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Anatomia di una Minaccia

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Era un po’ di tempo che stavo lavorando ad un articolo che parlasse della Confusione nella Comunicazione, visto che per me è un argomento molto interessante.

La spinta motivazionale l’ho avuta quando ho letto la notizia di un dirottamento aereo Egiziano da parte di un Professore universitario di Veterinaria che il Governo Egiziano generosamente apostrofa con “Non è un terrorista, è un idiota!”.

Non è un terrorista, è un idiota!

Mi sono chiesto: “quindi se salgo su un aereo con la cintura di Batman che ho trovato nell’uovo di Pasqua, posso dirottarlo?”

Probabilmente sì. Vediamo perché.

 

 

Anatomia di una Minaccia

Cominciamo a dare una definizione di minaccia (tralasciando la semantica) e dicendo che, per essere efficace, una minaccia deve soddisfare tre condizioni:

  1. Deve essere convincente per essere presa in considerazione;

  2. Deve raggiungere il bersaglio.

  3. Il bersaglio deve essere in grado di soddisfare la richiesta.

Sembreranno considerazioni degne di Capitan Ovvio™, ma non è proprio così.

Se per esempio io minacciassi di scatenare una guerra batteriologica domani mattina, probabilmente nessuno mi crederebbe, anche se avessi sviluppato un nuovo virus letale stile Umbrella Corp; questo perché non ho nessun rilievo nella comunità scientifico/biologica e quindi nessuno crederebbe che potrei davvero farlo.

Un esempio più o meno famoso viene proprio dal nostro Paese, poco tempo prima dell’ancor più tristemente famoso sisma che colpì l’Aquila. Giampaolo Giuliani, un “semplice” tecnico di laboratorio, aveva previsto il sisma, contattando gli esperti e cercando in tutti i modi di avvertire gli abitanti; ma l’unica cosa che ricevette furono denunce e derisioni, poiché dotato della sua Apecar aveva vagato per la città cercando di comunicare con più persone possibili (qui l’intervista)

Se non riteniamo la fonte autorevole non prendiamo in considerazione la comunicazione che ci arriva.

Se non riteniamo la fonte autorevole non prendiamo in considerazione la comunicazione che ci arriva, commettendo l’errore opposto di quello descritto in quel fantastico articolo sul buon ragionamento scritto qui sulla Lega da parte di Theninth (qui, qui e qui), ovvero “Reputare giusta una cosa solo perché l’ha detta TIZIO”.

L’argomento è stato anche ampiamente trattato da Watzlawick, rimando a tutti i suoi libri per approfondimenti.

Think Again

 

Un’altro esempio, invece, è dato dal fatto che molte minacce hanno come oggetto qualcosa di veramente assurdo, come spesso accade fra i bambini: “Se non mi dai quella cosa io mi uccido”, o tra fidanzati: “Se mi lasci mi uccido”. È ovvio che nessuna delle due diventerà realtà. Forse.

Spesso accade fra i bambini: “Se non mi dai quella cosa io mi uccido”, o tra fidanzati: “Se mi lasci mi potrei uccidere”.

È ovvio che nessuna delle due diventerà realtà. Forse.

Di regola, si deve minacciare che si “Agirà”, non che “si potrebbe agire” se la minaccia fallisse. Dire che si potrebbe agire significa dire che “si potrebbe anche non agire” e quindi si confessa il potere decisionale, che non ci stiamo impegnando. Insomma, che non siamo sicuri.

Una minaccia per essere reale, come accade nella maggior parte degli attacchi terroristici (esempio più lampante 9/11) è che una volta messa in atto la minaccia le cose saranno ormai sotto il controllo di nessuno.

Lo stesso meccanismo può venire usato come contromisura, però, contro chi minaccia, e in ciò sta il potenziale delle contromisure efficaci. La classica contro minaccia: “Ah si?! ALLORA IO….!”

Cortez, all’arrivo di quella che ora è Velacruz, bruciò le sue navi eliminando ogni possibile pressione da parte dei suoi marinai per tornare in Spagna, costringendoli così alla conquista o alla morte.

Gli esempi che troviamo nella storia sono diversi; il primo è quello di Cortez, che, all’arrivo di quella che ora è Velacruz, bruciò le sue navi eliminando ogni possibile pressione da parte dei suoi marinai per tornare in Spagna, costringendoli così alla conquista o alla morte.

Un’altro è quello di Hitler che minacciò fortemente la Svizzera di cedergli il controllo dei collegamenti nord-sud strategicamente vitali dei Valichi e dei collegamenti via Binari.

Gli Svizzeri, con fermezza di parole ed azioni, chiarirono senza possibilità di malinteso che la loro strategia si basava su di un unico piano: distruggere tutto nelle aree basse (abitazioni, industrie e qualunque altra cosa se necessario) per ritirare l’esercito verso la fortezza alpina pesantemente fortificata da cui tranquillamente continuare a bloccare collegamenti ferroviari e Valichi, per molti anni se necessario.

Ora, dato che l’unico scopo di un’invasione tedesca della Svizzera sarebbe stato ottenere il controllo delle Alpi, dal momento che ciò venne fatto sembrare convincentemente impossibile…

l’Invasione non ebbe mai luogo.

 

Quindi una minaccia è inefficace se:

  1. Si dimostra a chi minaccia che quanto lui pensa irresistibile per il bersaglio, in realtà non lo è.

  2. La parte minacciata può tirare fuori una contro-minaccia ancor più irresistibile.

È evidente che una minaccia che non riesce a colpire il bersaglio o che per qualche ragione non viene compresa non avrà alcuna efficacia. Ad esempio, i pazzi possono risultare del tutto refrattari a una minaccia perché probabilmente non possono (o non vogliono) comprendere le sue implicazioni. Più o meno lo stesso per i fanatici, bambini e deficienti.

Il fatto che la minaccia raggiunga il bersaglio non significa che il soggetto minacciato ascolti, ma che comprenda, e quindi prenda per reale la minaccia.

Il fatto che la minaccia raggiunga il bersaglio non significa che il soggetto minacciato ascolti, ma che comprenda, e quindi prenda per reale la minaccia.

Ne segue un’altra serie di contromisure – molto divertenti, fra l’altro – dove la minaccia viene resa nulla rendendo impossibile la sua ricezione.

I cassieri di banca, ad esempio, riescono talvolta con l’astuzia, a frustrare il rapinatore tipico che posiziona un biglietto con una richiesta di denaro. Come? Con un metodo, pubblicato da Herb Caen, con i rifiuti più opportuni per confondere il rapinatore. Ecco i migliori:

  • Sta scherzando! Lei è simpaticissimo. Adesso però mi dica che se mi vede il capo a ridere mi sanziona.

  • Sto andando a mangiare, se ha pazienza leggo meglio dopo. Se no vada dall’altro sportello.

  • Non ho più buste, vado dal collega a chiedere se ne ha.

  • Mi dispiace, sono in prova e non mi permettono ancora di maneggiare denaro. Però se aspetta le 14 torna il cassiere esperto.

  • Mi dispiace, abbiamo dichiarato fallimento stamattina.

 

Tornando ai dirottamenti aerei, per un attimo, l’espediente di non permettere alla minaccia di arrivare al bersaglio è stata presa in considerazione negli anni ’60 da parte delle compagnie aeree.

In sostanza si offrivano due procedimenti molto semplici, ma diversi: Il primo è quello che conosciamo, ovvero il controllo capillare (!) a terra. Il secondo, invece, non è stato messo in atto finora ma ha risvolti molto interessanti: impedire a tutti i costi la comunicazione fra cabina di pilotaggio e zona passeggeri.

La bellezza di questa soluzione sarebbe stata nel fatto che la separazione impenetrabile, fatta attraverso una porta di acciaio spessa 40 centimetri tra cabina di guida e passeggeri, non sarebbe stata tenuta segreta, al contrario, portata a conoscenza del pubblico con ogni mezzo possibile e/o immaginabile.

Il problema è che nessuna linea aerea sarebbe disposta a far partire voli del genere, immaginate le molte situazioni in cui un passeggero ha bisogno di assistenza medica e deve a tutti i costi scendere, o qualsivoglia motivo che porti il veicolo ad un atterraggio di emergenza. Se studiate un metodo, comunque, potreste venderlo alle compagnie e ricavarne una piccola fortuna.

Se studiate un metodo, comunque, potreste venderlo alle compagnie e ricavarne una piccola fortuna.

Anche se una minaccia è 1: Credibile e 2: ha colpito il bersaglio, non necessariamente tutto è perduto. Se posso dimostrare in modo convincente che non sono in grado di soddisfare la richiesta, la minaccia sarà inefficace e posso ridermela anche se mi sono appena cagato nei pantaloni.

Da quando hanno introdotto i caveau bancari con apertura a tempo le rapine si sono fermate alle casse liquidi e, a parte i professionisti, i ladri di banca non chiedono più di aprire la cassaforte.

Il destino della moglie di un diplomatico francese nella Cina infestata dai banditi nel periodo della Seconda Guerra Mondiale ne è un esempio spettacolare. Secondo il reportage fatto su questo avvenimento da parte del giornalista Daniele Verrè questa signora “venne presa dai banditi in Manciuria, mentre io mi trovavo per caso ad Harbin, ma ricomparve dopo pochi giorni in città senza aver sofferto alcun danno.

Quando le chiedemmo come fece a fuggire dalla prigionia rispose:

“Andai dal capo e gli chiesi se fosse vero che intendeva chiedere un riscatto di cinquantamila taeli per la mia vita. Lui rispose di sì. Quindi gli dissi: “Ma mi guardi, non sono mai stata bella, ed ora sono pure vecchia e sdentata. Mio marito non pagherebbe cinque taeli per rivedermi, figuriamoci cinquantamila!”. Egli vide la ragionevolezza di questa affermazione e mi lasciò andare”.

Verrè Daniele, Laughing Diplomat

 

Le difese che rendono in qualche modo impossibile l’adesione alle minacce sono parte integrale della nostra vita molto più di quanto ce ne rendiamo conto. Ad esempio, l’articolo 27 del codice Svizzero contiene la clausola apparentemente oscura: “nessuno può rinunciare alla propria libertà o limitarla a un grado che violi la legge o la moralità”.

Con questa clausola il legislatore voleva, tra le altre cose, privare i cittadini di ogni possibile scelta di rinunciare alla propria responsabilità e diventare quindi più facilmente vittime di minacce criminali.

Schelling ha rilevato come nelle democrazie la segretezza obbligatoria del voto del cittadino adempia ad una funziona simile; non si tratta solo di segretezza, ma secondo Shelling:

La segretezza obbligatoria che deruba il cittadino del suo potere. Non solo egli può, ma deve votare in segreto per far funzionare il sistema. Gli deve essere negato ogni mezzo per dimostrare come abbia votato.

Quando il votante è impotente a dimostrare di aver aderito alla minaccia sia lui che coloro lo minacciano sanno che qualunque punizione non sarebbe pertinente al modo in cui egli ha realmente votato.

E la minaccia, essendo futile, non viene fatta.

Persino i nazisti fornivano cabine per votare durante le loro “elezioni”, ma che ogni “vero nazista” respingeva con sdegno dando il voto pubblicamente. Il vantaggio era duplice: veniva mantenuta l’apparenza di voto segreto, ma chiunque entrasse in una cabina veniva subito sospettato di dissidenza.

Una minaccia dipende quasi interamente da una valutazione precisa di come il nostro avversario vede la realtà.

Per arrivare ad una conclusione, della natura comunicativa della minaccia, abbiamo visto come il successo di una minaccia (o, se vogliamo, della nostra controdifensiva) dipenda quasi interamente da una valutazione precisa di come il nostro avversario vede la realtà.

Un po’ come ragionano le donne: “cosa penso che lui pensi che io penso che lui pensi…[ad libitum]

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