Plutarco narra che Cesare vedendo, nel 69 a.C. a Cadice, una statua di Alessandro Magno scoppiò in lacrime, addolorandosi perchè alla sua età il macedone dominava su un impero mentre lui non aveva fatto nulla… non ancora.
Cesare, nacque a Roma il 12 o il 13 luglio del 101 a.C., in una delle più antiche dinastie patrizie, la Gens Julia. Politicamente si schierò tra i populares fazione avversa agli ottimati/conservatori.
Essendo un uomo ambizioso iniziò presto la carriera politica e dopo aver ricoperto alcune cariche pubbliche (questore, edile, pretore e governatore in Spagna ulteriore) puntò a farsi nominare console per l’anno 59 a.C. Ci riuscì grazie al supporto di due uomini molto influenti: Marco Licinio Crasso e Gneo Pompeo, rispettivamente l’uomo più ricco ed il condottiero più grande di quel tempo.
Insieme stipularono un accordo che passò alla storia come il primo Triumvirato.
Grazie ad esso Cesare poté, in qualità di console, emanare provvedimenti a proprio favore, tra cui la Lex Vatinia mediante la quale si nominava proconsole, a partire dal 58 a.C. e per 5 anni, delle province della Gallia Cisalpina, dell’Illirico e della Gallia Narbonense, con un esercito di 3 legioni.
Per raggiungere i suoi obbiettivi questo era il primo passo perché grazie ad una vittoriosa campagna in Gallia avrebbe avuto sufficienti ricchezze e potere militare da imporre il proprio volere al Senato e a chiunque gli si fosse messo contro.
La guerra in Gallia
Nel I sec a.C. erano sotto il dominio romano sia la Gallia Cisalpina (odierna pianura padana) sia la Gallia Narbonese.
La Gallia Transalpina i romani erano soliti dividerla in 3 parti: Gallia Celtica o Comata composta da tribù libere ma soggette all’influenza di Roma, Gallia Belgica e Aquitania entrambe indipendenti.
La principale fonte su questo avvenimento è il noto “De Bello Gallico” nel quale Cesare non compie solo una semplice cronaca dei fatti ma crea un manifesto di propaganda politica per legittimarsi di fronte al senato ed al popolo romano.
Come motivazioni addotte a sostegno del conflitto egli parla di una guerra difensiva, ma in realtà le varie tribù galliche erano divise e in continuo conflitto fra loro. Quindi non potevano essere un pericolo per Roma e non lo potevano di certo essere gli Elvezi, il pretesto usato da Cesare per iniziare la campagna.
Gli Elvezi erano una tribù residente nell’odierna Svizzera e nel 58 a.C. decisero di migrare verso territori più favorevoli. Sul loro percorso però era situata la Gallia Narbonense; Cesare presagendo un’opportunità di casus belli accorse a Ginevra e approntò le difese per bloccare il passaggio distruggendo anche il ponte sul Rodano.
Gli Elvezi non volendo combattere chiesero il permesso di passare, ottenuto un rifiuto ripiegarono a nord verso il territorio dei Sequani e degli Edui (alleati di Roma). Questi ultimi, lamentando alcuni saccheggi, chiesero al proconsole di intervenire.
Ovviamente Cesare non si fece scappare l’occasione e diede battaglia a Bibracte nel luglio del 58 a.C. dove avvenne il primo di una lunga seria di massacri: dei circa 350.000 Elvezi (uomini, donne e bambini) partiti solo 130.000 sopravvissero.
Fasi della Conquista
La conquista della Gallia cominciava bene ma si sarebbe trattata di una faccenda lunga e molto violenta.
Infatti, non essendo le tribù unite sotto un unico vessillo, Cesare non poteva ottenere una vittoria definitiva, ma era obbligato a viaggiare in lungo e in largo sottomettendo le singole tribù e soffocandone le rivolte.
Lo dimostra questa rapida analisi delle varie sottofasi della conquista:
- Nel 58 a.C. alcune popolazioni germaniche al comando di Ariovisto attraversarono il Reno, Cesare li intercettò e li sconfisse a Vesonzio
- Nel 57 a.C. si presentò il problema dei Belgi e dei Nervi nel nord-est della Francia attuale, qui il proconsole rischiò una pesante sconfitta presso il fiume Sabis. Infatti l’esercito fu sorpreso mentre costruiva il campo e solo grazie all’arrivo provvidenziale dei rinforzi ottenne la vittoria.
- Nel 56 a.C. sono le tribù dei Veneti nel nord-ovest della Francia a ribellarsi e a costringere all’intervento armato Cesare.
- Nel 55 a.C. popolazioni germaniche riattraversarono il Reno, Cesare riuscì a ricacciarli indietro. Ristabilito il dominio di Roma ci fu un periodo di relativa pace. Ne approfittò per organizzare una serie di incursioni in Britannia tra il 55 ed il 54, ma non riuscì a consolidare le sue conquiste. Dopo la sua ritirata un aspetto positivo fu l’aver iniziato dei rapporti di natura commerciale con le popolazioni ivi stanziate, ponendo le basi per la futura conquista nel 43 d.C. ad opera dell’imperatore Claudio.
- Nel 54 a.C. una pericolosa rivolta degli Eburoni capeggiati da Ambiorige annientò una legione e 5 coorti romane. Cesare rimase sconvolto e proclamò che non si sarebbe tagliato i capelli o rasato fino a quando non fosse riuscito a vendicare la sconfitta. Ci riuscì solamente nel 53 a.C. massacrando gran parte degli Eburoni.
Si giunge così alla rivolta del 52 a.C. al cui comando troviamo Vercingetorige re degli Arverni, figura carismatica in grado di riunire le molteplici tribù della Gallia Comata.
Egli pensava di poter approfittare dell’assenza di Cesare (era in Gallia Cisalpina a reclutare nuove legioni) per riuscire a rovesciare la situazione. Il proconsole romano tornato in Gallia conquistò varie città come Cenobo e Avarico, mentre il re gallico espugnò Gergovia e cercò di colpire l’esercito romano in marcia presso Digione.
Non essendo riuscito nell’impresa decise di ritirarsi ad Alesia e Cesare prontamente lo cinse d’assedio nel luglio del 52 a.C.
Assedio di Alesia
Alesia era una città fortificata sita su di un’altura scoscesa (monte Auxois), al centro della Gallia Transalpina.
A nord e a sud era protetta da due fiumi (Ose e Oserain che confluivano o ovest nel Brenne), tutto attorno vi erano delle colline a rendere difficile l’accesso tranne a ovest dove il terreno era relativamente in piano (la Pianura di Laumes).
L’esercito al comando di Cesare era composto da circa 10.000 ausiliari e 10/11 legioni per circa 50.000 uomini.
Vercingetorige aveva con se 65.000 fanti e 15.000 cavalieri. Questi ultimi vennero mandati, prima del completamento delle opere d’assedio, a chiedere aiuto presso le rispettive tribù.
Inutile dire che la situazione per qualsiasi comandante sarebbe stata un incubo dal punto di vista tattico: un assedio in territorio ostile con il rischio di essere attaccati alle spalle da truppe di rinforzo. Ma è proprio in questa difficile situazione che Cesare scolpì il proprio nome nella storia.
L’eccezionalità dell’impresa si percepisce anche dalle imponenti strutture difensive:
Furono erette due fortificazioni: una controvallazione interna di 15 km e una circonvallazione esterna di quasi 23 km, con palizzate alte circa 3,5 m, centinaia di torri a intervalli regolari e alcuni fortini. Inoltre nel lato verso Alesia, per proteggersi dalle sortite, vennero posti: due fossati, di cui uno pieno di acqua, e vari ostacoli: 5 file di Cippi (=monumenti funebri) costituiti da tronchi aguzzi occultati, 8 ordini di “gigli” (pali acuminati induriti sul fuoco) e infine gli “stimoli” costituiti da rami appuntiti.
Ora non restava che attendere la resa di Vercingetorige e resistere a ogni assalto esterno o sortita interna.
Svolgimento dell’assedio
La situazione per gli assediati incominciò subito a peggiorare, Cesare nel “De Bello Gallico” narra l’episodio di una riunione avvenuta tra gli occupanti di Alesia, in cui venne proposto:
Di fare come fecero i nostri antenati nella guerra contro i Cimbri ed i Teutoni… quando, respinti nelle città e costretti da simile carestia, si cibarono dei corpi di coloro che per età non erano più adatti alla guerra e non si arresero ai nemici.
Vercingetorige per evitare questa soluzione drammatica fece uscire tutti gli inabili alla guerra pensando che potessero essere lasciati passare da Cesare. La loro fine fu però terribile infatti i legionari, ricevuto l’ordine di non far passare nessuno, li lasciarono perire per inedia tra il vallo e le mura di Alesia.
Primo Attacco
A fine Ottobre giunsero i rinforzi gallici forti di 240.000 fanti e 8.000 cavalieri accampantisi sulle colline a ovest. Il giorno dopo il loro arrivo ci fu uno scontro nella piana di Laumes tra le cavallerie.
La vittoria dei romani, in inferiorità numerica, fu dovuta ad un provvidenziale attacco sul fianco da parte della cavalleria germanica. Gli assediati non riuscendo ad intervenire rimasero spettatori inermi della sconfitta.
Secondo Attacco
Un assalto notturno fu il secondo tentativo dell’armata di soccorso, ma i romani ben addestrati e con ordini precisi riuscirono a respingerli di nuovo anche grazie alle macchine da getto come baliste e catapulte.
L’esercito di vercingetorige non riuscì ad intervenire in tempo vanificando la possibilità di un attacco su due fronti.
Terzo Attacco
Il terzo e definitivo attacco iniziò con un assalto di 60.000 galli a nord (il loro spostamento avvenne con il favore delle tenebre) presso un forte presidiato dalla I e XI legione che risultava essere in una posizione debole visto il pendio antistante (Monte Rea) ed il mancato inserimento nelle opere difensive.
Contemporaneamente sulla piana di Laumes il resto dell’esercito di soccorso attaccò la circonvallazione mentre dall’interno Vercingetorige guidò il resto delle sue forze contro la controvallazione. Si era giunti alla resa dei conti.
Cesare avvertito della difficile situazione a nord all’inizio decise di inviare alcune coorti in soccorso al comando del fido luogotenente Tito Labieno.
In seguito decise di procedere personalmente incitando lungo il cammino i suoi legionari a non mollare. Raccolte alcune coorti effettuò un aggiramento delle truppe nemiche e insieme alla cavalleria mise in fuga i galli a Nord.
L’esercito di Alesia sconfortato da mancato sfondamento decise di ritirarsi definitivamente in città mentre il resto dei galli che lottavano sulla piana di Laumes, appresa la piega sfavorevole della battaglia, si dispersero a loro volta. Cesare inviò la propria cavalleria al loro inseguimento dato che ormai la battaglia era finita e la guerra vinta.
Conclusione dell’assedio
Cesare ricevuti gli ambasciatori gallici dettò le condizioni della resa: la consegna delle armi e dei capi della rivolta.
Plutarco ci descrive nelle sue “Vite Parallele” la resa di Vercingetorige:
“Vercingetorige, indossata l’armatura più bella, bardò il cavallo, uscì in sella dalla porta della città di Alesia e, fatto un giro attorno a Cesare seduto, scese da cavallo, si spogliò delle armi che indossava e chinatosi ai piedi di Cesare, se ne stette immobile, fino a quando non fu consegnato alle guardie per essere custodito fino al Trionfo”.
Mentre Floro ci racconta cosa disse a Cesare:
“Prendi, hai vinto un uomo valoroso, tu che sei un uomo valorosissimo!”
La fine del comandante gallico fu misera, passò 6 anni in carcere in attesa di essere trascinato in trionfo. Terminata l’umiliazione venne strangolato secondo l’usanza romana.
A Cesare dopo questa vittoria non rimase che sedare piccole rivolte tra il 51 ed il 50 a.C. per dichiarare infine la Gallia dominio romano.
Conseguenze
Nella conquista della Gallia si calcola che morirono circa 1 milione di galli e altrettanti furono fatti schiavi.
Roma ne uscì rafforzata territorialmente e i suoi interessi si proiettarono al di fuori del mediterraneo verso l’Europa settentrionale.
Ma il maggior beneficiario fu il suo conquistatore: Cesare. Ora aveva la forza necessaria per imporre il proprio volere al Senato e nel gennaio del 49 a.C. attraversò al comando di una legione il Rubicone, pronunciando la famosa frase:
Alea iacta est
Iniziò così un’altra guerra civile durata fino al 45 a.C. in cui gli si oppose il suo vecchio alleato Pompeo. Si ebbero combattimenti in Spagna, Grecia, Egitto, Siria e Nord Africa, ma ancora una volta Cesare ne uscì vincitore. Impossessatosi del potere si fece nominare Dittatore a vita.
Non più giovane incominciò subito a progettare nuove campagne contro i Parti a oriente e in Europa contro i Daci e i Germani.
Ma morirà, come è ben noto, in una congiura il 15 marzo del 44 a.C. lasciando incompiuto il suo più grande sogno: sentirsi pari se non superiore al suo mito Alessandro Magno.
Le mappe con i movimenti degli eserciti sono ricavate da http://www.arsbellica.it/pagine/antica/Alesia/alesia_eng.html