Sei cambiato…

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Non era una cattiva persona ma, da quando aveva memoria, si era sempre sentito affibbiare tutti quegli aggettivi negativi che, in piccole dosi, se detti da amici, riusciva a immaginare come complimenti e qualche volta perfino lo erano.

Quelle voci non gli davano fastidio, ne lo impensierivano. Ma qualcosa, forse proprio lei, cambiò le cose.

Quello che era considerato divertente un giorno diventava volgare il giorno dopo, le cose che lo definivano venivano deprecate una dopo l’altra. E quelle dosi smisero di essere piccole.

Non era stupido, e allora provò a capire il perché le cose fossero così cambiate, ma non ci riuscì. Provò a negare la trasformazione, ma era ormai evidente.

Se l’inferno esiste solo per chi ne ha paura, lui paura non ne aveva, ma la felicità di un tempo era ormai ricordo.

Allora provò sopravvivere senza le cose di un tempo, ma era impossibile: non era nella sua natura. Sembrava che non ci fosse più spazio per lui, per tutto quanto lui, per quel suo modo di precedente di essere, forse egoista e insensibile, ma anche onesto e spensierato. Ma non voleva abbandonare.

Una mattina, per non voler rinunciare a niente, come d’abitudine, decise di separare due cose ormai incompatibili. Lasciò a casa un involucro fatto di tutto quel se stesso che non dava problemi, un avatar che se la potesse cavare automaticamente. Sperando che gli desse un posto dove poter tornare.

L’altra sua parte invece pensò di allontanarsi da tutto quel chiasso di voci, consigli e rimproveri, che non facevano altro che provare a dimostrargli come tutto quello che era ed era stato fosse sbagliato.

Decise di spostarsi un po’ dal centro di queste voci insistenti, che all’inizio un po’ lo spaventavano, ma che adesso lo infastidivano solamente: le odiava proprio. Non sapendo dove andare si guardò attorno.

Non vide niente che lo attirasse, se non una montagna…

…che non faceva rumore.

Prese velocemente una giacca e andò in quella direzione. E più camminava più le voci calavano. Diventavano deboli e meno definite.

Ai piedi della montagna le voci erano poco più di un brusio, una cantilena, ma si distinguevano ancora. Iniziò a salire e vide che funzionava.

Alla prima neve c’era qualcosa di simile al silenzio ma, essendoci ormai abituato, d’istinto tese l’orecchio. Cercò quelle voci e si accorse che riusciva ancora a sentirle.

In verità le voci quasi non si distinguevano più dal vento e il freddo iniziava a farsi sentire. Ma quel suono odiato, anche se quasi impercettibile, risuonava amplificato nella sua testa. Decise di salire ancora più su per vedere se, almeno in cima, sarebbe riuscito a sbarazzarsi del tutto di loro.

Il freddo era sempre più intenso, c’era da battere i denti, ma la montagna era grande e accogliente. Silenziosa…

Nemmeno i sui passi pesanti, ormai dolorosi, impensierirono quel suo nuovo sentimento di tolleranza, di libertà e di perdono. Gli sembrava davvero impossibile che, per tutto il tempo che passò a contatto con lei, la montagna, non avesse avuto niente da ridire su quello che era e neppure su quello che stava facendo.

Non raggiunse mai la vetta ma salì per quanto poté, finché ebbe forza. In una pausa per riprendere fiato, si accorse che, anche volendo, non riusciva più a sentirle, quelle voci.

Si ritrovò alla fine, stremato e infreddolito, ma finalmente assolto da se stesso: c’era di nuovo spazio anche per lui. Appagato, pensò che non avrebbe mai più sentito un “sei cambiato”.

Allora chiuse gli occhi, e piano si addormentò…

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