A tutti, ogni tanto, capita di fantasticare sulla propria morte. Alcuni lo fanno di più, diventandone quasi ossessionati; altri evitano di pensarci in un vano tentativo di rimandare il più possibile l’ultimo respiro. Ci sono poi persone, come me, che hanno sempre saputo come sarebbe andata a finire.
Insomma, diamine, se c’era una cosa certa nella mia vita era proprio la mia morte. Non l’ho mai temuta, perché avrei dovuto? E’ parte integrante di tutte le nostre pidocchiose esistenze, come si può temere qualcosa di così sicuro e rappacificante?
Ahh, avevo già mente tutto nei minimi dettagli… io, un paio di bottiglie di roba buona (non la birra acida che mi tocca bere in questi tempi) e un coma etilico facile e rilassante. Magari vicino ad un fuoco caldo d’inverno, o nel mezzo di un campo, con un clima più mite. Niente di troppo ricercato eh, sono una persona semplice io.
Ero sicuro del mio inizio e della mia fine; tutto quello che è stato in mezzo… beh quello è sempre stato un bel rompicapo per me. Non sono mai stato bravo con la vita. Non ho mai avuto figli, mai stato sposato… ho un fratello, da qualche parte in Louisiana. Mi chiedo se sia vivo; chissà se pensa ancora a me, alla mamma, alla nostra infanzia… Oh beh, è troppo tardi per scoprirlo. Non sono mai stato in grado di tenermi un lavoro; non ne ho mai capito il senso. Io dovrei lavorare, spaccarmi la schiena per guadagnare quattro spiccioli che mi permetteranno di accumulare cose. Oggetti. No grazie, non ne vedo davvero il senso.
Credo che sia questo il motivo per cui la società mi ha sempre considerato un disadattato. All’inizio ero solo un barbone, un “senza dimora”… Alla gente piace etichettare, come se le persone fossero dei barattoli di conserva.
Poi si è aggiunto l’alcool. E quello sì che ti cambia l’esistenza.
E torniamo quindi ai miei piani riguardo alla mia morte; insomma, non che volessi suicidarmi, ma la mia era una fine abbastanza scontata. Mi andava bene morire di alcool, un buon finale.
E invece no, arriva uno stupido meteorite che incasina tutto!
Addio fuocherello, addio dolce coma, addio poesia. Finirò schiacciato…bruciato… o chissà come. Ecco la cosa che non sopporto di più di questa fine del mondo è proprio l’incertezza. Non si hanno notizie precise…. uno non può nemmeno organizzarsi per morire bene.
La fine del mondo. Già. Brutta storia eh? Dicono che gli scienziati, quelli sempre con il naso all’insù, sapessero da anni dell’arrivo del meteorite “AKF2489”, ma che la notizia non fosse divenuta pubblica fin da subito per” motivi di sicurezza”. Insomma, tanto vale vivere nell’ignoranza e godersi gli ultimi mesi sulla Terra invece che vivere nell’anarchia più totale. Non che a me sarebbe cambiato qualcosa. Beh, forse me la sarei passata meglio con qualche saccheggio ben eseguito. Ma ormai è tardi, la fine è qui: l’hanno annunciato due settimane fa. Io l’ho visto alla tv in un bar, mentre mi spendevo in Jack qualche dollaro elemosinato per strada. Mi sono arrabbiato, certo… insomma questo incasinava tutti i miei piani! Ma sembra che gli altri l’abbiano presa davvero, davvero male. La gente correva per strada nel panico più totale; ho visto uomini strapparsi i capelli, ragazze singhiozzare agli angoli delle vie.
Solo io trovo tutto questo agitarsi, arrabbiarsi, urlare al cielo totalmente insensato? Sì stiamo morendo, ma saremmo morti in ogni caso… In un modo un pochino più dignitoso, su questo non vi è alcun dubbio; ma la nostra sopravvivenza a lungo termine non è mai stata un’opzione.
Loro non hanno mai capito. Con le loro macchine spaziose, le bibite gasate e i maglioni griffati… hanno sempre pensato di essere immortali.
Poveracci, se la stanno passando davvero brutta ora che hanno compreso la terribile verità. Hanno sgobbato per accumulare cose, per affezionarvisi… ma alla fine, di fronte all’immensità della non- esistenza, tutto quanto appare per quello che è davvero: senza senso. Mi fanno pena.
Questa birra annacquata è per loro. Abbiamo avuto dei problemi in passato, ma ora è tutto a posto; ora siamo uguali di fronte alla morte.
Oh non che abbiano accettato la loro fine, figuriamoci! Si stanno nascondendo nei bunker, stanno scappando in luoghi impervi (solo perché qualche svitato afferma che là saranno al sicuro). La terra verrà spazzata via, l’unico luogo sicuro è a centinaia di anni luce di distanza… ma in fondo, ognuno ha anche il diritto di morire come diavolo gli pare.
Si dice che qualcuno sia davvero scappato nello spazio; forse è vero, forse l’umanità sopravvivrà a questa catastrofe.
E credo che questo sia il vero peccato.
Osservo ad occhi socchiusi AKF2489… incendia il cielo da giorni. La temperatura si è alzata, il vento è insopportabile e il sole non è neanche lontanamente brillante quanto il meteorite che si schianta sulla nostra atmosfera. Central Park non è un brutto posto dove morire. Il prato è soffice e le persone che hanno avuto la mia stessa idea sono silenziose; finalmente l’essere umano non ha niente da dire. La birra è fresca, anche se non è della migliore qualità; sono sbronzo da ore, spero di perdere presto i sensi.
Insomma, tutto considerato…poteva andarmi peggio.
Sdraiato supino osservo lo spettacolo finale del pianeta terra, il suo essere così piccolo e insignificante di fronte alla potenza di un intero universo.
È ok, va tutto bene. Non ho paura, sono in pace.
Diamine, mi manca solo il cielo della mia infanzia, il cielo azzurro. Ma va bene, va bene così. In fondo, morire sotto un cielo rosso fuoco è decisamente più poetico.
È una buona uscita di scena; un ultimo inchino per l’umanità e poi giù dal palcoscenico.
Abbiamo recitato bene la nostra parte, ma è giunta l’ora. Che cali il sipario.
Il padre di famiglia
La bibbia ci aveva avvertito.
Ormai nessuno può negare la verità della parola di Dio. L’Apocalisse è qui, sta per accadere.
Gloria a Dio nell’alto nei cieli!
No, non gioisco di fronte alla dimostrazione della potenza divina, anzi… ne sono terrorizzato! Mio Signore, sono solo una pecora del tuo gregge; tremo di fronte alla tua potenza. Ma diamine, capisco perché tu lo stia facendo! Oh lo so, il volere di Dio è oscuro per noi uomini, non voglio peccare di superbia; ma nessuno può negare che la terra fosse nelle mani delle forze infernali. Era persa da tempo, noi tutti avevamo perduto la retta via. Io per primo.
Nelle mie mani affusolate stringo il crocifisso che conservo dalla mia Santa Comunione; recito un altro Padre Nostro, non si sa mai.
Signore illumina il mio cammino in queste ore buie, permetti a me e alla mia famiglia di godere della tua salvezza, tu che vivi e regni nell’alto dei cieli. Amen.
Per anni sono stato denigrato per la mia fede. Ero l’unico bambino della mia classe a frequentare la messa, domenica dopo domenica, mentre i miei coetanei restavano a casa ad ingozzarsi di cereali e televisione. Io pregavo anche per loro. Ma i bambini possono essere molto crudeli: mi picchiavano e mi affibbiavano nomignoli osceni; li ho odiati a lungo, ma alla fine li ho dimenticati. Immagino che adesso non riderebbero più di Dio nostro Signore.
C’è stato un breve periodo della mia tarda infanzia in cui credevo che sarei diventato prete; poi, con l’adolescenza, ho compreso che il celibato per me sarebbe stato un grosso problema. Ho preso la decisione giusta; mi sono sposato a vent’ anni. Adesso ne ho trenta e sono padre di tre bambine… Avrei tanto voluto un futuro diverso per loro, una vita piena; non desideravo altro che vederle crescere, diventare donne, mogli e madri felici. La più grande ha solo nove anni…
Dio mio, perché devi prendere anche gli innocenti?
Forse questa è sempre stata la parte più dura della mia fede: se Dio è giusto e onnipotente, allora perché permette che gli uomini buoni soffrano? E in queste ultime due settimane, devo ammetterlo, me lo sono chiesto fin troppo.
Sono solo delle bambine…e devo spiegare loro che stiamo per morire. Dove dovrei trovare il coraggio per farlo, Signore? Dove?
Non dirò loro niente, non posso, non ci riesco. Sono anime innocenti e sono battezzate: saranno in paradiso prima ancora di avere paura o provare dolore. È scritto nel vangelo “lasciate che i bambini vengano a me”. Non devo avere paura, poiché loro è il regno dei cieli.
Per quanto riguarda la mia anima…
Perdonami padre nostro perché ho peccato. Santa vergine Maria, intercedi per me…
Mi dolgono le ginocchia da quanto ho pregato in questi ultimi giorni, mi sono confessato più volte… eppure mi sento sporco come non mai.
Sono terrorizzato.
Andrò all’inferno, e non c’è niente che io possa fare per cambiare il mio destino: chiedo solo misericordia. E prego che la mia famiglia non paghi per i miei peccati.
Ho tradito mia moglie. Più volte. Quando mi sono sposato non pensavo che la fedeltà coniugale si sarebbe rivelata un così grosso ostacolo… ho cercato di combattere questi miei istinti, ma mi sono reso conto che sopprimerli non faceva altro che rafforzarli. Andare con altre donne mi rendeva un marito migliore, un padre migliore.
Oh quello che ho fatto loro…
Ave Maria piena di grazia, il signore è con te…
Se ripenso a tutte quelle prostitute…
Rimorso? È quello che sento?
No, non è quello. Ho cercato per anni dentro di me dei segni di pentimento per le mie orribili azioni, ma non ne ho mai trovata traccia… Ma c’è qualcosa, lo sento. Forse, è solo lo scontro tra la mia fede e i miei istinti peggiori: è una guerra che imperversa da anni. Forse, per la prima volta in vita mia, sento che il mio lato cristiano ha finalmente prevalso; il terrore della dannazione eterna ha spazzato via qualsiasi altro pensiero dalla mia anima.
Ammetto di provare anche un briciolo di speranza. Eccolo lì, un piccolo germoglio che teme di dover davvero incontrare il sole, che cresce nell’ombra. Si nutre delle sante parole del vangelo, che parlano di redenzione e di perdono. I sacerdoti si sono ritirati per morire soli o sono fuggiti: non ho nessuno con cui confrontarmi. Beh, suppongo che il giudizio divino mi sarà presto chiaro.
Dovrebbe mancare poco all’impatto… questione di ore, al massimo un paio di giorni. Cerco di dare forza a mia moglie e alle mie bambine, ma ho sempre più spesso bisogno di stare solo, nel mio studio. Qui posso pregare in pace, cercare traccia di pentimento, meditare sulle mie azioni. Non mi rimane altro da fare, in fondo.
Angelo di Dio, che sei mio custode….
Non sono del tutto sincero con me stesso. Provo anche qualcosa di riprovevole, considerata la situazione… credo di essere in qualche modo trionfante: in fondo, l’ho fatta franca. Per lo meno di fronte alla giustizia terrena. Nessuno ha mai scoperto l’altro lato di me, tutti pensano che io sia un architetto di discreto successo, sposato e con figli; tutti per strada mi salutavano, mentre mi recavo a messa la Domenica mattina e il circolo del tennis mi accoglieva a braccia aperte ogni sabato. Una vita normale, noiosa. Nessuno ha mai sospettato i miei hobby notturni. E mai nessuno lo sospetterà.
Sì, provo una sorta di soddisfazione; anche un po’ di nostalgia delle mie nottate peccaminose.
E so che per questo, l’inferno mi attende. Che Dio abbia pietà di me.
Lo Scienziato
AKF2489.
Un nome così stupido e freddo per un meteorite che metterà fine alla Terra. Sta per spazzare via migliaia di anni di storia umana, di arte, di letteratura e di scoperte. Ci siamo affaticati per scendere dagli alberi e cominciare a distinguerci dagli altri primati; ci siamo fatti la guerra, abbiamo sviluppato la tecnologia, abbiamo sognato l’universo… ed ecco che in un attimo torneremo polvere, nulla. È stato tutto vano.
Quando smetteremo di esistere, il cosmo continuerà senza di noi? E se non vi fosse alcuna forma di vita senziente là fuori? Quale senso avrebbe questo ammasso pianeti, stelle e galassie?
È come il dilemma: “L’albero che cade nella foresta fa rumore anche se nessuno può sentirlo?”. L’universo esiste anche se nessuno può ammirarlo?
Io spero che vi sia qualcuno là fuori, vorrei che captasse i nostri segnali e che un giorno ricostruisse il nostro brillante passato; se non verremo dimenticati, allora ne sarà valsa la pena. Perché in fondo, è tutta una questione di riconoscimenti…giusto?
E io ne ho avuti, di riconoscimenti. Premi per le mie ricerche, medaglie, fondi, … Adesso mi sembrano così vuoti ed inutili; prima avevo un obiettivo, ora non mi rimane niente. Ora capisco… uno scienziato è destinato a morire solo ed insoddisfatto: ho risolto misteri, portato avanti splendidi studi, ma quante cose potevo ancora scoprire! Quanto bene potevo ancora fare… Ho amato così tanto il mio lavoro che mi ha riempito totalmente l’esistenza; ero sposato alla ricerca, affezionato al laboratorio. Ora che la scienza ha perso significato, pure io non ho più un senso.
Il nulla mi attende e non esiste qualcosa di più terrificante. Invidio chi ha la fede, chi sta morendo pieno di vane speranze. Io non credo a quelle idiozie; anche adesso che è giunta la fine, non posso proprio credere in paffuti cherubini che vigilano cancelli oro, nell’alto dei cieli. Siamo stati nulla per un’infinità di tempo…torneremo nulla. Non vedo altre opzioni.
Guardo la Beretta appoggiata sulla scrivania: apparteneva a mio padre. Quel vecchio bastardo mi ha lasciato in eredità migliaia di euro di debiti, orribili ricordi e una pistola; ho gioito quando è morto e per questo non mi sono minimamente sentito in colpa. Mi sono ovviamente anche incazzato quando ho scoperto dei debiti.
Ma la pistola… avrei dovuto venderla o buttarla e invece eccola qui, come se alla fine avessi voluto conservare un ricordo del mio vecchio.
Finalmente mio padre si rende utile, anche se anni dopo la sua dipartita.
È nera, opaca, più pesante di quel che sembri; è carica, ovviamente.
Non sono un idiota. So che lo schianto di AKF2489 non significherà morte immediata per tutti: per i sopravvissuti ci saranno le radiazioni, temperature mostruosamente elevate, sofferenza… sarà l’inferno in terra, non mi viene in mente un’immagine migliore. E io non voglio essere ancora vivo quando avverrà! Ho scoperto che la mia curiosità scientifica ha un limite, in fondo.
Nonostante sappia perfettamente che morirò a breve, in un modo o nell’altro, il mio istinto di sopravvivenza si fa ancora sentire: mi trema la mano. Ricontrollo che i proiettili siano al loro posto, rinfilo il caricatore con un secco clac e tiro verso di me il cane: è carica e pronta.
Non mi sento per niente in pace, sono arrabbiato per questa fine ingloriosa; ma non ho altra scelta, lo so. Devo farlo. Sento il sapore ferreo della pistola sulla mia lingua; mi viene da vomitare. Per fortuna non mangio da giorni.
Tutta la mia vita non ha avuto un minimo senso, nessuno saprà mai che sono esistito.
E allora, perché diamine sono venuto al mondo?
Alla fine, pensandoci bene, posso ancora incolpare quel mostro di mio padre… è quasi rassicurante. Addio, spero davvero che non vi sia niente dopo questa vita… è stato un esperimento decisamente fallimentare.
Bum.
Il Prodigio
Io sono la privilegiata, io sono il prodigio. Guardo la Terra dall’alto, attendo la sua imminente distruzione.
So per certo che avverrà tra tre ore e quindici minuti, ho fatto il calcolo personalmente.
L’umanità sopravvivrà… nonostante io faccia parte del ristretto gruppo di prescelti della missione “Hope”, il pensiero non mi esalta. Sarebbe stato meglio se ci fossimo tutto estinti così; in fondo non ci siamo mai molto impegnati per sopravvivere a lungo, siamo sempre stati ad un passo dall’autodistruzione.
Ho solo quattordici anni e sto dando l’ultimo addio al mio pianeta natale, a tutto ciò che ha sempre dato significato alla mia piccola esistenza; gli adulti mi hanno detto di fissarmi nella memoria questi attimi, poiché un giorno li racconterò alle nuove generazioni e diventeranno storia. Nessuno mi aveva avvertito che sarebbe stato così doloroso…
Sto piangendo, e non lo faccio spesso. Per me non è facile mettere a nudo i miei sentimenti; avere dei rapporti intimi con le persone è faticoso come scalare un’alta montagna. Ma mai come in questo momento ho desiderato un abbraccio… tutte le persone che sono rimaste laggiù, tutte quelle vite così incredibili, tutte le loro storie… mio dio, saranno cenere tra appena tre ore.
All’età di tre anni sapevo leggere, scrivere, fare somme. A sette anni ero in grado di competere nelle gare di matematica a livello collegiale e conoscevo già le basi della fisica. Ad otto anni i miei genitori mi portarono ad un colloquio; non mi dissero niente di specifico a riguardo, ma notai il loro nervosismo. Mi chiesero solo di dare il meglio di me stessa e di renderli fieri.Il colloquio era in realtà un test per entrare a far parte della missione “Hope”, che avrebbe permesso a duecento eletti di mettersi in salvo dalla fine del mondo. Solo i più intelligenti, i più brillanti sarebbero stati ammessi, nessun altro. Pochissime persone al mondo sapevano del meteorite in arrivo e l’hanno volutamente tenuto nascosto alla maggioranza: hanno scelto chi salvare e chi lasciar morire.
Ero una bambina prodigio, non ho faticato per passare il loro stupido test: sono stata una delle prime ad essere reclutata nel programma di preparazione alla vita nello spazio. Sono stata anche fortunata, entrambi i miei genitori sono ingegneri spaziali, mi è stato permesso di portarli con me… ad altri bimbi e ragazzi non è andata così bene.
Sono tutti così intelligenti su questa nave che si allontana dalla Terra… gli adulti sono tutti brillanti rappresentanti delle loro rispettive professioni, i bambini sono dei piccoli geni.
Sinceramente, aprirei un portellone e li farei tutti volare nello spazio infinito se questo potesse ridarmi indietro Sasha, la mia unica amica.
Era la mia vicina di casa, una ragazza di un paio d’anni più grande di me; aveva enormi occhi verdi, quel tipo di occhi in cui puoi scorgere l’infinito. La sua risata era così contagiosa… il suo sorriso aveva sempre una sfumatura un po’ enigmatica, come se stesse escogitando uno scherzo o pensando ad una delle sue storie. Ma soprattutto, era l’unica persona al mondo che mi capiva davvero.
Sasha sapeva quando abbracciarmi e quando no, sapeva come attirare la mia attenzione; mi raccontava storie da lei inventate, mi spiegava tutto ciò che non capivo delle relazioni umane, mi proteggeva dai bulli a scuola.
Era la mia famiglia, e non mi hanno permesso di salvarla. Adesso si trova ad anni luce di distanza da me e sta per morire… la rabbia e il dolore non sono mai bruciati così intensamente dentro di me come in questo momento.
Gli adulti si sbagliano, non racconterei mai alle nuove generazioni gli ultimi attimi di vita della Terra, bensì racconterei loro delle persone che abbiamo lasciato indietro: racconterei loro di Sasha. Descriverei i tramonti, la brina sui prati, la sensazione del sale sulla pelle scottata dal sole dopo un bagno in mare. Farei capire loro che il mondo era pieno di persone diverse tra loro, anche opposte, e che spesso litigavano e si facevano la guerra; ma a volte, inaspettatamente e inspiegabilmente, andavano d’accordo, collaboravano, si innamoravano. Direi loro che non è necessario essere intelligenti per essere delle persone favolose; non me ne faccio niente del mio genio senza la mia Terra sotto i piedi, senza Sasha al mio fianco.
Mamma e papà non fanno altro che ripetermi banalità del tipo: “Siamo il meglio della razza umana”, siamo “l’unica speranza”. Io invece penso che non siamo proprio meglio di nessuno, neanche del peggiore degli assassini: siamo la vergogna dell’umanità, siamo l’esempio più chiaro della nostra tracotante superbia.
Sulla nave vigono regole ferree: le religioni sono vietate, la procreazione è limitata e ognuno ha dei ruoli precisi. Un unico scopo ci spingerà sempre più avanti tra le stelle: trovare una nuova casa. È vietato mettere in dubbio la missione, pena l’espulsione, ovvero la morte. Le emozioni vanno controllate, pena l’isolamento. Le relazioni vanno comunicate al Consiglio Presidenziale affinché vengano approvate. Dobbiamo essere tutti identici, dobbiamo obbedire, dobbiamo guardare al futuro, pensare al miglioramento dell’essere umano.
Sarò sincera, per me è semplice vivere qui: tutto è chiaro e lineare e posso mettere davvero alla prova le mie abilità; ma non basta. La vita prima era… beh, era viva! Questa è una copia, un’illusione… ma nessuno sembra rendersene conto.
La Terra è lontana, ma ancora distinguibile; osservo i suoi ultimi minuti da uno degli oblò della nave che ci sta lentamente trascinando nello spazio aperto. Non ho potuto avvisare Sasha del meteorite in arrivo, hanno minacciato di uccidere i miei genitori se avessi rivelato a chiunque la verità… ma sono riuscita a dirle addio. Le ho detto che sarei partita per un lungo viaggio, ma che sarei tornata da lei nel giro di un paio di mesi. Alla fine non ce l’ho fatta, sono scoppiata a piangere; lei, sorpresa, non ha fatto altro che consolarmi e dirmi:
<<Coraggio piccola, un paio di mesi cosa saranno mai? Non è la fine del mondo…>>.
E poi mi ha sorriso… in quel preciso istante ho capito che l’umanità, anzi, la “nuova umanità”, non meritava di sopravvivere. Non a questo prezzo, non lasciando indietro chi meritava davvero di andare avanti.
Tutti dicono “E’ dura, ma dobbiamo continuare in nome di chi presto morirà”, e cavolate del genere… ma quanto si sbagliano! Perché sono l’unica a vede oltre queste bugie? Loro, così intelligenti e così strafottenti, non riescono a capire che in realtà siamo già tutti morti. E in ogni caso, nemmeno ce la meriteremmo una seconda possibilità.
Io so quel che va’ fatto… Aspetterò il momento giusto, seguirò le loro stupide regole, mi confonderò nella folla. Studierò, fingerò di amare la missione, ma in realtà penserò solamente al mio nuovo scopo di vita: mi impegnerò con tutta me stessa per far sì che l’essere umano si estingua definitivamente.Io sono il prodigio, solo io posso farcela.
Non lascerò che questa fredda copia dell’essere umano pretenda di essere la rappresentante delle vere persone che abbiamo lasciato morire tra atroci dolori. Finirò il lavoro che il meteorite AKF2489 ha cominciato, dovessi metterci anni o addirittura una vita intera.
Per te, Sasha, e per tutti quelli rimasti indietro. Presto saremo di nuovo insieme.