Nel penultimo giorno della XI Festa del Cinema di Roma viene presentato il film biografrico diretto da Garth Davis, Lion, basato sul romanzo autobiografico di Saroo Brierley, A Long Way Home, con Dev Patel, Rooney Mara, Nicole Kidman e David Wenham.
Arriva anche l’ultimo dei titoli più attesi nella Selezione Ufficiale della XI Festa del Cinema di Roma, Lion di Garth Davis.
Lion è l’ultimo dei titoli che chiudono l’edizione 2016 della Festa del Cinema di Roma, la quale ritornerà l’anno prossimo, probabilmente dal 24 Ottobre.
Non pochi sono stati i titoli portati dalla Festa quest’anno che puntano alla magica cinquina della Notte degli Oscars 2017, e tra questi c’è sicuramente Lion.
Regista australiano, conosciuto soprattutto per aver diretto alcuni degli episodi dell’acclamata miniserie Top Of The Lake, Garth Davis debutta sul grande schermo con una trasposizione tratta dal toccante romanzo autobiografico di Saroo Brierley, indiano di nascita ma che vive, dall’età di sei anni, in Australia con la famiglia adottiva.
In A Long Way Home, romanzo che arriverà in Italia a fine Novembre edito Rizzoli, Saroo racconta del sua incredibile storia di quando, all’età di cinque anni, si smarrì da Madras, arrivando a Calcutta dopo essersi addormentato su un treno.
Garth Davis racconta con grande sensibilità e delicatezza la drammatica storia di Saroo che, nonostante tutto, è tra i pochissimi bambini fortunati dell’India che si smarriscono ogni giorno, destinati a una vita di stenti sul ciglio della strana o, peggio, rapiti nella notte e rivenduti per il mercato nero degli organi o della prostituzione.
Saroo, prima di perdersi, è un bambino sveglio, intraprendente, che fin da quella tenera età vuole dare una mano alla famiglia, composta dalla mamma, il fratello più grande e la sorellina minore.
Quella di Saroo è una famiglia molto modesta che costringe sia lui che il fratello più grande a lavorare, eppure Saroo è contento di quello che ha; infondo, ha una casa, un letto dove dormire e persone che lo amano.
Una sera insiste per accompagnare il fratello più grande a lavoro, nei pressi della stazione. Distrutto dal sonno, Saroo si addormenta su un treno. Si renderà conto che il treno è partito solo il giorno seguente, trovandosi bloccato per ben due giorni su un vagone in direzione Calcutta.
Non ricordando il nome della sua città e parlando solo l’indi e non il bengalese, ad oltre 1600 km di distanza, Saroo si ritrova sperduto in un mondo che finge di non vederlo. Un invisibile tra gli invisibili, condannato alla fame e a una vita in continua corsa per seminare i “lupi” della città.
Dopo aver vagato per oltre due mesi, ed essere sfuggito alle lusinghe di chi gli ha riservato del falsa gentilezza esclusivamente per il suo tornaconto personale, Saroo viene ritrovato dalle autorità e condotto in un collegio, prima di essere affidato a una famiglia australiana e sfuggire a un destino che un bambino non dovrebbe mai conoscere.
Dopo venticinque anni, una vita nuova e due genitori meravigliosi come Sue (Nicole Kidman) e John (David Wehman), Saroo (Dev Patel) inizia ad essere tormentato dal pensiero della sua vera famiglia.
Come all’interno di un romanzo proustiano, tutte le suggestioni di Saroon derivano da un dolce, che in questo caso non è la madeleine ma delle jalebi, dolci tipici indiani.
Avranno mai smesso di cercarlo? L’avranno creduto morto, ignorando la bellissima vita toccata al bambino? E che fine avranno fatto?
Spronato dagli amici e dalla compagna Lucy (Rooney Mara), Saroo inizia un viaggio, più psicolocio e spiriturale che fisico, che lo porterà a prendere le distanze da tutto quel mondo privilegiato che lo ha circondato fino a quel momento.
Aiutato unicamente dalla memoria della stazione, il nome anagrammato della sua terra natale e da Google Earth, Saroo inizia il suo cammino di anni, cercando disperatamente quella strada per tornare a casa.
Lion affronta, da un punto di vista interiore, un lungo percorso, intimo e personale, di un ragazzo che, in cuor suo, non ha mai smesso di cercare quella strada perduta venticinque anni prima.
Venticinque anni passati nella vita “di un altro”; venticinque anni di vita privilegiati; venticinque anni di crescita, formazione e scoperta del mondo. Un mondo occidentale, che lo ha ormai inglobato, molto lontano dalle sua sabbiosa terra d’origine.
La speranza è ciò che muove, costantemente Saroo, trovandosi a fare i conti con il suo se stesso più piccolo e con quel mondo crudele dal quale è fuggito. Molti sono gli interrogativi che muovono il protagonista, portandolo a una sorta di isolamento, di follia e ossessione verso qualcosa che sembra essere irragiungibile.
Il film carica moltissimo sui sentimenti del suo protagonista, portando lo spettatore nella sua testa, ma senza rendere la narrazione mai pensate bensì dinamica e con ogni scena funzionale per quella successiva.
Dev Patel, attore sempre definito all’interno di ruoli molto complessi e articolati, riesce ancora una volta a dare la vita a un personaggio coraggioso, caparbio e incapace di arrendersi. In questo caso la difficoltà doppia è quella di rappresentare e interpretare una persona vera, qualcuno che tutto quel dolore, quel passato, quel viaggio, lo ha davvero provato sulla propria pelle.
Una scoperta incredibile verso una speranza che non può essere vana, alla costante ricerca di una riappacificazione con se stessi.
Interessante è anche il personaggio interpretato da Nicole Kidman, quello di Sue Brierley, una donna che sceglie, assieme al suo compagno, di non mettere al mondo altri bambini, ma bensì di aiutare quelli più bisognosi. Probabilmente, senza di lei, il destino di Saroo sarebbe stato molto diverso da quello attuale.
Il commovente finale della pellicola, neanche troppo scontato, appaga lo spettatore della visione, calcando leggermente la mano sui titoli di coda che ritraggono il vero Saroo in diversi momenti, sia in Australia che in India, giocando la carta del “ricatto emotivo” con il pubblico.
Decisamente troppo marcato, facendo anche perdere parte del significato e dell’intensità della ricerca interiore di Saroo, è l’uso smanioso ed eccessivo di Google Earth. Parte del viaggio e della ricerca sembrano concentrarsi unicamente di fronte a un computer e una cartina, lasciando poco tempo per esplorare l’India, i luoghi dell’infanzia, le strade della paura e della felicità, dagli occhi di un Saroo più grande e occidentalizzato.
Lion è un’ottima prima prova per Garth Davis, regista promettente che ancora dare molto di più, migliorandosi nel tempo. Un titolo che potrebbe sicuramente aspirare alla cinquina, ma molto lontano dalla vincità degli Oscars.
Una storia di coraggio, di speranza e che sa colpire, da un punto di vista narrativo, soprattutto per il suo appartenere a qualcuno di reale, che possiamo vedere, comprendendo la sua strada lunga, e intensa, per ritrovare “semplicemente” casa.
Lion sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 22 Dicembre