Incontro ravvicinato con Viggo Mortensen

viggo mortensen

In occasione della presentazione di Captain Fantastic di Matt Ross alla XI Festa del Cinema di Roma, l’attore protagonista Viggo Mortensen incontra il pubblico dell’auditorium in un interessante racconto, tramite immagini, della sua carriera ed esperienza.

All’età di 57 anni, Viggo Mortensen conserva ancora la freschezza e umiltà di un ventenne, avvicinandosi al pubblico e fan romani con modestia, voglioso di raccontare la sua esperienza con il cinema, con la recitazione e i grandi valori che gli sono stati tramandanti da registi del calibro di David Cronenberg.

Antonio Monda, direttore artistico della Festa del Cinema di Roma, introduce l’attore con una frase che fa subito tremare i fan più appassionati:

Non credo sia sbagliato definire questa serata “il ritorno del re”.

introducendo Viggo Mortensen che arriva sorridente e, una volta sedutosi sulla poltrona sul palco, è pronta a scattare una foto, la quale sicuramente andrà a finire nella sua collezione.

viggo mortensen

 

Gli incontri ravvicinati prevedono una discussione tra moderatore e ospite attraverso la visione di clip diverse dei propri film, coinvolgendo animatamente il pubblico che può godere non solo di una piacevole oretta in compagnia del cinema ma anche di vere e proprie perle.

Per questo incontro sono state sei le clip, di sei film diversi, selezionati:

 

 

 

Appaloosa

di Ed Harris (2008)

 

viggo mortensen

 

 

Cosa significa essere diretti da un attore? C’è qualche differenza con i registi?

Non è necessariamente positivo. Nel caso di Ed Harris o di Matt Ross, si tratta di attori che hanno un vero e sincero interesse nel processo della creazione del film e non solo dell’universo dell’attore. Inoltre seguono moltissimo anche il lavoro degli altri attori.

Metà del lavoro dell’attore si basa sulla reazione degli altri e, in questo caso, i personaggi assumo determinate caratteristiche. In questo modo si fa un lavoro insieme, fondamentale, ed è stato fantastico.

Com’è, invece, il tuo rapporto con la regia?

Penso sempre a registi come Matt Ross o David Cronenberg. Si tratta di essere molto preparati, non urlare ma creare una buona atmosfera. Essere efficaci con gli attori. Il regista è come un mago. Deve far credere che si abbia tutto il tempo del mondo, non far avvertire pressione ma divertirsi.  Ovviamente ciò non è vero, ma il regista lo fa sembrare reale, sfruttando poi ogni momento.

Non sopporto i registi che intervengono solo se necessario. Io, onestamente, lavorerei come Cronenberg o Ross. Certo, dipende poi dalla storia che si intende raccontare. Alcuni film hanno bisogno di cose molte più complesse e bisogna avere tutto l’aiuto di tutte le figure tecniche.

Io ho scritto diverse sceneggiature. Quest’anno avrei dovuto fare il mio primo film, ma poi è saltata la produzione. Vorrei raccontarvi qualcosa, ma sinceramente spero davvero di poterlo realizzare il prossimo anno, avendo la certezza che sarà un progetto reale.

 

 

Delitto perfetto

di Andrew Davis (1998)

 

viggo mortensen

 

Quando hai deciso e perché di fare l’attore?

Quando ero piccolo, andavo molto al cinema con mia mamma. Mi potava a vedere dei film anche molto impegnativi per un bimbo di 4/5 anni, ma a me piaceva piaceva molto stare lì con lei. Guardava questi film e poi li raccontava come avrebbe potuto fare un’attrice. Da adolescente non ci avrei mai pensato a una carriera come attore. Oggi l’idea di essere una star del cinema o della musica o un artista è qualcosa che è fattibile per chiunque.

Da ragazzino mi interessava altro. Ero molto timido. Pensavo di diventare un giocatore di football o, comunque sia, qualcosa di semplice. Intorno ai 21/22 anni c’è stato un momento di svolta, grazie alla passione per il cinema e per il teatro.

A quel punto ho subito una specie di trasformazione. Quei film potevano farmi commuovere e divertire, provare delle emozioni forti, ma come potevano fare tutto ciò? Come facevano a farmi dimentiare di essere dentro una sala cinematografica di fronte ad uno schermo?

Quando esco dal cinema mi sempre sento un po’ storidto perché mi sembra di aver vissuto quella storia appena vista. Al cinema puoi essere chiunque, ed è questa la magia. È iniziato tutto per cuiosità, e poi ho continuato.

Il primo film che hai visto?

Non so se fosse proprio il primo, ma ricordo chiarissimamente di aver visto con mamma Lawrence D’Arabia e Il Dottor Zivago. Sicuramente ho visto molti film per bambini quando andavo con i miei fratelli, come Fantasia e Biancaneve, ma ricordo benissimo anche di aver visto Ben-Hur.

Tu vieni da una famiglia dove sono quasi tutti geologi, no?

Si, i miei fratelli lo sono, ma anche loro sono degli artisti. Io, con tutto il rispetto parlando, ho concluso che non si può distinguere tra artista e non. I bambini non fanno questa distinzione. Tutti i bambini recitano, cantano, disegnano.

E non c’è un giudizio da parte loro o degli altri, poi crescendo imparano a giudicare. Un po’ come lo fanno gli adulti per lavoro. Mi è stato più volte proposto di far parte delle giurie dei festival più importanti, ma ho sempre rifiutato perché non me la sono mai sentita davvero.

Tutti sono artisti nel modo in cui guardano un film, camminano per la strada o parlano con gli amici. Bisogna essere presenti. Gli artisti sono coloro che ricordano. È esserci. Se ci sei, sei un artista!

 

È fantastico che sia chiamato Festa del Cinema, perché è una festa! È giusto festeggiare il cinema

 

 

 

The Road

di Joan Hillcoat (2009)

 

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Conoscevi il libro di Cormac McCarthy? Come ti sei preparato per quel ruolo?

LMi sono posto una domanda, quella che pongo sempre a me stesso: cosa era successo prima della pagina 1? Ci sono delle informazioni che ritroviamo nel corso della storia, ma io mi domando cose ancora più strette sulle quali ci potresti passare il resto della tua vita per rispondere a questa domanda.

Ma questa domanda mi permette di arrivare sul set, pronto ad ascoltare, pronto ad essere questa persona. Ad abbracciare il punto di vista di questa persona, e poi reagire a ciò che portano nella storia gli atri. Se vuoi che in un film ci sia qualcosa, devi provarlo molte volte. Assieme a Kodi Smit-McPhee, il bambino protagonista, abbiamo mangiato degli insetti, perché era probabile che quei personaggi avrebbero potuto mangiarli.

Per Kodi era un mondo nuovo, ed era molto simile al bambino protagonista della storia. Sembra un modo folle per preparasi, ma siamo arrivati che dovevamo girare che eravamo preparatissimi.

Hai mai incontrato McCarthy?

Alla fine delle riprese. Nella parte quando finalmente arriviamo al mare, dove sono riversate tutte le speranze destinate a essere infrante. Quando siamo arrivati sulla spiaggia, McCarthy è arrivato assieme suo figlio che aveva la stessa età di Cody. Hanno guardato un po’ quello che giravamo e mi sembravano piuttosto soddisfatti. Sono andato a cena con lui.

Abbiamo palato del film rapidamente e mi ha detto che il film è molto diverso dal libro, ma che provava una sensazione molto positiva ed era incuriosito dal risultato finale. Abbiamo poinparlato un po’ di tutto, scienza e politica. L’ho ascoltato per lo più perché è una persona molto interessante.

 

 

La promessa dell’assassino

di David Cronenberg (2004)

 

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In quella famosa scena della lotta nel bagno turco, cosa c’era scritto nella sceneggiatura?

Era molto breve, no arrivando nemmeno ad una pagina. Semplicemente diceva: due uomini entrano nel bagno e iniziano a fare a botte.

Cosa ti ha insegnato di più lavorare con Cronenberg?

Fidarsi della camera che sente e vede tutto. Sono pochi i registi come Cronenberg che hanno fiducia nella camera, la quale vede e sente tutto quello che si fa, al di là di quello che deve diventare. I dettagli, le reazioni più sottili. Se ti metti nelle sue mani è un piacere, sai che puoi sentirti al sicuro.

La tua recitazione non avrà nulla di perduto. Non devi ripetere qualcosa tre volte per essere catturato. Credo che sia la cosa più importante. L’opinione di ciascuno ha un valore. Tutti possono dare un contributo e suggerimento, e lui può dirti semplicemente che la tua idea è brutta oppure no.

 

 

Carlito’s way

di Brian De Palma(1995)

 

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Questo ruolo va nella direzione opposta rispetto ai ruoli ai quali siamo abituati. In genere l’eroe e il re. Qui invece è un traditore, un codardo. L’opposto. TI piace di più fare l’eroe o l’antieroe?

Non ho preferenze. In realtà è come chiedermi quale sia il mio personaggio preferito interpretato. A volte, nel caso di questo lavoro, trovo che alcuni personaggi sono più impegnativi di altri, ma alla fine si arriva sempre ad accettare il punto di vista del personaggio interpretato.

Adoro tutti i personaggi che ho interpretato allo stesso modo. Mi rendo conto che alcuni film sono più riusciti di altri, ma non c’è nessun personaggio che preferisco di più. Questo ruolo è molto differente rispetto a quello di Captain Fantastic. Amo questi personaggi, con i quali non mi troverei mai bene nella vita reale.

Bello provare a fare cose difficili e diverse da come siamo noi. Quando stavamo girando questo film, e dovevo fare il provino, ero appena atterrato a New York per stare con la famiglia per il Natale. Volevo molto partecipare a questo film, ma il provino era a LA, questo significava dover tornare indietro e non avere i soldi per tornare a New York. Era un’occasione da non perdere, e allora l’ho fatto. Quando sono arrivato, però, la parte era già stata data ma non volevo assolutamente andarmene a mani vuote. Volevo una parte, ed erano rimasti solo due personaggi portoricani. La produzione mi disse di no, ma io volevo provare.

Sapevo che dovevo sorprenderli e allora studiai un’accento il più vicino possibile al portoricano, recitando tutte le battute in spagnolo. Loro rimasero sorpresi, mi fecero rifare tutto in inglese e poi la parte fu mia. Ho avuto modo di incontrare sia Al Pacino che De Palma in un grande albergo. Ho provato a leggere la scena con Al Pacino, abbiamo provato sia in inglese che in spagnolo. Ho trascorso molto tempo in un quartiere dove ci sono molti portoricani per ascoltare il loro modo di parlare e la loro musica.

Tornato a Los Angeles, cuccinavo e giravo in sedia a rotelle per entrare nel ruolo. E quando sono arrivato era preparatissimo e mi sono molto divertito. Anche in quel caso mi sono posto sempre la prima domanda, nonostante il personaggio non fosse in prima pagina. Mi è piaciuto interpretare le sue debolezza. È una persona che cerca di ragionare velocemente, ma mai quanto Carlito. È bello per un attore riuscire a trovare il modo per esprimere la propria disperazione.

 

 

Il Signore degli Anelli:

Il ritorno del re di Peter Jackson (2003)

 

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È vero che non volevi fare questo film ed è stato tuo figlio a convincerti?

Si, è vero. Aveva 11 anni in quel periodo. La parte era di un altro attore, ma alla fine aveva lasciato. Mi chiamarono chiedendomi se fossi pronto per partire per la Nuova Zelanda. Alla fine sarei dovuto stare poco, da fine Ottobre fino a poco prima di Natale.

Sinceramente non avevo letto il libro, e non mi sentivo pronto per quel ruolo, inoltre non credevo fosse il ruolo giusto per me. Ho iniziato a tentennare e mio figlio mi ha chiesto cosa stessero dicendo. Gli ho detto che mi avevano proposto una parte nel Il Signore degli Anelli e lui iniziò subito a dirmi che sarei stato un folle a non accettare.

Alla fine mi lascia convincere. Il fatto che a lui quella storia interessasse mi aveva incuriosito e volevo buttarmi in quella sfida.
Ho rifettutto moltosu quello che deve fare un attore. Bisogna lavorare come fanno i bambini, non devono vergognarsi ma superare l’imbarazzo. Però talvolta non è così semplice. Sul set c’erano dei momenti in cui era davver difficile. In fondo, su quel set, non c’era praticamente nulla. Dovevi far finta di vedere cose, mentre eri circondato da tutto il cast tecnico occupato in altro.

C’ero vestito in quel modo, a brandire una spada mentre qualcuno fuori dall’inquadratura recitava le battute del re fantasma. Spesso ho sbagliato anche a rispondere, rivolgendomi dalla parte sbagliata. Mi sentivo uno stupido! Ma è sbagliato, ti devi dimenticare tutto il resto. Se ti senti un’idiota è colpa tua, perchè per far credere gli altri in quel ruolo, devi essere tu il primo a crederci.

 

 

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