Andare a vedere questo film, che attendevo con ansia, è stato per me come andare a vedere Titanic con un bambino, in quanto al mio fianco c’era la mia ragazza.

E se io sono un appassionato di corse ed ex pilota che ora di corse scrive per vivere, lei di motori non gliene è mai fregato nulla e pur vivendo in un paese con uno dei dieci autodromi attivi in Italia, all’Adria International Raceway ci ha messo piede per la prima volta con me.

Rappresentavamo, in due seggiolini affiancati, entrambe le “etnie” degli spettatori che andranno a vedere Rush.

Questo per dire che rappresentavamo, in due seggiolini affiancati, entrambe le “etnie” degli spettatori che andranno a vedere Rush, l’ultimo lavoro di Ron Howard.

Premetto che non sono un cinefilo accanito, amo andare al cinema a vedere quello che mi interessa, ma non ho l’occhio del superespertone che nota il gioco di luci che ricrea chissà quale effetto inventato dal tal regista, etc etc… sono solo un nerd comune con, tra i tanti pallini, anche (e forse soprattutto) quello per le corse di automobili.

 

 

 

La trama (senza spoiler)

Perché ho citato Titanic nell’introduzione? Perché Rush si basa su una storia vera, e cioè il campionato 1976 del Mondiale di Formula 1.

E quindi la trama è nota a tutti quelli che come me amano le corse, che questa fantastica ed epica sfida, tra due piloti simili tra loro come acqua e fuoco, l’hanno vissuta o ne hanno letto nei fiumi d’inchiostro che sono stati versati per raccontarla.

Non starò quindi a sproloquiare per raccontarla, la potete leggere benissimo sull’amica Wikipedia. Mi voglio piuttosto concentrare su come sia stata raccontata e sulla sua vicinanza alla realtà.

RUSH
Ron Howard è stato addirittura maniacale nella rappresentazione del vero

Ron Howard è stato maniacale nella rappresentazione del vero, come ad esempio si può vedere da questo video girato da un tedesco mentre stava passeggiando lungo il tracciato del Nürburgring e che si è imbattuto nelle riprese. Sotto potete vedere le immagini originali e confrontarle. Un lavoro sopraffino.

Addirittura per le scarpe dei piloti quando in abbigliamento da corsa è andato dal mitico Ciccio di Cefalù, l’artigiano che allora con le sue mani le faceva per tutti i piloti più famosi.

Ciccio mi fece le scarpe per la stagione 1996 ed erano fantastiche, mai più avute di così comode. Peccato che le dovetti tagliare a fine stagione per un test in F3 in cui… non ci stavo coi piedi nell’abitacolo!

Sia chiaro però che un po’ di romanzo c’è, anche perché non doveva e non voleva essere un documentario, bensì un film che facesse presa anche su tutti coloro che le corse non le guardano.

E se quindi all’inizio viene inserito un incidente che non si verificò nella realtà, in un test al Paul Ricard si vede che le vetture sono a Brands Hatch e le due personalità vengono molto estremizzate per dimostrarne la distanza, lo si accetta più che volentieri intanto che si è presi nel turbine della storia.

 

 

Il risultato

Credo che il fatto che entrambe le “etnie” siano uscite dal cinema esaltate allo stesso modo significhi chiaramente che l’obiettivo è stato raggiunto.

Rush
Credo che il fatto che entrambe le “etnie” siano uscite dal cinema esaltate allo stesso modo significhi chiaramente che l’obiettivo è stato raggiunto.

Le immagini sono fantastiche, realistiche e fatte con gusto. Non c’è la scena terribile alla Giorni di Tuono del pilota che accelera ancora in un punto dove dovrebbe essere già con il pedale a fine corsa, o l’incidente supermegaterrificante tanto per fare scena o voler dimostrare la pericolosità delle corse.

Al contrario soprattutto la questione della pericolosità è gestita con molto gusto, citando tutti eventi realmente avvenuti senza aggiungerne, e mostrandoli nella maniera meno cruda possibile (soprattutto, per chi sa, ho molto apprezzato come è stato reso quello di François Cévert a Watking Glen).

L’idea di “cavalieri del rischio” che ammantava i piloti di quegli anni è invece resa tramite le parole fuori campo di Lauda. Che ho trovato adeguate e mai esagerate per descrivere il motorsport di allora.

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Fantastici gli attori scelti, veramente perfetti nell’interpretare i vari piloti, sia come somiglianza che come rappresentazione. E bravo anche al nostro Pierfrancesco Favino, che interpreta Clay Ragazzoni. E avendo conosciuto lo svizzero, sono sicuro che quelle frasi nel sottopasso le abbia dette realmente :-D

Bellissimo poi come è stato reso il periodo anche con gli effetti le telecamere, con le camera car che rendono immagini molto mosse per replicare le vibrazioni che realmente si vivono a bordo delle vetture.

Insomma, anche ad un occhio di uno “dell’ambiente”, dopo una prima visione (perché sono abbastanza certo che provvederò ad una seconda più clinica sempre al cinema, prima di provvedere a procurarmi il supermegacofanetto Blu Ray che sicuramente verrà realizzato per noi malati) non ho notato storture o errori macroscopici. Una vera gioia per gli occhi.

 

 

 

Belle non solo le auto

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L’uomo ama le donne. Ma ancora più delle donne ama… le macchine!
Thomas Alexander Fermor-Hesketh

Lo dice il personaggio di Lord Hesket nel film (e se qualcuno se lo domandasse, anche quello è un personaggio realmente esistito così com’è rappresentato!) ed io l’ho appena dimostrato.

Per la gioia dei nostri occhi ci sono notevoli fanciulle che se la spassano con James Hunt.

Ho parlato tanto della bellezza di come sono rese le auto e le corse, e mi sono dimenticato uno dei quattro elementi base su cui è costruita Lega Nerd.

Per la gioia dei nostri occhi ci sono notevoli fanciulle che se la spassano con James Hunt.

Tra queste sono assolutamente da segnalare Olivia Wilde, che non necessita di presentazioni od altri aggettivi superlativi per definirne la bellezza, e Natalie Dormer, alias la altrettanto affascinante Margaery Tyrell della serie tv di Game of Thrones.

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Direi che possano bastare per far felici tutti noi nerdi maschi. Per le fanciulle basta decisamente Chris “Thor” Hemsworth per tutto il film…

 

 

 

Difetti

La perfezione non è essere perfetti, ma tendere continuamente ad essa.
Johann Gottlieb Fichte (Fonte sconosciuta)

Non si poteva certo fare tutto giusto, e anche Rush qualche cosina storta ce l’ha. Ma si tratta tutta di roba veramente veniale.

 

Rush
A mio modesto parere la cosa peggiore è il doppiaggio italiano.

Per carità, non voglio fare il solito hipster che la mena che i film vanno visti in lingua originale… ma avendo visto il trailer originale del film mi sono accorto di quanto incredibilmente simile a quella del vero Niki Lauda fosse la voce di Daniel Brühl, e di quanto fosse piacevole sentirlo parlare in inglese con quello spiccatissimo accento austriaco.

La scelta del doppiaggio italiano è stata di azzerare completamente gli accenti delle nazionalità.

Al contrario la scelta del doppiaggio italiano è stata di azzerare completamente gli accenti delle nazionalità, tranne che per due italiani che incontrano per caso e riconoscono Lauda per strada e gli parlano con un fortissimo accento meridionale.

Peccato che solo pochi minuti prima fosse stato accennato che erano a mezzora di strada da… Trento!

Giusto in rare occasioni si sente qualche accento straniero, per esempio un giornalista argentino che chiede di Carlos Reutemann o un commentatore della tv francese, unico a non essere tradotto in italiano.

Al contrario immagino che nella versione originale si sia fatto largo uso degli accenti per far percepire agli americani quanto cosmopolita fosse quel mondo.

 

L’altra pecca non è un vero e proprio errore, ed è qualcosa che forse solo noi italiani possiamo percepire come un problema.

La scrivo qui sotto in un riquadro per non spoilerare l’evento cardine del film che per me è appunto banale come il Titanic che sbatte contro l’iceberg, e che per la mia ragazza era un fatto sconosciuto.

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Arturo Merzario, l’eroe dimenticato

Quando avvenne il terribile rogo di Lauda nell’inferno verde del Nürburgring, furono diversi i piloti che accorsero ad aiutare lo sfortunato pilota di Vienna.

Ma quello che realmente lo estrasse dalla Ferrari salvandolo da morte praticamente certa fu il mitico Arturo Merzario, personaggio straordinario, matto come un cavallo e simpatico come pochi altri.

“L’Arturo” come è conosciuto da tutti nell’ambiente delle corse, fermò la sua March per andare a soccorrere il collega, nonostante tra l’altro tra i due non corresse per niente buon sangue.

E difatti quando poi Lauda gli spedì a casa un costosissimo orologio per ringraziarlo del suo gesto, Merzario glielo rimandò indietro, perché da quel crucco non voleva nulla.

Ma comunque si fermò a salvare un pilota che in seguito grazie a quel suo gesto vinse altri due titoli mondiali diventando uno dei più grandi di questo sport.
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Ecco, il mio rimpianto è che una figura così importante in un evento chiave non venga nemmeno minimamente accennata.

Si vede nella massa delle persone che sono al lavoro attorno alla vettura il suo casco, ma solo di sfuggita. Sarebbe stato bello che il suo gesto fosse stato valorizzato.

 

 

 

 

Conclusioni

Credo si sia capito ben presto, nonostante abbia cercato di essere il più equilibrato possibile nel redarre l’articolo, che sono rimasto straordinariamente contento di questo film.

Bello, realistico nelle cose importanti e non noioso tipo documentario nel contorno.

E, soprattutto, è finalmente un bel film di corse fatto come si deve!

Era dai tempi di Grand Prix e Le Mans con Steve McQueen che non capitava. Il migliore in tempi recenti è stato Cars (pieno zeppo di citazioni strepitose, ma che avranno capito forse l’1% degli spettatori)… e parliamo di un film d’animazione!

Driven ed Adrenalina Blu erano stati dei veri pugni negli zebedei…

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Insomma, per me il voto è un pienissimo 5 caschi rossi su 5. Spero piaccia anche a voi come è piaciuto a me!