Se un giorno vi svegliaste e vi avanzassero circa 40.000 scheletri umani, con un (bel) po’ di tempo libero a disposizione voi cosa fareste? Ma è ovvio, per Diana! Ci giocheremmo a shangai, costruiremmo uno xilofono, decoreremmo una cappella cimiteriale.

La bellezza è soltanto epidermica,
la bruttezza arriva fino all’osso.

Arthur BlochLegge di Parker, La legge di Murphy sull’Amore, 1993

 

L’Ossario di Sedlec (in ceco kostnice Sedlec) si trova all’interno del cimitero della chiesa di tutti i Santi (in ceco: Hřbitovní kostel Všech Svatých) a Sedlec, una frazione di Kutná Hora situata circa 65 km a Est di Praga.

La macabra decorazione che oggi ne arricchisce gli spazi e la rende “famosa” in tutto il mondo deriva da una commistione di pragmatismo e senso artistico che forse non ha eguali. Da un certo punto di vista si può dire che è stata fatta di necessità, virtù… ma andiamo con ordine.

 

 

La storia

Ottocaro IINel 1278 il re di Boemia, Ottocaro II, spedisce il povero abate Enrico, del monastero cistercense di Sedlec, in terra santa. Come ogni buon turista religioso che si rispetti il prelato torna indietro con un souvenir: una bella giara piena di Terra Santa™ del Golgota.

Il terreno viene disperso nel cimitero assicurando così un boom di sepolture senza precedenti.

Non nel senso che schiatta un sacco di gente… almeno non subito.

Secondo la tradizione il suolo del cimitero così consacrato avrebbe donato a chiunque vi fosse seppellito la salvezza eterna.

Secondo la tradizione, il suolo del cimitero così consacrato avrebbe donato a chiunque vi fosse seppellito la salvezza eterna. Conseguenza naturale di quella che definirei una strategia di marketing vincente è che i peccatori di mezza Europa fanno carte false per farsi seppellire a Sedlec.

Nel 1318 oltre 30.000 corpi furono seppelliti nel cimitero, a causa di un’epidemia (un anticipo di quanto accadrà in seguito?) e la necessità di un ossario già era evidente.

Ma, oltre alla speranza di recuperare un pass VIP da sventolare in faccia a San Pietro, furono altri i fattori, meno mondani e più contingenti, che portarono all’affollamento del cimitero. La peste nera e la crociata Hussita causarono, nella seconda metà del XIV secolo e all’inizio del XV, una quantità di morti impressionante.

A cavallo del 1400 cominciò la costruzione della Chiesa di tutti i Santi, al centro del cimitero e durante la crociata Hussita il cimitero raggiunse la sua massima estensione, 3 ettari e mezzo.

Col passare degli anni lo spazio disponibile per le nuove sepolture si riduceva sempre di più, inevitabilmente.

Tuttavia col passare degli anni lo spazio disponibile per le nuove sepolture si riduceva inevitabilmente sempre di più.

Quindi o si cominciava a seppellire la gente in verticale oppure ci si doveva liberare dei clienti più anziani. Si scelse la seconda opzione.

All’inizio le ossa delle vecchie sepolture vennero conservate nella chiesa, per far posto ai nuovi arrivati. Ma quando il loro numero aumentò a dismisura si decise di destinare allo scopo la cripta al livello inferiore della cappella.

Nel 1511 venne allestito un primo rudimentale ossario. L’incarico di raccogliere i resti dissepolti fu affidato a un monaco cistercense, si dice mezzo cieco (o era solo ceco? AH AH AH… ehm, scusate), che ammassò in sei rozze piramidi all’incirca 10.000 ossa.

Tra il 1703 e il 1710 l’architetto ceco, di origini italiane, Giovanni Santini si occupò della ristrutturazione in stile barocco della cappella e della costruzione di un nuovo ingresso, necessario per puntellare la facciata che stava pericolosamente inclinandosi verso l’esterno. A lui si attribuisce la definitiva destinazione della cripta a ossario.

Fu però solo nel 1870 che assunse la sua configurazione definitiva.

In un solo colpo František Rint, intagliatore e carpentiere al servizio del Duca di Schwarzenberg, risolse i problemi di “stoccaggio” e sfogò la sua vena artistica. Oltre a decorare muri e volte della cripta con le ossa in essa accumulate, egli compose delle vere e proprie sculture.

Degni di nota sono l’enorme candeliere, le decorazioni dell’altare e l’enorme stemma di famiglia degli Schwarzenberg.

Quando si dice unire l’utile al “dilettevole”.

 

 

 

Un corto scomodo

Nel 1970, in occasione del centenario del contributo di Rint, Jan Švankmajer fu incaricato di girare un documentario sull’ossario.

Girò un cortometraggio di una decina di minuti caratterizzato da un montaggio a tratti frenetico a tratti lento, il cui unico sottofondo musicale erano dei sottotoni da incubo e la voce neutrale e inespressiva di una guida turistica.

Le autorità comuniste dell’epoca bandirono questa prima versione ritenendola sovversiva e sostituirono la traccia audio con una breve introduzione parlata e un arrangiamento jazzistico, di Zdeněk Liška, del poema “Comment dessiner le portrait d’un oiseau” (trad. “Come disegnare il ritratto di un uccello”) di Jacques Prévert.

In seguito alla rivoluzione di velluto la traccia audio originale è stata resa disponibile.

 

 

 

 

Curiosità (più o meno) Nerd

 

Fonti