Queste son di quelle difficoltà che derivano dal discorrer che noi facciamo col nostro intelletto finito intorno a gl’infiniti, dandogli quelli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate; il che penso sia inconveniente…

Galielo Galilei

 

Partiamo dai soliti greci

Agli antichi greci l’idea di infinito non è mai piaciuta un granché, anzi ne erano un po’ spaventati. Quando c’era di mezzo l’infinito saltavano fuori paradossi come quello di Achille e la tartaruga, che oggi sappiamo risolvere solo grazie alla teoria dei limiti.

Tuttavia fecero uso del concetto di infinito per giungere a risultati significativi come ad esempio il fatto che piramidi di ugual base e altezza abbiano lo stesso volume, scoperta che Archimede (287 – 212 a.C.) attribuisce a Democrito (470 – 370 a.C) e che indichiamo con *.

Infatti i triangoli-loro sezioni parallele alla base hanno aree uguali, essendo entrambi rimpicciolimenti della base comune fatti nella stessa scala.

piramid

Ma ricorrere agli infiniti triangoli-sezioni non era considerato dai greci una dimostrazione di *, quanto piuttosto un procedimento euristico (dal greco heurìsken “trovare”, “scoprire”). In una dimostrazione deve essere evidente che il risultato ottenuto non può non essere quello (deve necessariamente essere quello).

Infatti allo studioso greco che si dedicava alla geometria in modo disinteressato (per il piacere di scoprire e non per vantaggi pratici) era vietato far uso di altri strumenti oltre riga e compasso, simboli delle due linee perfette.

 

Una parte può essere “uguale” al tutto?

Facciamo ora un salto di circa duemila anni per arrivare alle difficoltà che incontrò Galileo Galilei (1564 – 1642) nell’affrontare il concetto di infinito. Vedremo ora due paradossi (il secondo di origine greca) del tutto e della parte che vengono illustrati nell’opera Nuove Scienze della quale riporto due ampie citazioni.

I personaggi del dialogo sono:

  • l’aristotelico Simplicio
  • il dilettante di scienze e gentiluomo Sagredo
  • lo “scienziato nuovo” Salvati, che rappresenta Galileo stesso.

 

Paradosso degli interi e dei quadrati

Salviati – Benissimo: e sapete ancora, che sì come i prodotti si dimandano quadrati, i producenti,  cioè quelli che si multiplicano, si chiamano lati o radici; gli altri [numeri] poi, che non nascono da numeri multiplicati in se stessi, non sono altrimenti quadrati. Onde se io dirò, i numeri tutti, comprendendo i quadrati e i non quadrati, esser più che i quadrati soli, dirò proposizione verissima: non è così?

Simplicio – Non si può dir altrimenti.

Salviati – Interrogando io di poi, quanti siano i numeri quadrati, si può con verità rispondere, loro esser tanti quante sono le proprie radici, avvenga che ogni quadrato ha la sua radice, ogni radice il suo quadrato, né quadrato alcuno ha più d’una sola radice, né radice alcuna più d’un quadrato solo.

Simplicio – Così sta.

Salviati – Ma se io domanderò, quante siano le radici, non si può negare che elle non siano quante tutti i numeri, poiché non vi è numero alcuno che non sia radice di qualche quadrato; e stante questo, converrà dire che i numeri quadrati siano quanti tutti i numeri, poiché tanti sono quante le lor radici, e radici son tutti i numeri: e pur da principio dicemmo, tutti i numeri esser assai più che tutti i quadrati, essendo la maggior parte non quadrati.

 

Il ragionamento di Salviati è il seguente: i quadrati sono una parte di tutti i numeri, e quindi si direbbe essere di meno, tuttavia è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei numeri N e quello Q dei soli quadrati e dimostrare quindi che gli elementi di un insieme sono tanti quanti gli elementi dell’altro.

clip_image002

Il significato di contare                                                       Abbiamo utilizzato la corrispondenza biunivoca per contare gli elementi di un insieme, ed è proprio in questo modo che da bambini impariamo a contare, associando ad ogni oggetto che abbiamo di fronte un dito diverso della mano.

 

 

Paradosso della ruota

Cattura

 

Nella cultura greca                                                         Paradosso che esisteva già in Aristotele. Egli negava l’esistenza di un infinito attuale sia fisico che mentale, ammetteva soltanto l’infinito potenziale: non si può avanzare all’infinito, si può soltanto contare aggiungendo sempre uno, avanzando passo per passo.

 

Salviati – Ma ditemi: se intorno a un centro, qual sia, […], questo punto A, noi descriveremo due cerchi concentrici ed insieme uniti, e che da i punti C, B de i lor semidiametri siano tirate le tangenti CE, BF, e ad esse per il centro A la parallela AD, intendendo girato il cerchio maggiore sopra la linea BF (posta eguale alla di lui circonferenza, come parimente le altre due CE, AD), compita che abbia una revoluzione, che averà fatto il minor cerchio, e che il centro? Questo sicuramente averà scorsa e toccata tutta la linea AD, e la circonferenza di quello averà con li suoi toccamenti misurata tutta la CE […]. Or come dunque può senza salti scorrere il cerchio minore una linea tanto maggiore della sua circonferenza?

[…]

Sagredo – Il negozio è veramente molto intrigato, né a me sovviene scioglimento alcuno: però diteci quello che a voi sovviene.

 

Come nel caso precedente è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra due insiemi, uno dei quali è (o può essere considerato) una parte dell’altro.

La circonferenza più piccola è lunga la metà di quella esterna ma proiettando dal comune centro A i punti della circonferenza interna su quella più grande si fa corrispondere a uno a uno tutti i punti delle due circonferenze (cosa che avviene durante il rotolamento).

Qual è la conclusione di Galielo? Come si capisce dalla citazione di apertura dell’articolo anche lui, come i greci, preferisce non affrontare apertamente l’argomento sostenendo che non sia lecito, col nostro intelletto finito, indagare l’infinito.

 

 

Cantor, il vero protagonista di questa storia

Ecco l’uomo con le palle. Profondamente diversa fu la reazione, di fronte a tali risultati paradossali, di Georg Cantor (1845 – 1918).

 

Georg-Cantor-terra-papers

Georg Cantor

 

Partiamo dalla definizione che egli dà di equivalenza di due insiemi:

Chiamiamo equivalenti due insiemi se e possibile porli in una relazione tale che ad ogni elemento di uno di essi corrisponda un elemento e uno soltanto dell’altro.

Oggi si utilizza il termine “equipotenza” ma il concetto è lo stesso, se due insiemi hanno lo stesso numero di elementi allora sono equivalenti. Ebbene Cantor ebbe le palle l’ardire intellettuale di applicare tale definizione anche agli insiemi infiniti arrivando così ad affermare che una parte può essere uguale al tutto (ciò non si verifica mai nel caso di insiemi finiti).

Paràdoxos: contrario all’opinione comune.Antinomia: contro la legge, contraddizione.

Ad esempio in un segmento vi sono tanti punti quanti quelli dello spazio (ma non dilunghiamoci nella dimostrazione).

Il matematico tedesco capiva che l’affermazione era paradossale, tuttavia non si trattava di antinomie.

 

 

Gli insiemi dei numeri

Un altro esempio più interessante é il seguente: l’insieme Z dei numeri interi, positivi e negativi è equipotente all’insieme N dei numeri naturali (interi positivi). Per dimostrarlo possiamo disporre gli elementi di Z in una successione numerata che li esaurisce e così associare ad ogni elemento di Z un numero naturale.

Z = ( a1   a2   a3   …   an )

Se disponiamo i numeri Z in modo ordinato secondo grandezza Z = (… -3  -2  -1  0  1  2  3 …) è evidente che non riusciamo a stabilire alcuna corrispondenza biunivoca con i numeri naturali in quanto manca un primo elemento da cui iniziare. Se però li disponiamo così

Z = ( 0  1  -1  2  -2  3  -3  4  -4 … n  -n )

otteniamo una successione numerabile!

a1 = 0   a2 = 1   a3 = -1   a4 = 2   a5 = -2 …

Diagramma_di_Venn_dei_numeri

E per quanto riguarda i numeri razionali? Uno pensa: “bè questi sono un casino, fra 0 e 1 per esempio ce ne sono infiniti (1/1, 1/2, 1/3 … 1/n)”. Ebbene con grande sorpresa si scopre che anche l’insieme Q è numerabile: può essere posto in corrispondenza biunivoca elemento per elemento con la successione dei numeri naturali!

Vediamo come. Anche in questo caso il trucco sta nel disporre gli elementi dell’insieme da numerare in un modo tale da poter partire da un numero e poi seguendo un certo criterio esaurirli tutti. Costruiamo quindi una tabella di questo genere per individuare tutte le possibili frazioni.

Ora seguendo il percorso suggerito dalle frecce viene stabilito il criterio con cui esauriamo tutti i numeri razionali.

a1 = 1   a2 = 2   a3 = 1/2   a4 = 1/3   a5 = 3 …

Notare che vi sono dei numeri che si ripresentano e che quindi non vengono contati come per esempio 2/2, 3/3, 4/4… che coincidono con 1.

 

 

Finalmente un insieme infinito non numerabile

L’insieme dei numeri reali contiene un numero di elementi superiore rispetto agli insiemi numerici visti precedentemente. Si dice quindi che ha una potenza superiore a quella del numerabile.

Per dimostrarlo prendiamo tutti i numeri reali compresi tra 0 e 1 esclusi e disponiamoli in ordine casuale. Chiamiamo questi elementi X1, X2, X3… Xn

Ora ci basterà costruire un numero Y compreso tra 0 e 1 che si diverso da tutti gli altri X. Per far ciò si scelga come prima cifra decimale di Y una cifra diversa dalla prima cifra decimale di X1, come seconda una cifra diversa dalla seconda di X2 e così via… Nel nostro caso abbiamo scelto di aumentare di uno le cifre degli X.

Dopo qualche minuto di riflessione saranno tutti convinti che il numero Y differirà da tutti gli altri X almeno all’n-mo posto. Pertanto non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca e quindi l’insieme R non è numerabile.

Le dimostrazioni che abbiamo visto per l’insieme Q ed R non sono esattamente quelle che propose Cantor, le quali sono riportate sul libro che cito come fonte e che vi invito a leggere se siete interessati all’argomento.

 

 

Il transfinito

Non è tutto. Cantor dimostrò anche che è possibile costruire insiemi di potenza sempre più alta senza mai giungere a una potenza massima! Un metodo per ottenere insiemi transfiniti di potenza via via crescente consiste, dato un insieme A, nel considerare l’insieme dei sottoinsiemi di A, detti anche parti di A, che viene indicato così: 2A

Il transfinito minimo è il numerabile, la potenza dell’insieme dei numeri naturali, perciò la scala delle potenze crescenti è:

|N| < |2N| < |22^N| < …

A questo punto sorge una grossa domanda, finalmente qualcosa che Cantor non riuscì a dimostrare, e che cazzo! C’è o no qualche potenza inseribile in mezzo a due elementi succesivi della scala delle potenze crescenti? Ad esempio esiste un numero compreso tra la potenza del numerabile e quella dei numeri reali? Secondo Georg Cantor no. Però la sua è una congettura, nota come ipotesi del continuo. Essa sostanzialmente afferma che la scala che abbiamo costruito prima è completa così, non vi è nessuna potenza intermedia tra la potenza di un insieme infinito e la potenza dell’insieme delle sue parti.

 

Concludendo

Altri matematici tentarono di dimostrare l’ipotesi del continuo ma senza successo; il matematico polacco Sierpinski negò tale ipotesi e ne studiò le conseguenze, arrivando a risultati poco credibili e paradossali, ma non incontrò contraddizioni. La stessa cosa accadde quando il gesuita italiano Sacchieri (1667-1733) negò il quinto postulato di euclide.

Le due ricerche infatti si sono concluse nello stesso modo: come esistono sia geometrie euclidee (in cui vale il V postulato) sia geometrie non euclidee (in cui non vale), così esistono e matematiche cantoriane (tra i cui assiomi vi è l’ipotesi del continuo) e matematiche non cantoriane (in cui non vi é la famosa ipotesi).

 

Questo articolo non è altro che un riassunto di alcuni capitoli del libro “L’infinito” di Lucio Lombardo Radice, rielaborato sostituendo qualche dimostrazione con altre più immediate.