Direttamente da Cannes, la XI Festa del Cinema di Roma porta uno degli horror orientali più atteso degli ultimi mesi, Train to Busan (Busanhaeng) di YEON Sang-ho, uno zombie movie adrenalinico e ironico, dalla messaggio molto incisivo.
Train to Busan di YEON Sang-ho incarna parte della nuova tradizione del cinema orientale horror, riccorendo all’uso della mescolanza di genere, e facendo riferimento a un cinema come quello del giapponese Takashi Miike e dello statunitense Sam Raimi.
La pellicola è il frutto del lavoro di un anno. Riesce a coinvolgere lo spettatore sia per la sua trama che per la qualità dell’immagine, dalla scenografie alla costruzione dei personaggi, passando per i suoi zombie credibili e molto dettagliati, che colpiscono per la loro “semplicità”.
Dimenticatevi gli zombie di The Walking Dead o di Resident Evil, il sud-coreano YEON Sang-Ho fa qualche salto indietro nel passato, facendo ritornare lo zombie più “pulito” di George Romero, ma non meno pericoloso.
Gli zombie di Sang-Ho, infatti, non riprendono semplicemente il mito, ma sanno anche condesarlo nei tempi moderni, facendo riferimento ad alcune pellicole culto degli ultimi dieci anni come REC di Jaume Balagueró e Paco Plaza.
Rabbiosi più che affamati, veloci e dalle pupille bianche, eppure incapaci dei gesti più semplici come aprire una porta scorrevole oppure orientarsi al buio.
Train to Busan è un horror claustrofobico che si sviluppa, quasi interamente, all’interno di un treno, e che non lascia il tempo di riprendere fiato, se non per colpire ancora più duramente.
453 chilometri da percorrere. 453 chilometri per non morire.
L’introduzione di Train To Busan è tra le più comuni ed efficaci. Un inizio con personaggi che non c’entrano nulla con la storia, ma che ci introducono immediatamente ad atmosfere e tematiche del film.
L’epidemia virale è tra le motivazione più comunemente usate nella cinematografia horror-zombie. Non fa eccezione neanche Train To Busan che, come appena detto, si apre proprio con l’annuncio, molto in sordina, di questa non identificata fuga da una centrale biochimica.
In un primo momento non sembra essere nulla di grave, se non fosse per un piccolo inquietante dettaglio che chiude la sequenza, per poi portarci all’interno della vita del nostro protagoista, Seok-woo, top manager che ha dedicato tutta la sua vita al lavoro e poco alla famiglia.
Eppure, per una volta nella vita, Seok-woo vuole fare la cosa giusta e accontentare sua figlia Su-an, nel giorno del suo compleanno, e portarla a Busan, da sua madre.
Ciò che Seok-woo e sua figlia ignorano è quel viaggio sarà l’inizio di un lungo incubo.
Un treno con biglietto di sola andata
All’alba di un nuovo giorno, tutta la Corea del Sud viene messa in ginocchio da un virus sconosciuto. Le città sono in stato di allerta e quarantena. Prima che però Seok-woo possa rendersi conto dello stato di allarme, lui e sua figlia saranno già saliti su quel treno.
Come nei migliori film sugli zombie, anche in Train to Busan, il virus si abbatte velocemente, travolgendo la popolazione prima ancora di dargli il tempo di capire cosa stia realmente accadendo.
Subito dopo aver concesso allo spettatore un primo inizio molto tranquillo, il regista fa entrare nel vivo dell’azione. E basta un solo passeggero infetto per rendere quel treno un luogo di morte e delirio.
Riuscireste mai ad immaginare un treno in corsa, impossibilitato a fermarsi perchè tutte le stazioni, eccezion fatta per il capolinea, appunto Busan, sono state evaquate e messe in quarantena, assieme a una massa di zombie molto molto rabbiosi?
Le possibilità di uscirne vivi sono ridotte allo zero, eppure il nostro protagonista, seguito da una serie di altri particolari personaggi, com l’irascibile ma coraggioso Sang-hwa e sua moglie Sung-kyung, non ha nessuna intenzione di diventare cibo per i morti.
In Train To Busan l’azione non si lascia attendere o pregare, catapultando lo spettatore in adrenaliniche sequenze dove la strategia e l’astuzia sono tutto, ma anche l’altruismo e il lavoro di squadra.
Il fattore interessante di Train To Busan è che non vuole semplicemente essere un film horror sopra le righe, capace di far ridere e far saltare dalla sedia al tempo stesso, ma anche rappresentare una critica, nei confronti della società, spietata.
La sopravvivenza dei nostri protagonisti verrà segnata dalle loro azioni passate ma, soprattutto, da quelle all’interno della storia.
Emerge chiaramente il lato più egoista ed ipocrita dell’uomo. Il regista non scende a compromessi, e traccia un ritratto freddissimo e spietato della natura umana, spesso la vera bestia all’interno di film come questo.
Da un punto di vista tecnico Train To Busan è assolutamente perfetto. Dinamico e adrenalinico, l’azione è perfettamente bilanciata con quei pochi momenti che servono a far “rilassare” lo spettatore solo per scuoterlo, ancora di più, nella scena seguente.
Riuscire a non trattenere il respiro è davvero difficile. La pellicola mantiene, dall’inizio alla fine, l’attenzione dello spettatore altissima, sfida non facile per un film che osa e arriva alle due ore di proiezione.
Altissima suspense e coinvolgimento, questo grazie anche a una trama scorrevole e, soprattutto, a personaggi convicenti e ben costruiti. Un ottima caratterizzazione che ci fa scendere fin dentro alle viscere del personaggio, venendo trasportarti all’interno del film, sentendo quasi il pesante fiato del mostro dietro al nostro collo.
Le parole d’ordine in Train To Busan sono facili: scappa e uccide se vuoi sopravvivere.
Il lavoro con gli attori e sugli attori, da parte del regista, si sente tutto ed è uno degli elementi vincenti della pellicola. Un’armonia e sintonia che si respira dall’inzio alla fine, creando un legame quasi indissolubile tra i personaggi che agiscono con una naturalezza disarmante.
Incredibile è l’interpretazione della piccola KIM Su-an. Una prova non facile per un’attrice così giovane, voce della vera innocenza all’interno di un mondo corrotto – non a caso il virus e gli zombie fungono, in parte, da metafora per la faccia bestiale dell’uomo – dall’ipocrisia e dell’egoismo, che si distingue per una formidabile performace sul finale della pellicola.
Ottima l’armonia creata tra suspense e ironia. Train to Busan non vuole far ridere, ma sicuramente vuole divertire e spaventare. Gli stessi effetti speciali, di tanto in tanto, vogliono essere volutamente posticci, creando quell’effetto paradossale che tanto esalta e compiace lo spettatore, rapito e coinvolto a tal punto dalla narrazione da partecipare attivamente al film. Non mancano, infatti, applausi e frasi di incoraggiamento a scena aperta, soffrendo perfino un po’ arrivato agli ultimi minuti del film.
YEON Sang-ho vuole davvero lasciare il segno con Train To Busan, e dopo aver fatto ridere e spaventare, riesce perfino a far provare dispiacere e sofferenza, lasciando un piccolo magone nello spettatore.
In così poco tempo siamo talmente tanto in sintonia con i personaggi che non soffrire insieme a loro sarebbe impossibile.
Train To Busan è la prova che un horror originale e tradizionale esiste e si può fare, confermando, ancora una volta, gli orientali tra i migliori in questo capo.
Una piccola perla di genere assolutamente da non perdere!
Train To Busan verrà distribuito in Italia, nel 2017, dalla Tucker Film.