I misteri di Ravenswood: la ragazza scomparsa

Ravenswood

Le due di notte erano passate da un pezzo nella fredda cittadina di Ravenswood, Pennsylvania settentrionale. Pochi lampioni illuminavano la strada desolata immersa in una fitta nebbia.

Soltanto un’insegna al neon, rossa e blu, resisteva al gelo e all’ora tarda: “Brody Coffee Shop” diceva.

“Il Brody”, come veniva chiamato dai frequentatori, era un locale in legno piccolo e sporco: a destra, su di un piano rialzato una decina di loschi individui schiamazzavano attorno ad un tavolo da biliardo accompagnati da rum e sigari, il resto del locale era occupato da piccoli tavoli dove alcuni gentiluomini si divertivano con la prostituta di turno. La fioca luce delle lampade illuminava a malapena la bettola, lasciando ampi spazi nella penombra mentre una fitta nube di fumo copriva e confondeva i volti dei frequentatori.

Forse era proprio questa sua caratteristica di poter passare inosservati che rendeva il Brody perfetto per criminali di tutte le specie: spacciatori, truffatori, prostitute, semplici teppistelli e rinomati mercenari passavano di qua, contrattavano, scambiavano droga, armi, denaro, mettevano a punto piani, rapimenti, truffe, rapine, assoldavano uomini, facevano e disfacevano bande o bevevano un drink.

Solo un uomo era seduto di fronte al bancone, chino sul suo bicchiere di Black Russian.

Fissava pensieroso il fondo del bicchiere, scuotendolo e agitando i cubetti di ghiaccio, bevendo di tanto in tanto un sorso.

Il chiasso della bettola non disturbava affatto i suoi pensieri: le urla dei gentiluomini ai tavoli, la risata civettuola della prostituta, i canti stonati degli ubriachi al biliardo, il cigolio della porta d’ingresso lo rilassavano.
«Un Martini, grazie» una voce femminile alla sua destra ridestò l’uomo.

Si voltò lentamente e vide una donna, venticinque anni circa, una treccia di capelli biondi le scendeva fino ai fianchi mentre una frangia troppo lunga le copriva la piccola fronte. Labbra sottili e un naso all’insù le conferivano un’aria altezzosa, che contrastava con la forza e l’allegria della sua voce.

L’uomo non poté fare a meno di incrociare i suoi occhi azzurri coperti in parte dalla frangia. La ragazza le rivolse un timido sorriso.

«Faresti bene ad andartene, questo non è un posto per gente come te» disse l’uomo, più brutale di quanto volesse.
«Per gente come me?» rispose sorpresa la ragazza.
«Sì, per ragazzine, insomma» precisò.
«So cavarmela» borbottò la bionda, quasi tra sé e sé, sorseggiando il suo Martini.

Senza dire una parola l’uomo accennò con il capo a due figuri che, dopo aver smesso di cantare, iniziarono a lanciare occhiatacce languide e poco discrete verso la ragazza.

Un’espressione di paura si disegnò sul grazioso volto della nuova arrivata nel vedere i suoi pretendenti che le ricordavano i sudici bucanieri descritti da Jack London.

Lanciò qualche moneta sul bancone e si diresse con tutta la velocità che i suoi tacchi neri le consentivano verso la porta ma uno dei due figuri, capite le sue intenzioni, bloccò con la sua stazza il passaggio alla ragazza ponendosi di fronte alla porta.

«Hey bambola» gridò l’ubriacone attirando l’attenzione di tutto il locale.
La ragazza indietreggiò mentre fissava terrorizzata il volto sudicio dell’energumeno. Una mano le afferrò il braccio, lei balzò di lato ed emise un grido ma non appena si accorse che la mano era del tipo brusco con il quale aveva parlato pochi secondi prima, si rincuorò appena.
«Levati dal cazzo Joe!» disse seccato il brusco.
«Però Jack, che bella bambola ti sei scelto, voglio proprio provarla» rispose e avanzò verso la ragazza
«L’unica cosa che proverai se non ti sposti è il metallo della mia pistola» continuò l’uomo e posò la mano destra sul fodero della sua 9mm mentre con la sinistra allontanò la donna dal malvivente.
«Ehi calmo calmo» sogghignò, alzò le mani in segno di resa e si allontano senza perdere quel sorrisetto da ubriacone.
Jack portò la ragazza fuori dal locale quasi di forza, stringendole il braccio. Una volta fuori la liberò da quella morsa.
«Sparisci ora, te l’ho già detto, questo posto non è per te» disse l’uomo mentre s’accendeva una sigaretta.

La bionda, che sembrava aver già recuperato la sua allegria, gli si avvicinò:
«Grazie…Jack vero?»
«Sì» grugnì lui.
Si avvicinò ancora.
«Grazie Jack» sussurrò, lo guardò negli occhi per qualche secondo e scappò via.

Dopo pochi passi la nebbia avvolse completamente la figura della donna, stretta in un impermeabile nero.

Jack si avviò verso casa lungo la strada deserta, sigaretta nella mano, respirando a pieni polmoni l’aria gelata di Ravenswood. Pensò che adorava il freddo misto a tabacco di quel paese. Pensò che non aveva chiesto neanche il nome a quella ragazza.

“9…10…11 e 12” Jack posò il bilanciere sui ganci della panca e si rialzò a prendere fiato prima dell’ultima serie.
«Ehilà Jack!» una voce maschile lo costrinse a rialzarsi proprio mentre si preparava a completare l’esercizio.
«Cazzo, 120 kg e non sono neanche le sei del mattino!» continuò l’uomo avvicinandosi alla panca.
«Come diavolo hai fatto ad entrare, John?» chiese Jack rimettendosi al lavoro.
«Dal cancello del cortile, era aperto»
«Ah, mi sono…6…dimenticato di chiuderlo…7…ieri sera»
«Ah vecchio ubriacone, sei stato al Brody?»
«Come ogni sera…10»
«Prima o poi ti caccerai in qualche casino se continuerai a frequentare quel postaccio»
«Qualcun altro si caccerà…12…nei guai se mi dà rogne» rispose e si alzò dalla panca, paonazzo in volto per lo sforzo.
«Allora, novità riguardo al caso O’Connell?» disse serio John.
«Giù al Brody gira voce che O’Connell abbia pagato profumatamente dei mercenari per far fuori ogni possibile testimone»
«Dei mercenari?» domandò sorpreso il commissario.
«Sì, era un lavoro troppo complicato per affidarlo a quei cazzoni dei suoi uomini» precisò Jack passando a fare delle trazioni…
«E cosa sai di questi mercenari?»
«Ex soldati russi,anche di un certo livello, gente pericolosa insomma» tagliò corto Jack.
«Però, niente male per un investigatore privato. Hai fatto bene ad accettare questa collaborazione con la polizia locale.Puoi farci un po’ di soldi, se non ti uccidono prima» disse John con un sorrisetto e continuò «Hai qualche altro caso tra le mani?»
«Una sparizione, di una ragazza. A quanto pare i genitori credono che voi sbirri farete di tutto per archiviare il caso pur di non scomodarvi ad indagare» rispose Jack con sarcasmo alla frecciatina del poliziotto.
«Sia ringraziato Dio per i nostri investigatori privati allora» schernì John e continuò «E chi sarebbe questa ragazza?»
«Non lo so ancora, ho appuntamento con i genitori tra un paio d’ore» rispose l’investigatore, togliendo l’elettricità dal contatore della sua palestra personale.

Non che Jack fosse un tipo con la fissa del fisico da modello, ma adorava sentire l’acciaio dei bilancieri e dei manubri, adorava sentire i propri muscoli che lavorano come instancabili bestie; tutto questo lo rilassava e spesso lo aiutava a risolvere alcuni casi: non di rado trovava soluzione ai suoi problemi, non solo lavorativi, mentre si allenava.

Per questo si era costruito una palestra privata, proprio nella stanza della sua abitazione che dava sull’oceano. Jack abitava in una vecchia abitazione costruita interamente in legno, che definirla una casa sarebbe un’esagerazione. Assomigliava di più ad una specie di rifugio con quattro stanze, il cui cortile esterno terminava in un piccolo molo in legno al quale era ancorata una vecchia e piccola imbarcazione a remi.

Jack bussò forte alla porta di quella villetta, leggermente fuori da Ravenswood. Era vestito in modo sobrio, come sempre: un maglione nero che metteva in risalto tutti i suoi muscoli, semplici jeans, scarpe nere di pelle, collana e bracciale in acciaio lucido.

La porta si aprì e sbucò un viso familiare e un’arruffata capigliatura bionda, era la ragazza del Brody.
«Ma che cazz…?» borbottò Jack, fece un passo indietro e alzò la testa per controllare che il numero civico fosse esatto.
«Quindi tu sei un’investigatore privato?Ci avrei scommesso!» chiese raggiante la bionda
«Sì infatti, e tu sei?»
«Eleonore, piacere» e allungò il braccetto magro.
Jack strinse la mano della ragazza «Dove sono i tuoi genitori? I signori…Beckett no?» tagliò corto Jack dando uno sguardo al biglietto con l’indirizzo che aveva in mano.
«Mia madre è di sopra, scende tra pochissimo, ma prego, entra pure» disse e aprì la porta al nuovo arrivato.

 

 

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