Poche automobili hanno l’onore di fregiarsi del titolo di “Macchina più bella di sempre” e una di queste è la Bugatti Type-57 SC Atlantic, nata nel lontano 1936 e prodotta fino al 1938.
Guardandola, non viene certo difficile capirne il perché; questo è un oggetto che trascende il semplice concetto di mezzo di trasporto per entrare prepotentemente nella categoria di opera d’arte, lusso concesso a ben poche automobili.
Figlio d’arte
L’enorme successo del modello 57, costruito dalla casa d’oltralpe tra il 1934 e il 1940 (più di 400 esemplari prodotti, numero altissimo considerata l’epoca ed il prezzo non certo contenuto dell’auto) portò alla produzione nel 1936 del modello derivato SC, considerato la vetta più alta raggiunta dalle auto di lusso anteguerra.
Fu proprio la geniale matita di Jean Bugatti, figlio di Ettore Bugatti, l’italiano che fondò la casa nel 1909 in Alsazia, a partorire le idee che porteranno questo modello a diventare la Bugatti più riconoscibile in assoluto.
La Bugatti più riconoscibile in assoluto.
Ribassata di alcuni centimetri rispetto al modello originale (la S sta appunto per Surbasissè) e con una nuova calandra a V, venne prodotta in soli 43 esemplari.
Così il modello 57 poté vantare una serie di carrozzerie diverse, che andavano dalla classica berlina alla filante coupé due porte SC.
Ma fu la carrozzeria Atlantic, sempre disegnata da Jean Bugatti, a raggiungere l’Olimpo dell’automobilismo.
La genesi di un capolavoro
Nel suo lavoro, Jean si basò su una concept car che la casa produsse qualche anno addietro per il Salone di Parigi nel ’37, la Aerolithe.
La Aerolithe, in una foto dell’epoca
Con una linea assolutamente audace per l’epoca, il modello era costruito utilizzando una particolare lega di magnesio, l’Electron, derivato dall’industria aeronautica.
Il materiale era sì molto resistente ed estremamente leggero, ma aveva comunque moltissimi problemi: era facilmente infiammabile e molto volatile.
Perciò, la saldatura era praticamente impossibile.
Questo inconveniente obbligò i carrozzieri a rivettare i pannelli della struttura, proprio come si faceva con un aeroplano, creando obbligatoriamente quella caratteristica cresta longitudinale che correva per tutta la parte superiore dell’auto.
Jean Bugatti risolse il problema utilizzando invece dell’Electron una lega di alluminio, che permettesse la saldatura pur mantenendo le caratteristiche di leggerezza e solidità.
Nonostante avesse perso qualsiasi scopo, la cresta longitudinale venne mantenuta per motivi estetici.
Questa fu una scelta oltremodo felice dato che è quella linea che divide in due il parabrezza ed il lunotto posteriore che contribuisce a rendere l’auto inconfondibile.
Carrozzata nelle officine Gangloff di Berna, l’auto è stata costruita con un’ossessiva attenzione ai dettagli, dagli interni gioiello alla carrozzeria a goccia, nata dal felice connubio tra la corrente dell’art decò e l’industria aeronautica.
Le linee filanti si chiudevano nel retro ad arco, che nascondeva ad una prima distratta occhiata la ruota di scorta.
Il retro è facilmente riconoscibile dal particolarissimo terminale di scarico a sei uscite.
La Atlantic aveva, sotto il cofano, anche un ottimo (ed esteticamente perfetto) propulsore da 8 cilindri in linea con una cilindrata da 3257 centimetri cubici, che la portava ad una velocità massima di 210 km/h.
Quest’auto però nascondeva alcuni piccoli difetti sotto l’aspetto impeccabile; il motore infatti iniziava a produrre uno strano rumore dopo i 60 km/h, impedendo ai passeggeri di condurre una conversazione.
La visibilità nell’abitacolo, a causa della struttura dei finestrini, era prossima allo zero.
D’estate, la scarsissima aereazione ed il materiale di costruzione creavano un calore talmente insopportabile da renderla quasi inguidabile.
Inoltre, il peso della struttura, a causa del particolare design, gravava sul retrotreno. Ma tutti questi difetti non le tolgono certo il titolo di prima supercar della storia.
Un’auto per pochi
Vennero costruite solo 4 Atlantic. La prima fu venduta poco prima della guerra al multimilionario inglese Richard Pope, che acquistò una vettura appositamente personalizzata per lui con il numero di telaio 57591.
La guidò per 28 anni, totalizzando la bellezza di 60 mila chilometri.
Le tre Atlantic vendute sopravvissero tranquillamente al conflitto mondiale, senza riportare particolari danni; lo stesso non si può certo dire del modello che rimase in mostra nello showroom Bugatti e dell’Aerolithe, che venne molto probabilmente cannibalizzata per ottenere pezzi di ricambio.
La Bugatti mancante venne ritrovata in una lista di beni nascosti per non cadere nelle mani dei nazisti a Bordeaux; ma da quel momento, sparì senza lasciare una traccia.
La terza Bugatti venduta venne coinvolta in un incidente con un treno nel 1955, uscendone totalmente distrutta.
Questo lasciò nel mondo quindi solo due Atlantic integre e totalmente originali.
La Atlantic oggi
Ralph Lauren e la sua Atlantic
L’auto che fu di Pope fu acquistata nel 1988, dopo diversi cambi di proprietà, dallo stilista e collezionista di auto d’epoca Ralph Lauren, che ne affidò la restaurazione al noto Paul Russel.
La seconda Bugatti esistente tornò invece sul mercato dopo la morte del precedente proprietario nel 2010 e venne venduta alla cifra di oltre 30 milioni di dollari, probabilmente la cifra più alta mai pagata per un’auto, ad un compratore anonimo.
La Atlantic di Ralph Lauren ha vinto, nel 2013, il prestigioso premio del Festival d’Eleganza Villa D’Este, fatto che conferma ancora una volta l’assoluta eleganza e perfezione di questa creatura.
Come se ce ne fosse ancora il bisogno.
- Bugatti Centenarie (bugatti.com)
- Bugatti Type 57 SC Atlantic Coupe (ultimatecarpage.com)
- Bugatti “Type 57SC Atlantic”: un esempio di rara bellezza (motori-24.com)
- 1938 Bugatti 57 SC Atlantic Coupé (roadandtrack.com)
- Bugatti 57SC Atlantic di Ralph Lauren Trionfa a Villa D’Este (ansa.it)