Grazie al Future Film Festival, venerdì 4 aprile presso la Sala Mastroianni del cinema Lumière di Bologna, ho partecipato alla visione dell’anteprima italiana in lingua originale, sottotitolato in italiano, del film di animazione di Hayao Miyazaki, “Si alza il vento”.

Partirò dalla fine.

La fine della mirabile carriera di Hayao Miyazaki e rappresentata in maniera velata in questo suo ultimo capolavoro.

“Kaze Tachinu” è la summa del lavoro di una vita intera, delle passioni, delle sofferenze ma sopratutto dei sogni.

In una parola: imperdibile.

Molto lontano dagli stilemi poetici che hanno contraddistinto la sua produzione filmica che al contempo si pone come il suo film più intimo.

Visto l’annuncio del ritiro dopo l’uscita di questo film in Giappone lo scorso luglio 2013, “Si alza il vento” può essere interpretato come un vero e proprio testamento.

Si racconta la vita di Jiro Horikoshi da bambino ad adulto.

Si racconta la vita di Jiro Horikoshi da bambino ad adulto, passando tra grandi tragedie come il terremoto del Kanto nel 1923, rappresentato come la pancia brontolante di gigantesco mostro, la grande depressione economica e la tubercolosi per arrivare alle grandi conquiste della sua carriera di ingegnere illuminato, finendo per diventare un genio della aereonautica giapponese e mondiale, ma lasciando un triste segno da protagonista nella storia moderna durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

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Miyazaki si rispecchia nella figura di Jiro.

È un bambino sognatore che mai potrà pilotare a causa della miopia, ma che comprende fin da subito quale è il suo posto nel mondo: lui sarà un progettista, “colui che realizza i sogni”.

Colui che realizza i sogni.

Ispirandosi all’italiano Conte Caproni, che insieme ai Wright viene annoverato tra i padri dell’aeronautica mondiale, e riprendendo l’antico mito di Dedalo e Icaro, Jiro cresce, impara, sbaglia, riprova, riesce e tragicamente fallisce ma è ben conscio che quando “le vent se lève, il faut tenter de vivre”.

 

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le vent se lève, il faut tenter de vivre

Una frase che ricorre spesso, mutuata da “Le Cimetière marin” di Paul Valéry usata come sprone e come appiglio, sostanzialmente rappresentativa della vita stessa.

L’importante è vivere seguendo i nostri sogni

Miyazaki in questo film ci ricorda alla sua maniera delicata ma diretta che finché siamo vivi, non importano le vittorie e le sconfitte che ci hanno coinvolto e/o ci coinvolgeranno, l’importante è vivere seguendo i nostri sogni, perché senza di essi tanto vale essere morti.

Dopo la visione, mi sono confrontato con altri che hanno visto il film e che l’hanno trovato noioso, troppo ricco di tecnicismi e con un protagonista monotono e poco espressivo a causa della voce di Hideaki Anno, ma continuo a rimanere saldo sul mio parere, perché questo film è un capolavoro e va interpretato con la giusta chiave di lettura.

 

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E la chiave è proprio lo Studio Ghibli.

Quel Ghibli, vento caldo di scirocco proveniente da sud est ed anche identificativo del modello di aereo “Caproni Ca.309 Ghibli” è la rappresentazione dei sogni di Miyazaki.

Spiccare il volo e
sentirsi libero.

Un vento che lo ha spinto a lavorare e diventare un maestro indiscusso del cinema e non solo dell’animazione. Ma anche un aereo affascinate, tecnicamente perfetto, realizzato per esaudire il sogno atavico dell’uomo:

Spiccare il volo e sentirsi libero.