Blair Witch Project e il genere found footage

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Tra streghe e legnetti incrociati, nel 1993 esplodeva una tecnica cinematografica che diventerà virale, soprattutto all’interno del genere horror, per lunghi anni. Il found footage, grazie al film La Strega di Blair, è stato interamente sdoganato come efficace (?) mezzo tecnico per abbassare i prezzi di produzione e creare ambienti sincopati e misteriosi.

La Strega di Blair non è di certo il primo film ad aver usato il fantomatico found footage, ovvero una serie di filmati girati con camera a mano dagli stessi protagonisti dei film o da telecamere di sorveglianza adiacenti all’azione, ma ne resta senza dubbio il capostipite grazie anche ad un’eccellente campagna promozionale, decisamente innovativa per quegli anni. Tra i primi grandi cult dell’horror a mano ricordiamo il controverso Cannibal Holocaust, del 1983, nel quale l’aspetto del reportage è stato essenziale a descrivere la natura documentaristica della pellicola.

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Quali sono i pro e i contro dell’uso del found footage in ambito cinematografico? Come già accennato, la camera a mano lasciata agli stessi protagonisti (o presunti tali) del film, abbassa senza dubbio i costi di produzione a livello di montaggio ma anche di fotografia e props. Nessuno infatti si aspetta che il filmino delle vacanze sia diretto in modo impeccabile. Blair Witch Project ha avuto dei costi bassissimi e ha incassato molto, e tenete conto che nella pellicola, a parte i tre protagonisti, un bosco oscuro e una casetta di legno, non si vede molto altro.

L’horror degli anni ’90 ha avuto recensioni decisamente controverse e contrapposte, ma a prescindere dalle critiche bisogna ammettere che ha dato una sonora svolta non solo a nuovi espedienti ma anche alla connessione col pubblico. Qualcuno di voi si ricorderà che al tempo, prima dell’uscita della pellicola, era stato messo in piedi un sito internet, completamente fake, che supportava la teoria di vero documentario investigativo. Un bellissimo mockumentary corredato da libri, rapporti della polizia e fotografie dei tre dispersi che hanno creato una bolla di mistero per gli appassionati del genere.

 

 

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Questa tecnica offre allo spettatore la possibilità di addentrarsi in prima persona nella storia.

Contemporaneamente questa tecnica offre allo spettatore la possibilità di addentrarsi in prima persona nella storia, attraverso gli stessi occhi dei personaggi. Calarsi completamente nella pellicola, senza filtri, voltare lo sguardo assieme a loro, scorgere un’ombra tra gli alberi esattamente come fossimo lì, quasi fosse un’esperienza tridimensionale.

Purtroppo questo espediente ammette anche delle fastidiose problematiche a livello di resa. Un po’ come il destino della shaky-cam usata malamente, il mosso e il sincopato può far innervosire chi il film vorrebbe goderselo senza doversi aspettare il relativo mal di mare.

Un altro problema che spesso fa storcere il naso è, paradossalmente, la verosimiglianza. Molto spesso le motivazioni per le quali i protagonisti continuano a girare i video risultano estremamente stupide e surreali. Chi mai, alla vista di un enorme mostro tra i palazzi di una grande città, continuerebbe razionalmente a filmare invece di scappare urlando?

 

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Nella scia di Blair Witch Project, che ha abbandonato il found footage per il secondo capitolo (almeno in parte) per poi riscoprirlo nel terzo capitolo che uscirà in Italia il 21 Settembre, troviamo molte interessanti pellicole che usano la stessa tecnica e fanno tesoro di quel debutto geniale del film del 1993.

Cloverfield del 2008 è un buon prodotto, impreziosito da una bella fotografia e da mostri che spaccano tutto. Chronicle del 2012 sfrutta non solo la camera a mano ma anche le registrazioni delle videocamere di sorveglianza.

Il quarto tipo del 2009 con Milla Jovovich è un film inception: viene mostrata la ricostruzione dei fatti accanto ai filmati originali, che in realtà sono fake anche loro, una declinazione del tema perlomeno originale.

REC del 2007 giustifica la camera a mano attraverso un servizio giornalistico all’interno si una caserma dei carabinieri che sfocerà in zombie e tanto sangue. Nello stesso stile reportage troviamo anche The Bay del 2012. Lo stesso District 9 di Blomkamp si avvale delle riprese a mano.

 

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The Visit di M. Night Shyamalan, che possa piacere o meno, lancia un’interpretazione diversa del found footage. O meno, ne smussa gli angoli. Anche in questo caso si avvale di telecamere amatoriali ma lo fa posizionandole su cavalletti affinchè il fastidioso problema della shaky-cam venga quasi completamente annullato.

 

 

Blair Witch Project fa del found footage il suo pilastro centrale.

Blair Witch Project fa del found footage il suo pilastro centrale, poiché all’interno della storyline i filmati dei tre ragazzi vengono effettivamente recuperati dopo la loro scomparsa.

Ed è anche per questo motivo che viene visto come capostipite di una generazione di horror e thriller che portano al cinema l’amatorialità e il senso finale di mockumentary che, più o meno efficacemente, hanno contribuito all’esplosione del genere.

 

 

Blair Witch è in tutte le sale dal 21 Settembre. Scopri tutto sul film nel nostro hub dedicato: leganerd.com/blairwitch
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