The Strain, ultima creatura di Guillermo Del Toro giunge, tra alti e bassi, alla fine della prima stagione. È meritato vederla o è stato uno spreco di tempo?
Ideata da Guillermo del Toro e Chuck Hogan, e basata sulla trilogia di romanzi scritta dagli stessi (vedi a fondo articolo), The Strain sembra essere fatta apposta per la televisione.
Tanti personaggi e altrettante sottotrame fanno da protagoniste per l’intera stagione, ma se da una parte un Game of Thrones fa di questo fatto un punto di forza, The Strain non riesce mai a sfruttarlo a dovere.
La trama di partenza è quanto di più banale possa esistere. Un aereo atterra a New York con tutti i passeggeri a bordo morti. La squadra di epidemiologi guidata da Ephraim Goodweather viene chiamata per investigare.
Ovviamente il virus che si trovano davanti non è un virus normale e ben presto si trovano a doversi occupare di un’invasione di vampiri. Seguiamo inoltre le vicende di una serie di personaggi, più o meno importanti, che si trovano faccia a faccia con questi vampiri.
Tutti questi personaggi però, compreso i protagonisti, sono anonimi o irritanti, oltre ad essere uguali ad altri centinaia di personaggi apparsi negli ultimi anni nelle serie tv.
Guardando la serie si ha una sensazione di déjà vu costante. Oltre ai rimandi a praticamente tutti gli altri film di Del Toro (dal vecchio restauratore di Cronos ai vampiri di Blade 2), possiamo assistere a una serie di eventi prevedibili per chi è avvezzo alle serie televisive, e altri totalmente senza alcun senso logico, ma messi solo per far avanzare la trama verso un determinato punto.
Tutti questi elementi portano ad una noia costante e ad un senso d’incompletezza alla fine di ogni puntata.
Quindi cosa mi ha portato a vedere tutta la stagione e a non fermarsi alla seconda puntata?
Il nome Del Toro ha sicuramente aiutato a farmi guardare tutte e 13 le puntate.
Chi conosce il regista sa che il suo maggiore punto di forza è il saper creare un universo credibile in ogni sua sfaccettatura, spesso con trame semplici e per niente originali.
Guardando Hellboy o Pacific Rim non si può fare a meno di notare cose senza alcuna logica ma che nell’economia del film hanno totalmente senso.
Questo per dire che abbiamo imparato che a Del Toro va dato il tempo necessario, (forse più di altri registi) ma soprattutto tanta fiducia. Credo che la prima puntata sia l’emblema di tutto quello che ho detto.
Regia e fotografia impeccabile e tantissimi buoni propositi; non a caso è stata curata direttamente dal nostro Guillermo.
Già dalla puntata successiva però si comincia a notare qualcosa che non va.
L’effetto che i vampiri siano una scusa solo per mostrare le vicende familiari dei protagonisti è dietro l’angolo, e Terra Nova è lì che si sfrega le mani felice di avere un nuovo compagno. Per fortuna questo non accade. +1 a fiducia per The Strain.
Ok, trama prevedibile, personaggi caratterizzati come delle Barbie e un senso d’incompletezza… quindi cosa rimane?
La figaggine. La serie è figa. Dalla puntata 8 (consigli a tutti di arrivare a questa puntata e se non vi dice niente potete smettere di guardarle la serie) s’intuisce il vero motivo dell’esistenza di The Strain.
Vedere vampiri-zombie che uccidono persone e le persone uccidere vampiri-zombie in tutte le maniere possibili. Da una sparachiodi d’argento a una spada nascosta in un bastone, non c’è alcun limite, l’importante è farli fuori, e anche in fretta.
Accettato questo, si riesce a sorvolare su buchi di trama e reazioni incomprensibili dei personaggi, anzi diventano una parte fondamentale della serie e quando non ci sono, quasi ti mancano.
Cominci ad apprezzare quelle piccole cose che ti fanno dire “wow, che figata” o ti creano una smorfia di “ma perché?” sulla faccia. La sensazione di assistere a qualcosa che non porta a niente però è sempre sulla nostra spalla.
Puntate e puntate di niente mascherato da qualcosa, personaggi che vengono aggiunti a serie inoltrata e che non hanno motivo di essere là se non per raggiungere il minutaggio di 40 minuti.
È pesante guardare una serie cui credevi particolarmente vederla cadere nel baratro del trash. Ma una volta che lo hai accettato, la strada è tutta in discesa.
The Strain se la cava benissimo e spicca nel panorama trash della tv americana, che negli ultimi anni è stato fin troppo dominato da fiabe rimodellate e detective incapaci. Il tutto farcito da un ottimo comparto tecnico.
Tutte le puntate hanno un’ottima regia, con alcune idee “nuove” apprezzabili. La fotografia notturna è praticamente perfetta dominata da toni caldi che rendono il tutto più inquietante. La recitazione è in generale buona, assolutamente non eccelsa, ma, per quel che è la serie, più che sufficiente (con alcune ovvie eccezioni). Ma a fare da padrone è sicuramente il trucco.
Questi nuovi vampiri, o meglio strigoi, sono la parte più riuscita della serie.
Credibili nella loro incredibilità, Del Toro è riuscito a ricreare il mito classico del vampiro, tralasciando, almeno per ora, le parti ridicole (aglio, croci e acqua santa), e aggiungendone altre per rendere il tutto più nuovo e inquietante.
La lunga lingua-arpione degli strigoi è la novità più bella, paurosa al punto giusto e motivo della maggior parte delle esaltazioni degli spettatori ogni volta che è estratta. Il trucco del Master, infine, ha creato diverse discordanze. C’è chi lo ritiene un trucco ridicolo da cartone animato e chi, come me, lo ritiene riuscito nella sua bruttezza e cartonosità.
In un’epoca in cui si è dimenticato cosa rappresentava veramente un vampiro, vedere una serie che coraggiosamente riesuma la figura del vampiro cacciatore assetato di sangue è un piacere che chi era abituato a Bram Stoker, e alla sua figura classica, non può fare a meno di apprezzare.
Gli strigoi sono i veri protagonisti e la serie lo sa. The Strain funziona quando gli umani si mettono a ucciderli e a inseguirli, cade nel baratro del “mah” quando iniziano a parlare tra di loro.
Smettete di parlare e uccidete qualche strigoi!!
The Strain è come una dinamite con la miccia estremamente lunga e che si spegne in continuazione. La vedi e capisci che potenzialmente potrebbe esplodere e fare un sacco di rumore, ma più che il tempo passa e i vari ostacoli si mettono in mezzo, realizzi che dal candelotto probabilmente uscirà un bandierina con su scritto “Bang!”.
Non che questo sia un problema; The Strain sa di non essere una serie tv che va presa sul serio e gioca costantemente su questo fatto, scelta apprezzabile in un palinsesto televisivo dominato da serie trash mascherate da “no, ma è una cosa seria”.
C’è da dire che ha trovato molta fortuna anche dal periodo in cui è stata messa in onda. Ho la sensazione che se fosse stata inserita nel palinsesto invernale nessuno se la sarebbe guardata, ma in un periodo di vuoto televisivo un The Strain è una manna dal cielo.
Ma quindi merita guardarlo oppure no?
L’unica cosa che posso dirvi è fate voi.
Non è una serie da Emmy, non potete aspettarvi grandi interpretazioni o decapitazioni improvvise di personaggi principali. Ma nella cerchia di serie brutte ma divertenti, questa spicca sicuramente.
Una volta accettato tutto questo, The Strain diventa godibile e apprezzabile, una serie da guardare con gli amici sul divano con una bella ciotola di popcorn.
Se avete già visto tutto il vedibile, The Strain è una buona aggiunta. Se dovete scegliere tra guardare Breaking Bad o The Strain, potete benissimo farne a meno.
I Libri
Questa serie è tratta dalla trilogia di romanzi scritta da Del Toro e Hogan e uscita nel 2010 in Italia per Mondadori.
Il primo volume è “La Progenie“, il secondo “La Caduta” (2011) e il terzo “Notte Eterna” (2012).
- The Strain (amazon.it)
- The Strain (metacritic.com)
- The Strain (rottentomatoes.com)
- The Strain (movieplayer.it)