che ho potuto studiare prima di finire qui, per colpa dell’altro me, la maggior parte si somigliano molto, tranne per dei piccoli particolari.
Questo è il motivo per cui non tutti i me muoiono appena arrivati: alcuni provengono da dimensioni più vicine, nelle quali il paradosso è meno…urgente, loro sono i me più temibili, perchè sono i primi a maturare l’idea che, uccidendo Sam1 potrebbero salvarsi.”
Quell’ultima affermazione fece sorgere un dubbio in me che mi raggelò il sangue ma decisi di ricacciarlo indietro per non spaventare il mio compagno di viaggio.
Mi accesi una sigaretta e continuai a guidare verso villa Grant dialogando con Sam2: sembrava una brava persona, di quelle che non se ne vedono quasi mai, forse il suo mondo era più diverso dal nostro di quanto pensasse.

Quando arrivammo a Casa Grant, Sam2 sembrava agitato come lo ero io la prima volta.
Mi disse che quella casa gli dava un senso un relax spiacevole, ma non riuscì a spiegarsi meglio.

La signora Grant aprì la porta sorridente e salutò subito con un abbraccio il suo secondo marito: nel poco tempo in cui si erano conosciuti sembrava essersi innamorata di nuovo.

Sembrava stanca, ma decisamente meno stressata, indossava una camicia da notte che mostrava un fisico pazzesco.

Avevo ragione, era veramente figa.

La musica classica riecheggiava ancora nell’atrio, più forte sta volta, e con una melodia molto più drammatica.

In cima alle scale ci attendeva Sam Grant con la stessa vestaglia rossa di poche ore prima che disse: “Un lavoro incredibile Mr. Jay, ha trovato un uomo inesistente in meno di una notte. Ora non ho tempo per offrirle da bere, devo discutere più in fretta possibile con me stesso, può scusarci?” Grant mi lanciò al volo una busta piena zeppa di soldi, ad occhio e croce il triplo di quanto pattuito e mi congedò frettolosamente.

Uscii dalla villa, ma al posto che andarmene, mi nascosi dietro un albero in giardino in un punto da cui potessi vedere cosa stesse succedendo nell’atrio da una finestra.

Lo feci perché, per esperienza personale, quando qualcuno aumenta la cifra pattuita a lavoro compiuto non è mai perché hai fatto un buon lavoro, ma perché vuole che non ne parli a nessuno.

Sam parlava dall’alto della scalinata a Sam2 che era ancora nell’atrio, palesemente non invitato a salire.

Vi fu un attimo in cui rimasero entrambi immobili mentre la signora Grant indietreggiava spaventata.

Di colpo Sam estrasse un fucile nascosto sotto la vestaglia e sparò nel petto a Sam2 che volò indietro di un paio di metri e cadde a faccia in su per terra.

Il capo mi aveva detto che il nostro unico compito era di tutelare la vita del Grant originale e che le sue copie non avevano alcun diritto in questo mondo, ma io agii di istinto davanti ad un’ingiustizia, tirai fuori la pistola ed entrai in casa dalla porta principale che era rimasta aperta.

La signora Grant era accucciata in un angolo che piangeva e Sam era ancora in cima alle scale con aria trionfale che fumava un cubano e teneva il fucile appoggiato alla spalla.

“Mr Jay, ancora qui? Mi sembrava che avesse inteso di doversi levare dai piedi.” disse lo scienziato senza stupore.

“Mi ero soffermato ad ammirare il suo bel giardino, Signor Grant, ed ho visto qualcosa che non mi è piaciuto affatto, credo che sia il caso che lei venga via con me.” dissi mentre puntavo la pistola verso di lui.

“Poteva farsi i fatti suoi e lasciarmi vivere in pace, ma se preferisce così peggio per lei.”
Grant fece un piccolo salto di lato e una sua copia apparve nel punto in cui si trovava prima, con un altro fucile in mano.

La nuova copia si guardò un attimo intorno con aria confusa e poi si mise a sparare all’impazzata nella mia direzione, intanto Sam scendeva le scale con calma.

Con riflessi fulminei saltai dietro una delle automobili da esposizione, aspettai qualche istante ed uscii allo scoperto. Con due colpi precisi freddai il nuovo Grant che sparava completamente a caso e ,con un terzo colpo, ferii al braccio Sam1 che continuò la sua inarrestabile marcia giù dalla lunga gradinata.

“Che cazzo le salta in mente?” chiesi dopo essere tornato a nascondermi dietro la macchina.

“Cerco di sopravvivere amico mio, il me di questo mondo voleva fare lo stesso, ma non aveva la stessa determinazione.” Rispose Grant spavaldo.

“Non sei il nostro Sam1 vero? Lo sospettavo, una persona prudente come lui non avrebbe mai cambiato idea di colpo mettendo a rischio la vita di Sam2”. Urlai da dietro il mio riparo.

“Sei furbo, devo ammetterlo, ma non abbastanza da stare lontano dai guai”

“Che fine ha fatto il vero Sam?”

“Ha avuto la peggio, lo hai visto pure tu, nel mio ufficio”
Lo scienziato con cui avevo parlato qualche ora prima non era lo stesso che era nato nella nostra dimensione: era una delle sue copie, quelle aggressive e terrorizzate dalla possibilità di essere rapite dal proprio mondo per riapparire in un piano dell’esistenza a loro sconosciuto e morire atrocemente dopo poco tempo.

Il Sam che si trovava in cima alla scalinata, Sam3, aveva freddato quello originale sostituendosi a lui e ingannando la sue stessa moglie, ed anche me.

Appena sentii le sue parole uscii dal riparo, puntai la testa del falso Grant e schiacciai il grilletto.

Lo mancai e lui, armato meglio di me, mi colpì al fianco.

Caddi a terra, Grant3 mi raggiunse, mi mise un piede sulla ferita e mi puntò il fucile il faccia.
In quell’attimo guardai Sam2 sdraiato in una pozza di sangue in mezzo all’atrio: notai con stupore che stava ancora respirando, non era morto, era solo ferito.

Dovevo prendere tempo, se ero fortunato il Sam che stava per uccidermi voleva solo eliminare gli altri se stesso, per evitare di sparire.

“Perché¨ lo hai fatto? Insieme potevate risolvere tutto” chiesi con voce tremante.

“Non potevamo risolvere nulla! Il me di questo mondo magari aveva qualche possibilità , io invece potevo solo pianificare un modo per passarla liscia il giorno in cui sarei stato portato qui. Alla fin fine non ho fatto nulla di male. Chi più di me ha il diritto di uccidere Sam Grant?
Mi dispiace per te, ma ho vinto.”

Appena Sam3 smise di parlare, Sam2 tossì sangue attirando l’attenzione del suo ‘clone’ malvagio il quale si girò, rendendosi conto della propria ingenuità, terrorizzato e pronto a sparare il colpo di grazia al suo ultimo ostacolo per la sopravvivenza. Io,con le forze che mi restavano, gli tirai un calcio che lo sbilanciò e mi fece guadagnare qualche, decisivo, secondo.

Quando Sam3 riprese l’equilibrio si fermò, guardò fisso nel vuoto e poi iniziò ad urlare imprecando nei miei confronti.

Per mia fortuna il suo tempo in questa dimensione era finito in quell’esatto momento.

Sparì davanti ai miei occhi spappolandosi orribilmente.

“Signora Grant, chiami un’ambulanza per cortesia”. dissi guardando il morente Sam2, l’unico Grant che meritasse di vivere in questo mondo, secondo me.

La signora Grant uscì dal suo riparo ed obbedì immediatamente.
Guardai la mia ferita grondante di sangue e dissi: “Anzi, ne chiami due.” dissi prima di svenire.

 

Questo racconto è parte di una serie: Lucky Jay
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