Stivali e frustino da cavallerizzo, cinturone da pistolero e due colt .45 con guancette in avorio. Decisamente non un ufficiale qualunque, ma un generale. Decisamente non un generale qualunque, ma un generale d’acciaio.

George Smith Patton fu uno dei generali americani, insieme a D. Eisenhower, responsabili della campagna di liberazione d’Europa.
Personaggio eccentrico, determinato e risoluto, fu un abile comandante, esperto nell’impiego di mezzi corazzati e figura chiave, anche dal punto di vista psicologico, nella lotta contro il nazismo.

 

 

L’infanzia

Nacque in un sobborgo di Los Angeles l’11 novembre 1885 da una famiglia benestante, nonché di antica tradizione militare.

Il giovane Patton.I suoi avi combatterono nella guerra di indipendenza, nella guerra messicana, e (suo nonno) nella guerra di secessione.
Cresciuto ascoltando storie di valorose imprese militari decise, fin da bambino, che sarebbe diventato un eroe, un guerriero leggendario.

Pochi sanno che Patton in gioventù fu anche un atleta olimpionico.

A quattordici anni si iscrisse all’accademia militare di West Point dove, il primo anno, venne bocciato per gravi carenze matematiche.
Terminò gli studi, piazzandosi quarantaseiesimo su centotre diplomandi, come tenente in seconda del quindicesimo reggimento di cavalleria.

All’età di ventisei anni partecipò alle olimpiadi di Stoccolma, nella gara di pentathlon moderno.

Riuscì a piazzarsi ventesimo nella gara di tiro (la sua specialità), settimo nel nuoto, quarto nello scherma, sesto in equitazione, e terzo nella corsa.

Una sincera dimostrazione della spavalderia che lo accompagnò per tutta la vita.

Il piazzamento finale fu un quinto posto, alle spalle di quattro atleti svedesi. La gara di tiro merita un approfondimento: si trattava infatti della disciplina preferita di Patton, tuttavia ottenne un risultato molto basso; Perché?

A differenza degli altri atleti, che usarono delle .22, George decise di usare una .38.

I giudici contarono sulla sagoma due fori in meno ritenendo che il bersaglio fosse stato completamente mancato.

Patton affermò invece di avere colpito sempre il centro del bersaglio, a tal punto che gli ultimi due colpi erano passati direttamente nella carta già troppo lacerata.

Una sincera dimostrazione della spavalderia che lo accompagnò per tutta la vita.

 

 

Le prime esperienze sul campo

Patton durante la campagna messicana.

Nel 1915 Patton è un giovane ufficiale ansioso di dimostrare il proprio valore sul campo di battaglia, tuttavia – per ora – le guerre scarseggiano (gli Stati Uniti entrarono in guerra solo nel 1917).

Agli ordini del generale John Joseph Pershing prese parte alla campagna volta ad eliminare il rivoluzionario messicano Pancho Villa.

Nonostante fosse solo un aiutante di campo con compiti di pattugliamento, Patton attaccò il secondo in comando di Villa uccidendolo insieme a due suoi uomini.

Riportò al campo i tre cadaveri, chiusi nel baule del suo mezzo, come trofeo di guerra.

 

 

La Prima Guerra Mondiale

Promosso capitano da Pershing, nel 1917 guidò la prima divisione di mezzi corazzati in Europa, ideando tattiche, modificando personalmente i blindati, nonché creando uniformi personalizzate per i propri soldati.

Nel 1918 venne anche insignito della medaglia Purple Heart.

Patton immortalato vicino ad uno dei primi carri armati impiegati in guerra.

Patton immortalato vicino ad uno dei primi carri armati impiegati in guerra.

 

 

 

Tra le due guerre

YKQAF00ZNel periodo che separò le due grandi guerre del secolo scorso Patton completò i suoi studi da ufficiale, fondò una scuola dedicata allo studio di tecniche di combattimento a bordo di mezzi blindati e strinse un’importante amicizia con un altro ufficiale: D. Eisenhower.

Un episodio che avrebbe potuto cambiare il corso della storia.

Un curioso incidente, che avrebbe potuto cambiare completamente il corso della storia, occorse ai due ufficiali.

Mentre erano impegnati a Fort Leavenworth, nel Kansas, in alcune manovre sperimentali, un cavo d’acciaio che univa due blindati si spezzò, vibrando una letale sferzata ad alcuni centimetri dalle loro teste.
Poco mancò che due dei principali responsabili della vittoria alleata fossero decapitati durante un’esercitazione.

 

 

La Seconda Guerra Mondiale

Con l’inizio della seconda guerra mondiale Patton convinse il Congresso che l’esercito americano avesse necessità di più mezzi blindati.
Nel 1940 venne formata la divisione corazzata, e nel 1941 Patton divenne generale della seconda divisione.

 

L’operazione Torch

Nel 1942 guidò l’operazione Torch, lo sbarco in Marocco, alla testa della Western Task Force.

Nonostante la sua figura riuscì a risollevare il morale delle truppe, dal punto di vista operativo non ottene grandi risultati; i difensori italo-tedeschi mantennero le loro posizioni.

Comandò quindi il ricongiungimento delle forze americane con l’ottava Armata britannica di Montgomery.

 

Lo sbarco in Sicilia

Nel 1943 ottenne il comando della settima armata impegnata nello sbarco in Sicilia.

Fu proprio in Sicilia che il carattere di Patton emerse in alcuni episodi, spesso taciuti da Eisenhower, che sfociarono anche in un massacro.
Dopo lo sbarco furono infatti giustiziati sessantatré soldati italiani catturati durante l’operazione.

L’esecuzione fu compiuta dal sergente Horace West, che da solo uccise trentasei soldati italiani prigionieri, e dal plotone del capitano John Compton, che uccise trentasette italiani.

Fu proprio in Sicilia che il carattere di Patton emerse in alcuni episodi, spesso taciuti da Eisenhower, che sfociarono anche in un massacro.

Questo terribile atto fu reso pubblico grazie ad una denuncia fatta da un cappellano della quarantacinquesima Divisione, il colonnello William King.
Durante il processo West fu dichiarato colpevole e condannato all’ergastolo, anche se non scontò nemmeno un anno di carcere.

Il governo statunitense era infatti preoccupato dalla possibilità che la notizia di quei delitti potesse diffondersi nel mondo, mettendo in pericolo la vita dei prigionieri americani.

Il capitano John Copton si difese affermando che eseguiva solamente gli ordini ricevuti da Patton, e venne quindi assolto.

È noto (attraverso dichiarazioni rilasciate da decine di soldati ed ufficiali, i quali testimoniarono al processo sui crimini di Biscari), che il generale Patton avrebbe detto ai suoi militari prima dello sbarco (c’è da precisare che tutte queste tesi non furono mai del tutto chiarite):

Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali!

Un altro episodio interessante fu quello dello schiaffo.
Patton, in visita presso un ospedale, si fermò accanto ad alcuni soldati traumatizzati dai bombardamenti e ne schiaffeggiò due, incitandoli a tornare a combattere.

L’episodio venne insabbiato da Eisenhower per non intaccare la preziosa aura che permeava il generale d’acciaio.

Tuttavia Patton dichiarò in seguito che cercava di allontanare degli spiriti cattivi che aleggiavano intorno ai soldati.

Patton dichiarò in seguito che cercava di allontanare degli spiriti cattivi che aleggiavano intorno ai soldati.

Il generale era infatti un fervido credente della mitologia norrena, in particolare della figura della valchiria: una divinità femminile che scendeva sul campo di battaglia per proteggere i guerrieri più valorosi.

Credeva inoltre nella reincarnazione, affermando che in una sua vita passata fu un legionario romano.
Prima dello sbarco in Sicilia il generale inglese Harold Alexander disse a Patton: «Sai George, saresti stato un ufficiale di Napoleone se tu fossi nato prima».

Patton rispose semplicemente: «Ma lo sono stato

 

C'è chi non è stato così fortunato, figliolo!

C’è chi non è stato così fortunato, figliolo!

 

 

Lo sbarco in Normandia e la fine della guerra

Terminata la campagna di Sicilia il generale George Patton fu richiamato in Gran Bretagna dove fu messo a capo della terza Armata.

Tuttavia non partecipò attivamente allo sbarco in Normandia.

Il piano di Eisenhower era di usare la fama del generale d’acciaio per depistare i tedeschi.

Nei giorni antecedenti allo sbarco Patton comandò un esercito di fantocci.

Hitler era convinto che uno sbarco in Francia sarebbe stato sicuramente comandato da Patton, nei pressi del Pas de Calais.

Nei giorni antecedenti allo sbarco, avvenuto il 6 giugno 1944, Patton comandò un esercito di fantocci, aeroplani e blindati gonfiabili, tenendo persino discorsi di incoraggiamento.

Tutto ciò, come sappiamo, convinse i tedeschi. O almeno, il tedesco (era Austriaco!) che contava più di tutti. Lo sbarco alleato sarebbe avvenuto nel Pas de Calais.

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Arrivato in Europa alcune settimane dopo lo sbarco in Normandia Patton spinse la sua armata meccanizzata, vittoria dopo vittoria (celebre fu quella delle Ardenne), fino al confine cecoslovacco.

Eisenhower gli impedì di continuare l’avanzata verso Praga che venne invece raggiunta dalle armate corazzate sovietiche del maresciallo Ivan Konev l’11 maggio 1945, costringendolo a fermarsi e a congiungersi con le truppe sovietiche provenienti dall’Austria, le forze del 3 ° Fronte Ucraino del maresciallo Fedor Tolbuchin.

La decisione di Eisenhower suscitò delle discussioni, ma Patton – a causa di quella sua natura estrosa che ne aveva decretato il successo durante la guerra – venne estromesso poco alla volta dalle ultime fasi del conflitto.
Il generale d’acciaio era convinto che a termine del conflitto l’esercito tedesco andasse immediatamente riarmato per affrontare la minaccia “rossa” dei sovietici, le cui ideologie erano totalmente incompatibili con l’occidente.

Egli credeva ottimisticamente di «ricacciare quei dannati russi a Mosca in tre mesi».

 

 

La morte

Il 9 dicembre 1945 rimase coinvolto in un incidente stradale; ad un incrocio la sua macchina si scontrò con un autocarro, nessuno di quelli a bordo rimase ferito, tranne Patton, il quale seduto sul sedile posteriore, venne sbalzato in avanti e, urtando violentemente la testa sul sedile anteriore, si provocò la rottura dell’osso del collo.

Pur avendo riportato irreversibili e gravi traumi, riuscì incredibilmente a sopravvivere, tra atroci sofferenze, altri dieci giorni.

Mentre sembrava che le condizioni si fossero ristabilite, morì di edema polmonare e congestione cardiaca, alle 17.45 del 21 dicembre 1945 all’età di sessant’anni.

 

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