Hollywood, la macchina dei sogni! Hollywood quel magico mondo di meraviglie ma, al tempo stesso, di dure illusioni. Si dice che non tutto ciò che è oro luccica, e infatti i fratelli Coen hanno colto bene questo detto trasformandolo in un vero e proprio film con Ave, Cesare!, omaggio e critica nei confronti dell’âge d’or hollywoodiana.

Gli Oscar sono terminati da pochissimi giorni, eppure l’aria è ancora febbricitante per i vincitori, e fan, della tanto agognata e prestigiosa statuetta d’oro.

Scommetto che avete ancora le occhiaie e l’hangover da caffè o, peggio, da schifezze varie per sopravvivere alla notte delle stelle più importante dell’anno (ma anche più lunga). Questi sono gli effetti, tra le tante emozioni, soddisfazioni e delusioni, che sforna Hollywood, la quale si sarà già messa in marcia, abbandonando i tacchi alti e i vestiti di alta moda, per poter ricominciare con la sua produzione frenetica di pellicole.

Peccato che quelli che erano i grandi film dell’era più scintillante dell’industria hollywoodiana, possiamo solo sognarceli o, al massimo, rivederli in qualche vecchia VHS o restaurazione in DVD o Blu-ray. Quanti di voi vorrebbero rivedere diligenze correre all’impazzata tra le dune della Monumental Valley in un western alla John Ford oppure i lunghi sguardi emblematici di Humphrey Bogart e la lunga scia della sua sigaretta, o ancora l’ironia politica dei film del tedesco trapianto ad Hollywood Billy Wilder?

Ave, Cesare! non sarà quel ritorno alle origini, ma sicuramente è la dimostrazione di quanto quel periodo, tra i suoi alti e i suoi bassi, manchi a due incredibili cineasti del nostro tempo come gli incredibili fratelli Joel e Ethan Coen.

Ave, Cesare!, in prossima uscita il 10 Marzo, nel suo tipico racconto grottesco, critico e ironico, è un quadro perfetto di una Hollywood anni ’50, della sua inarrestabile battaglia contro il grande “nemico”, la televisione; la Hollywood della star non ancora umanizzate ma rese dei veri e propri astri irraggiungibili e quasi divini; la Hollywood della grandi major e già fortemente sfinita dall’interno a causa della paranoia del nemico comunista e del patriottismo.

 

Hollywood

 

La pellicola celebra indubbiamente l’industria dei sogni, ma non può trattenersi, attraverso il costante gioco “dietro le quinte”, dal rivelare anche i meccanismi meno nobili degli affari cinematografici durante gli anni di maggior successo, appunto gli anni oro.

Possiamo definire, così come ce la mostrano anche i Coen, la Hollywood anni ’50 come una macchina rodata e condotta dai boss degli studios come piccoli feudi, con un controllo, a volte invadente, sugli aspetti sia privati che professionali – spesso costruiti a tavolino – delle loro star.

Ma l’età dell’oro non sono solo gli anni ’50.

Ma l’età dell’oro non sono solo gli anni ’50. Il processo di “classicizzazione” della macchina hollywoodiana parte ben vent’anni prima, segnato dal passaggio dai film del muto di Charlie Chaplin e Buston Keaton, al sonoro. Più che il sonoro vero e proprio, ciò che dà davvero inizio all’era del cinema classico, andato poi a braccetto con il periodo più florido per Hollywood, è il bisogno di dare un senso alla narrazione; anzi, di dare allo spettatore delle vere e proprie storie in cui immergersi e non più le fantasmagorie dei giochi di luce e ombra.

 

 

 

Il Cinema Classico

Il Classico inizia a fissare delle regole, delle norme, per portare ordine e linearità all’interno del cinema. A partire dalla sceneggiatura fino ad arrivare al montaggio, le storie del cinema iniziano a seguire processi sempre più complessi e analitici a favore di una narrazione continua e più che mai essenziale per la storia.

Ogni scena, la quale doveva essere girata con una precisa e ideale angolazione, tenendo presente la scala dei campi – cioè le varie proporzioni in cui la macchina da presa era capace di segmentare lo spazio dell’immagine -, doveva dare origine a un’altra scena, quasi anticipandola.

 

Hollywood

Gone with the Wind, Victor Fleming, 1939

 

La narrazione doveva seguire una data temporalità e non lasciare mai nulla al caso. Lo stesso, ovviamente, valeva per il montaggio; infatti, proprio in quel periodo, si parla di montaggio invisibile (decoupage) il quale compito era quello di legare, in modo omogeneo, ogni singolo quadro affinché ogni traccia della messa in scena sia resa invisibile.

Si assiste alla nascita, per la prima volta, della grammatica del cinema.

Grammatica non solo seguita dagli addetti ai lavori, ma anche dagli spettatori stessi che impararono a destreggiarsi tra le varie regole, e a comprendere l’uso simbolico, per esempio, di una dissolvenza piuttosto che un taglio.

Lo spettatore viene posto, per la prima volta, “al centro della storia”, in quanto i personaggi portati sullo schermo devono essere costruiti sulla figura dello spettatore, affinché esso possa provare contrastanti sentimenti, dall’empatia all’odio.

 

Hollywood

Bringing Up Baby (Susanna), Howard Hawks, 1938

 

Il processo, ovviamente, non interessò solamente il punto di vista tecnico del fare un film, ma anche, o forse sarebbe più opportuno dire soprattutto, tutta la sua parte di incubazione, ovvero la produzione e distribuzione. E qui entriamo nella parte più spinosa di questo quadro dove, come in qualsiasi macchina industriale, la forza matrice è il denaro.

Una forte scossa all”interno del suo contesto storico-sociale.

La nascita del cinema classico non è dovuta solo all’esigenza di una linearità e regolamentazione delle basi del film, ma anche da una forte scossa all’interno del suo contesto storico-sociale, ovvero la crisi finanziaria del 1929 con annesso crollo della Borsa, e il New Deal – il piano di riforme economiche e sociali, tra il 1933 e 1937, promosso dal presidente Franklin Roosevelt per risollevare gli USA dalla grave depressione che li aveva colpiti.

In questo senso il cinema, con il suo avvento del sonoro, fu più che mai fondamentale. Obiettivo principale fu, infatti, quello di creare un genere, così come una tecnica, accessibile a tutti, privo di tutte quelle problematiche legate alla realtà. Una fuga vera e propria dai gravi problemi della vita. Inutile dire che il genere che subito presenta questo tipo di caratteristiche è la commedia, la quale svolge il duplice ruolo di criticare e, al tempo stesso, ironizzare.

 

Hollywood

The Seven Year Itch (Quando la moglie è in vacanza), Billy Wilder, 1952

 

Nasce così il famoso happy ending, con la vincita del bene sul male; la stigmatizzazione di qualsiasi comportamento immorale e criminale; il patriottismo e anche elementi di una data giustizia ideale, che richiamano all’eroismo e al sacrificio per la patria.

In Ave, Cesare! i Coen omaggiano esattamente questo genere, con le stesse caratteristiche proposte dal cinema classico narrativo hollywoodiano, in questo caso per criticare anche gli aspetti più negativi legati all’industria.

 

 

Lo Studio System

Si andò creando lo Studio System – base del cinema classico assieme allo Star System, il Codice Hays e la strutturazione in generi – che diede a quasi tutti i film un’impronta collettiva. Ogni casa di produzione iniziò a controllare le sale di proiezione così da poter scoprire a che tipo di pubblico rivolgersi.

 

Hollywood

 

È l’era delle Major Companies  che, nel periodo classico, erano le cosiddette Big Five (Paramount, MGM, 20Th Century Fox, Warner Bros. e RKO) e le Little Three (United Artists, Universal Pictures, Columbia). A queste se ne aggiungerà una sesta, un anomalo studio specializzato unicamente nei film d’animazione, la Walt Disney.

A differenziare le “maggiori” dalle “minori” è proprio il possedimento delle sale cinematografiche le quali, però, saranno costrette a chiudere con la successiva crisi a cavallo dei ’50.

Il sistema della Major era oligopolistico – poche potenze su un unico mercato – con qualche piccolo spazio “riservato” alle case di produzione indipendenti specializzate unicamente in film low budget, o quasi. Il più grande producer hollywoodiano fu David O. Selznik, proprietario di un proprio Studio, lo stesso che diede vita al film simbolo della Hollywood dorata: Gone with the Wind di Victor Fleming (1939).

Le piccole case di produzione indipendente potevano fare affidamento sul Block-booking, ovvero vendere i film per pacchetto, all’interno del quale poteva esserci anche un solo film famoso assieme ad altri meno riusciti.

 

Hollywood

Stagecoach (Ombre Rosse), John Ford, 1939

 

A questi piccoli studio si unirono anche i primi collettivi formati da gruppi di autori, attori o registi, per tutelare al meglio tutte le loro possibilità espressive all’interno di Hollywood. Tra questi, giusto per citarne alcuni, John Ford, Frank Capra, ma anche Alfred Hitchcock, maestro della suspense e della contaminazione di genere. Registi che hanno indubbiamente segnato più di chiunque altro questi anni, assieme a Orson Wells, Ernst Lubitch, Howard Hawks, Billy Wilder.

Le produzioni, come in tutti gli ambiti lavorativi, soprattutto se facciamo poi mente locale al periodo storico al quale si sta facendo riferimento, erano a loro volta regolamentate da un Codice di Produzione, ovvero il Codice Hays (dal repubblicano senatore William Harrinson Hays).

Semplicemente una censura bella e buona.

Semplicemente una censura bella e buona nei confronti di tutte le rappresentazioni di violenza e sesso. Tutte le sceneggiature, prima di far entrare la pellicola in lavorazione, dovevano appunto passare da un apposito ufficio che aveva il compito di esaminarle.

Tutto ciò venne fatto per evitare eventuali scontri con le istituzioni cattoliche e prevenire così di incorrere nel rischio di dover rinunciare alla distribuzione della pellicola, e perdere milioni e milioni di dollari. Il codice rimase ufficialmente attivo fino agli anni ’50, per poi essere definitivamente abrogato nei ’60.

 

 

 

Il Sistema dei Generi

Il genere è un altro elemento che contraddistingue molto il periodo dell’âge d’or di Hollywood, ma è un elemento che ha contraddistinto il cinema già dal primo decennio del Novencento.

Il genere è ciò che rende il film, più di ogni altro elemento, un prodotto mercificabile, quindi vendibile e dal quale ricavare un profitto. Il prodotto deve essere appetibile, e per essere tale deve rispondere a determinati criteri tra cui la sua identità, fondamentale quando vogliamo vendere qualcosa, soprattutto per permette di far individuare al potenziale compratore, in questo caso lo spettatore, una familiarità e riconoscibilità nel prodotto, e quindi un interesse, sfruttabile poi dal venditore per avviare il tipo di campagna da creare, per poter avere quanta più attenzione possibile.

Il sistema dei generi, intenso proprio da un punto di vista strettamente commerciale, si fonda su una fondamentale premessa economica: la formula della standardizzazione / differenziazione – una regola banale del marketing e della pubblicità – e cioè non sconvolgere troppo il consumatore, dargli sempre qualcosa di diverso ma al tempo stesso sempre uguale.

Il genere identifica un film, la sua storia, attraverso proprio quelli che sono i suoi elementi principali: intreccio, ambientazione e personaggi.

 

Hollywood

Casablanca, Michael Curtiz, 1942

 

Ognuno di questo avrà poi un tratto distintivo che, appunto, distinguerà una commedia da un western, un noir da un musical. Vedere Bogart indossare il suo immancabile trench con tanto di sigaretta ci fa immediatamente capire in che genere ci troviamo, così come Gene Kelley ballettare allegramente sotto la pioggia.

 

 

 

Star System

Il genere, a sua volta, da vita non solo all’identità del film ma anche dei suoi personaggi che, mai come in quegli anni, erano sempre identificati in un solito contesto; appunto, per esempio, Bogart nei noir. Questo, a sua volta, ha dato vita alla terza caratteristica principale della Hollywood ai suoi tempi d’oro: lo Star System, indispensabile per l’industrializzazione mondiale del cinema americano.

Lo Star System parte dal processo del divismo, ovvero quando l’informazione e la pubblicità contribuiscono a creare un’immagine di grande valore simbolico. Il volto dell’attore diventa il suo punto focale, oggetto da mostrare e soggetto con cui raccontare.

Lo Star System è indubbiamente uno degli elementi più presi in considerazione dal film Ave, Cesare! di Ethan e Joel Coen, a partire dalla star principale del film, Baird Whitlock (George Clooney), alla bellissima DeeAnna Moran (Scarlett Johansson), fino ai giovanissimi nastri nascenti, in questo caso un ancora acerbo Burt Gurney interpretato da Channing Tatum.

 

Hollywood

Marlene Dietrich

 

Nell’epoca d’oro di Hollywood il divo è sempre più legato a una vera e propria divinità lontana anni luce dai suoi spettatori, ma con lo scopo di farli sognare. Come detto prima, l’attore diventava di vera e propria proprietà degli Studios, a tal punto da doversi sottoporre a interventi chirurgici per diventare sempre più simili a quell’idea di modello che la produzione, e il film, avevano dato di lui.

Si inizia a parlare di vere e proprie icone del cinema

Si inizia a parlare di vere e proprie icone del cinema; negli anni ’30 legate alla seduzione e alla sensualità, come per esempio Rodolfo Valentino o la conturbante Marlene Dietrich.

Successivamente si diede spazio a un’idea di perfezione legata non solo all’immagine ma anche alla personalità e bravura. Gli attori dovevano essere prima di tutto versatili e soprattutto capaci di creare delle vere e proprie personalità all’interno delle quali identificarsi, come il bello e dannato alla James Dean o Marlon Brando, o la bella e svampita come Marilyn Monroe.

 

Hollywood

Marlon Brando

 

Da qui in poi lo sviluppo dell’attore porterà sempre più verso una mercificazione dell’aspetto e dell’ideale, portando quel sentimento di alienazione tipico della nostra società, ossessionata da modelli su modelli in continuo cambiamento.

 

 

Quando tutto ciò finisce?

Se fino a questo momento Hollywood ha vissuto sugli allori delle regole, dagli anni ’60 in poi è proprio la rottura di queste regole a far precipitare l’industria cinematografica hollywoodiana.

 

Hollywood

 

Sebbene la fabbrica dei sogni sia restia a mollare il suo monopolio e tenti di accattivarsi lo spettatore con l’industria degli spettacolari colossal tipo Ben Hur, di William Wyler (1959), o Spartacus, di Stanley Kubrick (1960), – esattamente come sottolineano con il loro Ave, Cesare! i Coen – inevitabile è dover lasciare il terreno ai “piccoli” movimenti artistici e più intellettuali di stampo europeo, ovvero la nouvelle vague di François Truffaut e Jean-Luc Godard, che daranno vita ai filoni vari del cinema europeo, tra indipendenza e autorialità.

 

 

Ave, Cesare! sarà nelle sale italiane dal 10 marzo, scopri tutto sul film nel nostro hub dedicato: leganerd.com/avecesare