La stavamo aspettando e infine è giunta, la puntata che quasi perdona tutte le altre, non solo in termini di eccitazione visiva ed epicità, ma soprattutto di trame che si sciolgono in un immenso inno all’azione splendidamente coordinato. La nona puntata di Game of Thrones definisce il senso di gloriosità televisiva, con cast ed effetti speciali degni di un lungometraggio Hollywoodiano.
Se non avete ancora visto questo episodio, tornate quando l’avete visto. Se invece l’avete già visto e volete approfondire insieme a noi, questo è il posto giusto.
La Battaglia dei Bastardi va dritta al segno, un capitolo di Game of Thrones che rimarrà tra le must watch dell’intera serie; un piacere per gli occhi e per la giustizia che si palesa davanti ai nostri occhi risolvendo, almeno per ora, l’enorme mancanza di gioie verso i Giusti.
Dopo qualche puntata di preparazione, intenta anche a fare il punto della situazione per ulteriori sviluppi, finalmente un capitolo aperto ormai troppe stagioni fa si conclude con il ritorno dei pochi sopravvissuti Stark alla loro casa d’origine.
Winterfell è di nuovo nelle mani giuste, le mani dei legittimi proprietari, protettori del Nord, della Barriera e dell’Oltre Barriera, uniti sotto il vessillo del lupo che ha le sembianze di un Bastardo.
Targaryen e Greyjoy
La nona puntata non fa riferimento alla moltitudine di trame e personaggi a cui siamo solitamente abituati, ma finalmente si concentra in due scenari e li descrive passo passo fino ad una risoluzione. La puntata si apre altrove, siamo a Meereen, molto lontani da Grande Inverno.
Nella città gli schiavisti stanno continuando ad assediare le mura, ma la Regina dei Draghi è tornata, e con sè ha tutta la sua faraonica stirpe di seguaci. Per la prima volta, dopo sguardi troppo di sfuggita ai bambini della Khaleesi, finalmente la produzione sgancia abbastanza denari per poterli ammirare in tutta la loro triplice maestosità, in un GCI non del tutto perfetto ma sicuramente potente.
Le inquadrature indugiano sui tre draghi alati, in un vortice di squame e fuoco che si abbatte sulle navi degli schiavisti, dimostrando tutto il loro distruttivo potere e lasciando che i tre portavoce dei Master capiscano l’antifona. Non si scherza con Daenerys.
Poco prima i tre erano andati a parlare con la Khaleesi e il suo entourage, Tyrion compreso, che precedentemente ha dovuto spiegare, con non poco imbarazzo, come erano andate le cose a Meereen mentre Daenerys si faceva rapire dai Khal.
I tre schiavisti parlano di resa, ma non sanno che si tratta della loro, di certo non quella della Meereen liberata e della nuova Regina della Libertà.
Quando il primo drago fa il suo debutto le sorti dell’assedio si ribaltano completamente, soprattutto dopo che gli altri due draghi escono finalmente dalle segrete dopo essere stati liberati da Tyrion alla presenza di Varys e raggiungono la madre.
Una volta rimessi a posto gli schiavisti Daenerys e il Lannister hanno una visita che stavamo aspettando. I Greyjoy arrivano in città e chiedono udienza alla Regina. Un’altra scena che lega e scioglie situazioni in sospeso e ci racconta un felice accordo tra una legittime erede al trono e la Casata delle Isole di Ferro. La Khaleesi userà la loro navi e la loro fedeltà per la causa, mentre i Greyjoy avranno un valido aiuto a riconquistare le proprie terre, ai danni dell’autoproclamato nuovo erede del Trono di Sale, Euron.
L’incontro è meraviglioso, scatta subito una dolcissima scintilla tra donne kickass che assomiglia quasi alla lovestory di sguardi tra Brienne e Tormund.
Se l’accordo dovesse davvero andare a termine, la Khaleesi si porterebbe a casa, oltre a tre draghi, tutti i Dothraki e il suo attuale esercito, anche le navi dei Greyjoy per tornare ad Approdo del Re e conquistare il trono.
Se poi sposasse davvero Theon sarebbe legata anche ai possedimenti delle Isole del Ferro, risorse ed esercito compresi. Ma Euron è alle calcagna, e vuole offrire a Daenerys ancora più navi ma soprattutto un matrimonio che, a differenza di quello con Theon, potrebbe generare un erede, per ovvi motivi (poor Theon).
Winterfell Pulp
Ma torniamo a noi e analizziamo il pezzo di battaglia più epico di tutto Game of Thrones, o quasi. La struttura della Battaglia dei Bastardi è delle più classiche, sia dal punto di vista narrativo-letterario che di inquadrature e scenografie, abbandonandosi molto spesso a scene di una crudeltà allucinante, che ricordano tanto i primi 20 minuti di Salvate il Soldato Ryan.
Si va dunque per gradi: l’incipit svela le carte in tavola, i personaggi si presentano, si studiano, capiscono le intenzioni dell’avversario. Il momento di silenzio prima della tempesta ci rivela che una persona non è stata considerata nella grande scacchiera della battaglia, e sarà lei l’elemento chiave per vincere la battaglia.
È un espediente comune sia a teatro che al cinema: se nel primo capitolo mostri la pistola, nel terzo la dovrai usare. Se analizzate Lo Squalo da questo punto di vista, noterete che la bombola dell’ossigeno viene mostrata più volte durante il segmento della barca: giusto all’inizio, per poi tornare nel gran finale. La nostra bombola dell’ossigeno è Sansa, la reale vendicatrice dell’intero scenario, colei che, da lontano, salverà le sorti dello scontro tra il Nord e il proprio aguzzino.
I due eserciti si incontrano nel campo di battaglia, ma c’è bisogno di una scintilla, un espediente che ricordi a tutti che razza di pazzo maniaco sia Ramsay Bolton. Qualcosa di solitario e crudele, e Rickon è la vittima sacrificale perfetta. Il vero legittimo erede di Grande Inverno cade sotto i colpi di un Bastardo che va a caccia di uomini, scoccando la quarta freccia dritta al cuore, a pochi passi da un Jon Snow che ora capisce perfettamente le parole di sua sorella. Il suo avversario è un sanguinario sadico e malato, e non si fermerà davanti a nulla.
La battaglia comincia, con inquadrature epiche, pullulanti di fango e sangue, in un contorsionismo di corpi sbudellati, trapassati da mille frecce e accatastati in una spaventosa pila di carne da macello.
Il canale Youtube di Game of Thrones pubblica anche il making of della grande battaglia, che è interessante da visionare dal punto di vista tecnico. Ci rendiamo anche conto che non è la classica puntata di una serie TV, ma è stato preso in consegna come un vero e proprio lungometraggio.
L’enorme collina di cadaveri ancora tremanti ci lascia un senso di terrore e sconfitta imminente per la casata degli Stark e l’intero nord, una battaglia persa che si sarebbe abbattuta su tutti i Sette Regni.
Ma ecco che il fattore sorpresa, come nelle più classiche narrazioni, fa la sua entrata in scena, attraverso un grande esercito a cavallo e il suo boss, Ditocorto. Il corvo di Sansa aveva quindi raggiunto il suo scopo, e quella parte della famiglia era stata informata delle intenzioni degli eredi di Grande Inverno.
L’esercito di Jon si fa circondare, come dei fessi restano in trappola, stanchi e decimati, senza alcuna via di fuga. Le lance col simbolo dell’uomo squartato si avvicinano inesorabili, tremiamo per le sorti di Jon ma anche di Tormund, e perfino Ser Davos, un uomo giusto, un uomo buono, in trappola anche lui, come un topo. Una tecnica di battaglia realmente usata già ai tempi di Sun Tzu, in Cina ma anche in Europa.
Le riprese della battaglia sono accurate e potenti, la luce è usata alla perfezione, a creare scintille e ombre di spade e sangue. Inquadrature dall’alto che si allargano e si restringono, e macroscopie della fanteria che ci calano completamente all’interno della battaglia, con movimenti di camera convulsi ma mai spiacevoli.
La risoluzione della battaglia ci conduce direttamente all’interno del castello, il gigante abbatte le porte a cazzotti, dopo che Ramsay scappa dal campo di battaglia, come il codardo che è. E finalmente, tra le mani del Bastardo di Grande Inverno, riceve una sequenza di mazzate gloriose, ed è come se fossimo tutti assieme a Jon, a sfogare la frustrazione di un bagaglio così pesante di tragedie e agonie e ricoprire la faccia del Bolton di sangue che schizza ovunque. Questo è per Ned, questo è per Sansa, questo è per Rickon, e perfino per Theon. Ogni pugno per Jon significa qualcosa, e anche per noi.
Il finale però è dedicato a colei che ha il primo diritto di vendetta nella sconfitta della casata dei Bolton, Sansa. La moglie dello stesso si prende la sua rivincita mortale, fredda e portentosa, e lo fa nel peggiore (migliore) dei modi: con le stesse armi brutali usate dal marito.
Ramsay se ne va proprio come è arrivato: tra sangue e urla. Conclusione del capitolo. Morte del cattivo. La Stark sorride di una soddisfazione così meravigliosa da commuovere. Ora è a casa, e se tutto andrà per il meglio tornerà pure Arya, e dopo mille puntate forse potremmo rivedere i vecchi fratelli di nuovo assieme, dopo averne passate di ogni. La HBO ci donerà anche questa soddisfazione?
Ma tra le conclusioni piacevoli ce n’è ancora una in sospeso: Ser Davos ha trovato, vicino all’accampamento, i resto del falò della piccola Shireen Stannis e ora ha un gran bel conto in sospeso con Melisandre, la quale, da poco, ha scoperto in Jon Snow il suo nuovo eroe delle battaglie, il prescelto dal Dio della Luce. Winterfell si porta dunque dietro anche una divinità, che Jon ci creda o meno, la donna Rossa sicuramente resterà al suo fianco.
In una velocissima inquadratura, ma che non dimenticheremo mai, torna anche la straordinaria Lyanna Mormont, a cavallo con viso incazzoso, mentre Jon Snow cerca di negoziare con Ramsay, assieme a Sansa e Ser Davos. Bastano pochi frame a renderla immortale. Speriamo che la produzione abbia ancora battute e scene per questa gloriosa eroina.
La prossima puntata ci porterà ad Approdo del Re e reincontreremo gli altri personaggi per la nona puntata sono stati accantonati. The Winds of Winter riuscirà a chiudere le molte storyline aperte e ancora in ballo?