Una questione epocale. Anni fa, quando me la sono posta a malincuore, ne sono uscito sconfitto e pronto a rinnegare tutte le ore spese ad ascoltare giapponesi parlare giapponese. Mi limitavo all’evidenza e così nel giudizio andavo sul sicuro: ho visto Asano Tadanobu che fa cose.

Dopo tanto strabismo per non perdermi i sottotitoli e al contempo ponderare una certa presenza scenica, una smorfia, un movimento delle braccia manco fossi il presidente di una gara di tuffi olimpionici, decisi di liquidare l’attore come un fuoco di paglia qualsiasi (durato almeno un decennio).

Il problema è che ogni tanto qualcuno lo riattizzava, ad esempio con Mongol (Sergej Bodrov): un barlume di speranza impressionante – l’equivalente de Il nome della rosa per Sean Connery (prendendo a prestito le considerazioni di Sick Boy in Trainspotting) – in una carriera altrimenti in declino.

Decisi di liquidare l’attore come un fuoco di paglia qualsiasi.

Ma un giorno, nell’impossibilità di reperire alcuni suoi titoli e stabilire una volta per tutte quale fosse la stoffa di Asano, ho piantato lì del tutto, stremato, con poca solennità e tanto rancore.

 

 

Poi il trasformista Tadanobu è tornato, divorziato, frac-chizzato e passato alla ribalta hollywoodiana con Thor, quasi a sfatare ogni dubbio per i miscredenti dagli occhi tondi a rana e io, orribilmente imbarazzato, ho distolto lo sguardo senza emettere un gracidio, o almeno l’ho fatto finché ho resistito.

Non è l’ossessione per l’attore, ma un enorme se considerarlo tale.

Non è ossessione per l’attore ma un enorme se considerarlo tale. Diciamolo, il cinema giapponese di per sé non rischia una indigestione di fama né fa da gran cornice a tanti attori capaci, anzi stranisce e lascia perplessi i più. I Toshiro Mifune e gli Akira Kurosawa vari trovano eredi degni in Myazaki, Kitano, Miike ecc. (con gli ultimi due Asano ha pure collaborato) però le vette che superano la curvatura terrestre e catturano l’occhio dell’occidentale medio (e senza pretese sul Sol Levante) si contano sulle dita di una mano. Tornando al nostro Upstream Prize come miglior attore alla 60°ma Mostra del Cinema di Venezia,

con cosa abbiamo a che fare? Una nonchalance motivo di fascino e repulsione, istrionismi scomposti e tuttavia l’abilità di calarsi nei personaggi interpretati senza apparente sforzo,

e ancora, credibilità: ricordiamolo in The taste of tea, dove da buon zio non fa una piega nel raccontare al nipote di un episodio infantile avvenuto nel bosco, quando stanco di trattenersi fece la popò su un bel sasso bianco inficcato nel terreno, che poi si rivelò essere il teschio di una vittima della Yakuza il cui fantasma aveva cominciato a perseguitarlo.

 

asano tadanobu. ichi the killer

 

Infine saltuaria impersonalità: lasciare spazio agli altri quando non si è in grado di conquistare la scena in solitaria e in tal modo rubare la scena nel momento più opportuno, come avvenuto in Picnic, Tokyo Zombie, Shark Skin Man and Peach Hip Girl, Away with words (del lui-sì visionario Christopher Doyle) e soprattutto in Ichi the Killer, nelle locandine del quale campeggia sotto un titolo in sovraimpressione che è riferito a un altro papabile protagonista, Ichi per l’appunto.

Non è una casualità se i registi lo impiegano di frequente in ruoli che nascono secondari sulla carta, mentre sulla pellicola consentono all’attore di uscire dai ranghi andando a formare accoppiate vincenti – e non è mai chiaro chi faccia da spalla (o da nemesi) a chi. Tutte queste doti e controdoti sono andate a favore di una filmografia straordinariamente variegata e di una pagina Wikipedia che paragona Asano a Johnny Depp e riporta tra le altre cose l’affermazione dell’attore di sentirsi più un musicista.

 

 

No, non lo fa per snobbismo, e nemmeno per ironia temo. Lui ci crede. Anzi, ci prova. Ed è qui che scatta qualcosa di fronte al grande Asano: si mette in gioco, nel bene e nel male, e diventa un campione assoluto di trash (su tutti si eleva Funky forest: the first contact da cui il video è tratto).

È trash anche solo il fatto che qualcuno lo scritturi per Thor e lui accetti, o che partecipi al prossimo Scorsese

(spero tanto nel figurone che merita). Non voglio dire che sia tutto rose e fiori tra me e la percezione occidental-fanatica che ho di lui, e necessariamente coltivo ancora un pregiudizio di base, la possibilità ad esempio che essere pieni di soldi e immanicati dalla nascita sia un’ottima rampa di lancio anche per i meno talentuosi.

Più subdola sarebbe l’ operazione prendo una icona del cinema indipendente e di bassa lega e lo piazzo nei blockbusters per attirare i suoi ammiratori, altra spiegazione plausibile o di certo una maniera per farmi sentire in pace con me stesso nell’idolatrare una star mediocre ora effettivamente riconosciuta a livello internazionale.

 

asano tadanobu. thor

 

Per forza di cose non posso negare che sia maturato artisticamente e l’apertura neanche troppo recente di un canale youtube dove pubblica cortometraggi di manifattura personale ne è la tenerissima prova. L’ attuale preoccupazione è che le pretese dei suoi fan pre-riflettori si mescolino ai pressanti verdoni cui viene sottoposto dagli ingaggi americani, e il cocktail da sorbirsi a ogni nuova alleanza oltre-Pacifico in stile Battleship (dove fa coppia con Taylor Kitsch) sarà una schifezza o comunque un autoironico brindisi in onore dei vecchi tempi.

Il cocktail da sorbirsi sarà una schifezza o un auto ironico brindisi in onore dei vecchi tempi.

Per concludere questo breve e introduttivo affondo sulla presunta grandezza di Asano Tadanobu vi lascio con un’immagine che mi accompagna, appesa al muro, fin dalla prima conoscenza filmica che ne ho fatto, in Last life in the universe. Un avvertimento: soltanto portando a termine la visione della scena di riferimento capirete cosa intendo se vi dico che ad ogni modo Asano non concluderà la sua carriera senza macchia. Buona visione.

Silence di Martin Scorsese e con la partecipazione di Asano Tadanobu, verrà distribuito da 01 Distribution nel 2017.