Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate

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E così, dopo due lunghi anni, siamo giunti al termine della seconda trilogia tolkeniana. Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate è senza dubbio il miglior film del trittico dedicato al prequel del Signore degli Anelli, ma come gli altri due soffre di non pochi problemi.

D’altronde, adattare su tre film un libercolo breve e non troppo denso di eventi come Lo Hobbit porta inevitabilmente a inserire momenti di cui si avrebbe fatto volentieri a meno o ad allungare il brodo per raggiungere il minutaggio richiesto.

Se ricordate bene, inizialmente Lo Hobbit avrebbe dovuto limitarsi a essere una semplice coppia di film, ma per ragioni commerciali, dopo la fine delle riprese, si è deciso di espandere il tutto e rendere l’opera una nuova trilogia, con tutti i pro, ma soprattutto i contro, del caso.

Per ragioni commerciali, dopo la fine delle riprese, si è deciso di espandere il tutto e rendere l’opera una nuova trilogia.

La Battaglia delle Cinque Armate comincia esattamente dove era terminato La Desolazione di Smaug, con il gigantesco e spaventoso drago pronto ad attaccare la cittadina di Pontelagolungo. Una sequenza iniziale davvero spettacolare, che mette in moto la trama (piuttosto esile a dire il vero) per portare alla vicenda che dà il titolo al film e che ne occupa quasi completamente la seconda parte.

 

 

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Questo terzo film è migliore degli altri due per diversi motivi.

Come detto all’inizio, questo terzo film è migliore degli altri due per diversi motivi: è il più corto, con i suoi 144 minuti di durata titoli inclusi, cosa che lo rende frenetico e privo di momenti morti ed è quello che, proprio per questo motivo, non si perde troppo in inutili allungamenti di brodo prima di giungere al dunque, cosa che invece non accadeva nei suoi predecessori.

Si nota che alcune cose sono state sacrificate (un esempio su tutti, il mutaforma Beorn), ma ci penserà la classica Extended Edition a sistemare tutto.

 

 

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Si nota che alcune cose sono state sacrificate (un esempio su tutti, il mutaforma Beorn), ma ci penserà la classica Extended Edition a sistemare tutto.

Il problema di molte delle sequenze di battaglia, per quanto piuttosto belle da vedere, soffrono dell’effetto “cutscene da videogioco”, ancora più evidente dopo che Shadow of Mordor ha dimostrato il livello qualitativo che si può raggiungere in un videogioco ambientato nella Terra di Mezzo.

Jackson ha fatto tesoro delle critiche che gli erano state mosse sia per Le Due Torri che per Il Ritorno del Re e la sua gestione della macchina da presa nelle sequenze corali è decisamente migliorata, ma l’abuso di CG, per quanto ben diretta, non gioca del tutto a loro favore.

 

 

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La Battaglia delle Cinque Armate è stato anche il primo film che ho visto in HFR 3D

La Battaglia delle Cinque Armate è stato anche il primo film che ho visto in HFR 3D. Questo sistema di visione e le riprese a 48 fps, nonostante a quanto mi dicano sia migliorato parecchio nel corso di quest’ultimo paio d’anni, continua a dimostrarsi un’arma a doppio taglio (i precedenti Hobbit non li avevo visti in sala, ma a casa).

Nelle sequenze in cui è la CG a farla da padrona, cioè la maggioranza, la qualità visiva è eccezionale e anche il 3D è spettacolare come in poche altre occasioni. Sono invece le scene meno movimentate, quelle in cui viene dato maggior spazio agli attori e ai set a soffrire molto, con un effetto stile soap opera tedesca davvero fastidioso (se non conoscete l’HFR 3D, buona parte della sequenza iniziale di Pontelagolungo vi porterà metaforicamente a tirare fuori i forconi nei confronti di Peter Jackson).

Nelle sequenze in cui è la CG a farla da padrona, cioè la maggioranza, la qualità visiva è eccezionale e anche il 3D è spettacolare come in poche altre occasioni.

 

 

Le avventure nella Terra di Mezzo sembrano essere giunte alla fine.

Con questo terzo Hobbit, le avventure nella Terra di Mezzo sembrano essere giunte alla fine, almeno fino a quando qualcuno non deciderà di mettere mano a un reboot.

Sono passati 15 anni da quando il regista neozelandese ha cominciato a girare La Compagnia dell’Anello e il sistema cinematografico ha subito almeno un paio di cambiamenti epocali.

Lo stesso Hobbit ha avuto una genesi molto travagliata, visto che come molti di voi sanno, doveva essere Guillermo Del Toro a occuparsene (e forse, in quel caso, avremmo avuto un prodotto decisamente migliore).

 

 

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E anche identificare il colpevole di questa debacle, ahimé, non è affatto impresa facile.

Ragioni commerciali e di botteghino hanno portato questa nuova bi-trilogia a strizzare molto più l’occhio al grande pubblico, con innesti totalmente inventati (vedi alla voce Tauriel) che non ai fan tolkeniani.

Per quanto la trilogia del Signore degli Anelli si sia presa delle licenze di un certo tipo, ma che sono comunque alla base di un qualsiasi adattamento da libro a film, alla fine della fiera risultava essere un prodotto in grado di accontentare tutti, cosa che invece non si può purtroppo dire di Lo Hobbit.

E anche identificare il colpevole di questa debacle, ahimé, non è affatto impresa facile.

 

 

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