Claytronics: Modellare la materia

Claytronics

Nel film Terminator 2. Il giorno del giudizio, Arnold Schwarzenegger deve vedersela con un robot T-l000, un modello estremamente avanzato che viene dal futuro ed è fatto di metallo liquido: praticamente una massa di mercurio tremolante che cambia forma come vuole e s’infila ovunque superando qualsiasi ostacolo.

Questo robot riesce a introdursi nelle più piccole fessure e a rimodellare mani e piedi per trasformarli in armi mortali, poi in un solo istante riacquisisce la sua forma originaria e continua la sua missione omicida. Il T-l000 è un robot inarrestabile, un killer perfetto.

Ovviamente, questa è solo fantascienza: la tecnologia attuale non ci permette di modellare un oggetto solido quando e come vogliamo. Tuttavia, verso la metà del secolo una simile tecnologia “modellatrice” potrebbe essere ampiamente diffusa. Una delle aziende che sta già cercando di svilupparla è la Intel.

 

 

Una previsione dell’evoluzione e, soprattutto, di cosa e come si diffonderanno le scoperte del futuro prossimo.

Michio Kaku, nel suo libro Fisica del futuro, tenta di illustrare il futuro prossimo e di medio termine utilizzando un approccio scientifico.

In pratica, analizzando i modelli scientifici alla base della sperimentazione in campo biologico, tecnologico, informatico, sociologico, tenta una previsione dell’evoluzione e, soprattutto, di cosa e come si diffonderanno le scoperte del futuro prossimo.

Il libro affronta varie tematiche, ma senza distinguerle nettamente tra loro, ovvero cercando un filo conduttore tra le branche e discipline scientifiche analizzate, offerto dall’essere sociale dell’uomo e dalla  sua voglia di immortalità e conoscenza.

Così i grandi temi che affronta il libro, pur catalogati in capitoli e sottocapitoli, sono un tutt’uno e cercano di spingersi dal qui ed ora al sarà là e tra cento anni.

Uno degli aspetti che più mi ha colpito è l’analisi dell’evoluzione delle nanotecnologie e di quanto queste possano determinare la realizzazione di elementi che fino a pochi giorni fa si consideravano mera fantascienza… molto fanta e poco scienza.

Persino film “gagliardi” come terminator sembrano acquistare un’aura di veridicità/predittività… quasi come Star Trek o Guerre Stellari!

In realtà il libro è spesso imperniato sulla tecnologia delle due saghe (ST e GS), ma anche il riferimento a Terminator colpisce proprio per l’assonanza con le ricerche attuali della Intel e con le possibilità offerte dagli studi in corso.

Secondo Kaku, già nel 2050 gran parte dei frutti della nanotecnologia sarà diffusa ovunque, sebbene nascosta agli occhi. Prevede il miglioramento dei prodotti di uso comune tramite la produzione molecolare che li renderebbe resistenti, conduttivi e flessibili.

Il concetto nasce dalla considerazione del termine fisico alla legge di Moore. Prima o poi la meccanica quantistica ed il suo principio di indeterminazione porteranno la miniaturizzazione dei transistor ad un empasse.

Fino a che punto potrà arrivare la nanotecnologia?

Fermare l’incremento della potenza di calcolo nell’unità costante di spazio (in altre parole nella stessa quantità di silicio non posso miniaturizzare oltre le tracce dei percorsi elettronici) verrà ovviato dall’aumento della diffusione delle unità di calcolo nel mondo che ci circonda. Ogni cosa avrà i suoi chip e le sue proprietà di calcolo.

Ma fino a che punto potrà arrivare la nanotecnologia?

Dopo che avremo distribuito capillarmente i nanochip, potremo farli interagire tra loro in modalità sempre più strette e correlate?

E se un insieme di nanoparticelle tecnologicamente abilitate al calcolo venisse programmato per configurarsi nello spazio tridimensionale ed utilizzare l’elettromagnetismo in ogni sua forma? Ivi compreso il concetto di lunghezza d’onda nella determinazione della percezione del colore?

…Il robot killer T-l000 di Terminator è forse l’esempio più impressionante di un oggetto proveniente dal settore definito della materia programmabile, che un giorno ci consentirà di cambiare forma, aspetto e colore di qualsiasi oggetto semplicemente premendo un pulsante…

Kaku riporta l’esempio già esistente delle luci neon o degli schermi LCD.

Gas ionizzati o cristalli liquidi che variano la loro configurazione tramite interazione con le onde elettromagnetiche sono un esempio attuale e di uso comune sul come la corrente elettrica regolata possa creare colori e forme su uno schermo, semplicemente agendo su dei pulsanti.

Ciò che farebbe la differenza, secondo i ricercatori della Intel, sarebbe la possibilità di sfruttare la materia programmabile per dare nuove forme tridimensionali agli oggetti.

Il tutto sarebbe possibile grazie a chip delle dimensioni di un granello di sabbia, nei quali la variazione di carica elettrostatica superficiale li farebbe disporre in modo organizzato, così come determinato da apposito software.

…Tali granelli hanno preso il nome di catomi (contrazione di atomi claytronici), poiché possono formare un’ampia gamma di oggetti semplicemente cambiando carica elettrica, più o meno come fanno gli atomi. (La materia programmabile ha molto in comune con i robot modulari.

Infatti, sebbene i robot modulari contengano componenti intelligenti delle dimensioni di circa 5 centimetri e capaci di riorganizzarsi, nella materia programmabile questi “mattoni” fondamentali vengono ridotti al di sotto del millimetro e anche di più)…

Jason Campbell, uno dei promotori di questa tecnologia nonché ricercatore senior alla Intel, spiega:

…Immaginiamo un telefono cellulare. Il mio, per esempio, è troppo grande per stare in tasca e troppo piccolo per le mie dita.

Ed è anche peggio se provo a guardarci un film o a leggere le e-mail. Ma se avessi circa 200 o 300 millilitri di catomi potrei farlo diventare un apparecchio delle dimensioni che voglio ad ogni preciso momento…

Potremmo, cioè, decidere al momento quale strumento ci occorre e farlo “crescere” alla bisogna, per poi farlo totnare ammasso informe di catomi nella loro custodia!

via

La Intel dispone attualmente di matrici di catomi al massimo di due o tre centimetri. Ogni catomo è un cubetto rivestito di elettrodi di cui è possibile modificarne la carica (elettrodo per elettrodo), permettendo legami tra catomi così come si vuole.

In base a come le cariche vengono modificate i catomi si dispongono in varie forme, così come togliendo carica la massa torna informa.

Da due o tre centimetri si vorrebbe passare a dimensioni del granello di sabbia. Se si riuscisse, se le tecniche di incisione lo permetteranno, sarà davvero ipotizzabile cambiare una forma in un’altra con la semplice pressione di un tasto.

Justin Rattner, CTO della Intel, prevede che ci vorrano una quarantina d’anni per arrivare a tanto.

A trarne immediato vantaggio saranno i progettisti di automobili, gli ingegneri aeronautici, gli artisti, gli architetti e chiunque debba realizzare modelli tridimensionali dei propri progetti da modificare continuamente.

Malgrado tali enormi aspettative, l’équipe della Intel deve ancora affrontare numerosi problemi., primo fra tutti il coordinamento dei movimenti di milioni, se non miliardi, di catomi.

Kaku così descrive come potrebbero ovviarsi:

…Nei film di fantascienza assistiamo spesso al cosiddetto morphing, cioè all’istantanea trasformazione di un personaggio in un mostro. Nei film realizzati con la tecnica cinematografica tradizionale tale processo era complesso e tedioso, ma con i computer di oggi è molto più semplice. Per prima cosa si identificano gli specifici vettori che contrassegnano i vari punti chiave del volto, per esempio il naso e gli occhi, sia per l’uomo sia per il mostro. Ogni volta che spostiamo un vettore, il viso si trasforma di conseguenza, quindi i computer sono programmati per muovere i vettori e passare da un viso a un altro fino a completare la trasformazione. Potremmo dunque adottare scorciatoie simili per cambiare forma a oggetti tridimensionali.

Un altro problema è che le forze elettriche statiche tra i catomi sono deboli rispetto alle forze interatomiche che mantengono la coesione della materia. Come abbiamo visto, le forze quantistiche possono essere estremamente potenti, poiché responsabili di caratteristiche straordinarie come la robustezza dei metalli e l’elasticità della plastica. Riprodurre l’intensità di tali forze tramite forze elettrostatiche in modo che i prodotti ottenuti si mantengano stabili rappresenterà sicuramente un problema.

Ho assistito personalmente gli straordinari progressi nel settore della materia programmabile quando ho portato la troupe televisiva di Science Channel nel laboratorio di Seth Goldstein alla Carnegie Mellon University. Su un tavolo c’erano grandi mucchi di cubi di varie dimensioni, ciascuno dotato di un chip. Ho notato che due di quei cubi erano saldamente legati l’uno all’altro da forze elettriche, e Goldstein mi ha chiesto di provare a separarli con le mani. Malgrado tutti i miei sforzi, non ci sono riuscito: le forze elettriche che garantivano la coesione di quei cubi erano straordinariamente potenti. A quel punto Goldstein mi ha fatto notare che miniaturizzando i cubi le stesse forze elettriche si sarebbero moltiplicate proporzionalmente. Mi ha quindi condotto in un altro laboratorio, dove mi ha mostrato il possibile livello di miniaturizzazione di quei catomi. Utilizzando la stessa tecnica impiegata per incidere milioni di transistor sui wafer di silicio, i ricercatori riuscivano a incidere catomi micro-scopici, di qualche millimetro di diametro soltanto. In realtà erano talmente piccoli che per poterli osservare attentamente ho dovuto utilizzare un microscopio. Goldstein spera che un giorno, controllando le loro forze elettriche, riuscirà a dare loro una qualsiasi disposizione premendo un comune pulsante, proprio come un mago che tira fuori le cose dal cappello.

Allora gli ho domandato come pensasse di fornire istruzioni dettagliate a miliardi di catomi in modo che, per esempio, un frigorifero si trasformasse rapidamente in un forno. Mi sembrava un vero incubo per qualsiasi programmatore, e gliel’ho confessato. La sua risposta, però, è stata che non è affatto necessario trasmettere istruzioni dettagliate ad ogni singolo catomo, a cui basta soltanto sapere a quale vicino agganciarsi. Se ogni catomo viene istruito in modo da legarsi soltanto a un numero ridotto di catomi a lui prossimi, si ridispone magicamente formando con gli altri strutture complesse (un po’ come i neuroni del cervello di un bambino, i quali devono soltanto sapere come stabilire un contatto con i neuroni vicini mano a mano che la struttura cerebrale si sviluppa)…

Kaku termina la dissertazione introducendo il concetto di città catomiche autocostruenti, ma la spinta massima al concetto la pone nel pensiero della costruzione di uomo catomico, ovvero i catomi come atomi delle cellule. Un T-1000 in arrivo?

Ma non finisce qui, sebbene per noi il tempo si sia esaurito, il libro continua analizzando la possibilità di “replicazione”, ovvero di nanobot in grado di coordinare la materia a livello atomico e molecolare pe replicare anche tessuti umani propriamente detti o addirittura corpi interi (un T-1000 in carne ed ossa, ma con le proprietà del robot di terminator!).

Ovviamente la meccanica quantistica, le forze di Van der Walls, ecc sembrano porre limiti quasi invalicabili… ma se pensiamo che in fondo questi limiti la natura li ha già superati con sole quattro basi azotate… non è poi così fantascienza!

 

 

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