La Tyrrell Project 34 è sicuramente una della automobili da competizione più famose e riconoscibili in assoluto. Ma l’unica monoposto a sei ruote ad aver partecipato al Campionato del Mondo di Formula Uno non è il solo tentativo di sfruttare due ruote in più delle canoniche quattro nel mondo delle competizioni automobilistiche.
Derek Gardner fu assunto da Ken Tyrrell nel 1970 per progettare la prima monoposto costruita autonomamente dalla scuderia britannica. Il talento del progettista fu subito evidente: le sue creature vinsero i titoli costruttori e piloti già nel 1971, giunsero seconde in entrambe le classifiche la stagione successiva e tornarono al successo col titolo piloti nel 1973.
Dalla stagione successiva però persero drasticamente competitività: una delle cause era il motore Ford Cosworth DFV V8 che pagava parecchi cavalli nei confronti del 12 cilindri Ferrari ma che era comunque l’unica alternativa motoristica valida.
Fu anche per questo motivo che Gardner rispolverò un’idea che aveva proposto già nel 1968, mentre lavorava alla trasmissione a quattro ruote motrici della Lotus 56.
L’ingegnere all’epoca aveva proposto l’utilizzo di quattro piccole ruote anteriori per ridurre la portanza aerodinamica generata dalle normali ruote, che rendeva instabile l’avantreno della monoposto, senza diminuire la superficie di contatto con l’asfalto.
Secondo Gardner, la riduzione della portanza delle ruote anteriori avrebbe permesso l’utilizzo di un’ala più piccola con conseguente riduzione della resistenza aerodinamica, riducendo così lo svantaggio in velocità di punta rispetto alle Ferrari.
Gardner ebbe il “via libera” di Tyrrell nel 1974.
La compagnia petrolifera francese Elf avrebbe coperto il notevole budget richiesto dall’impresa.
Goodyear avrebbe fornito le gomme da 10″, che dovevano necessariamente essere più resistenti delle normali coperture a causa delle maggiori sollecitazioni dovute alla maggiore velocità di rotazione.
Koni avrebbe realizzato i gruppi molla-ammortizzatore miniaturizzati che complessivamente non dovevano pesare più degli ammortizzatori tradizionali. Il sistema frenante, a quattro dischi da 8″, sarebbe stato realizzato dalla Lockheed.
Il prototipo della P34 (un ibrido basato sulla Tyrrell 007) fu presentato alla stampa nel settembre del 1975.
La versione definitiva della monoposto non fu pronta fino al Gran Premio di Spagna, all’inizio di maggio del 1976. Il telaio, siglato P34/2, era stato completamente ridisegnato e realizzato con l’utilizzo di leghe al titanio, con conseguente riduzione della massa.
La lunghezza e il passo erano diminuiti mentre la carreggiata anteriore era aumentata. Lo sterzo agiva direttamente sul primo asse e un sistema di rimandi agiva sul secondo: nel prototipo l’angolo di sterzata era uguale per i due assi ma nella versione definitiva fu aumentato quello del primo asse per risolvere problemi di sottosterzo.
Infine l’ala anteriore a scalpello fu accorciata e maggiormente sagomata e furono aggiunti due finestrini in plexiglass ai lati del cockpit per favorire il pilota nell’individuare gli ingombri anteriori.
Patrick Depailler portò al debutto la P34 conquistando la terza posizione dello schieramento di partenza, ma si dovette ritirare per un’uscita di pista, causata da problemi ai freni, quando occupava la quarta posizione.
Il compagno di squadra Jody Scheckter dovette aspettare la gara successiva, il GP del Belgio, per schierare la sua P34: concluse la gara al quarto posto conquistando i primi punti iridati della monoposto.
Il GP successivo, quello di Monaco, consegnò alla P34 il primo podio: Scheckter, al secondo posto, precedette il compagno di squadra Depailler. L’effimera consacrazione giunse già alla gara successiva.
Il 13 giugno 1976, sul circuito di Anderstorp in Svezia, Jody Scheckter, partendo dalla pole position, portò alla vittoria la P34 precedendo il compagno di squadra Patrick Depailler e la Ferrari di Niki Lauda.
La storica doppietta fu anche l’unica vittoria della vettura a sei ruote. La prima stagione della P34 si chiuse con una vittoria, nove secondi posti e un terzo posto.
Grazie anche ai 13 punti guadagnati a inizio stagione con la Tyrrell 007, la scuderia conquistò 71 punti e la terza posizione nel campionato costruttori, dietro a Ferrari e McLaren-Ford.
I risultati non furono fallimentari ma non furono neanche quelli sperati: il teorico guadagno in velocità di punta non si era di fatto realizzato poiché le ruote posteriori tradizionali rimanevano un grosso freno aerodinamico.
Le piccole ruote anteriori si dimostrarono un’arma vincente con le basse temperature ma il rovescio della medaglia furono i problemi di surriscaldamento con temperature più alte.
Scheckter non digerì mai la P34 e a fine stagione lasciò la squadra consegnando alla storia una poco lusinghiera definizione della monoposto che lo aveva portato alla vittoria:
a piece of junk.
Le novità per la stagione 1977 furono l’apporto finanziario del nuovo sponsor First National City Bank, una nuova carrozzeria più aerodinamica e il nuovo pilota Ronnie Peterson.
Purtroppo i problemi evidenziati nella stagione di debutto erano rimasti anche nella seconda: la monoposto non aveva guadagnato abbastanza in velocità di punta con la nuova aerodinamica e Goodyear aveva abbandonato lo sviluppo delle gomme da 10″ senza risolvere il problema del surriscaldamento.
Gardner modificò l’anteriore della vettura allargando la carreggiata allo scopo di lasciare scoperte le ruote per migliorarne il raffreddamento (P34B) ma senza ottenere risultati significativi e snaturando così il concetto iniziale del progetto.
Il progettista abbandonò la squadra prima della fine della stagione che si concluse in maniera fallimentare: un secondo posto di Depailler, altri tre podi e una catena impressionante di ritiri.
La carriera di una delle vetture da competizione più estreme mai scese in pista era definitivamente chiusa.
L’idea che era alla base del progetto si era dimostrata un modo troppo complicato per risolvere problemi che da li a pochi anni sarebbero diventati minori: quella stessa stagione debuttarono la Lotus 78, la prima “wing-car” a effetto suolo, e la Renault RS01, la prima Formula Uno con motore sovralimentato da turbocompressore.
Rimane comunque l’atto di coraggio di un uomo che per difendere una propria idea e vederla realizzata fu disposto a sacrificare una brillante carriera di progettista in Formula Uno.
La P34 fu l’ultima monoposto progettata da Gardner.
Un’altra variante al concetto della monoposto a sei ruote è l’utilizzo di quattro ruote motrici posteriori su due assi. In questo caso lo scopo è l’incremento di trazione rispetto alle due ruote motrici con conseguente miglior sfruttamento della potenza del motore. Il primo esempio in questo senso è la Kurtis Kraft-Offenhauser 500G “Pat Clancy Special” che prese parte alla 500 Miglia di Indianapolis nel 1948 e 1949.
Visti gli iniziali successi della Tyrrell P34, March Engeneering realizzò nel tardo 1976 la March 2-4-0, una versione modificata della March 761 con quattro ruote motrici posteriori aventi le stesse dimensioni di quelle anteriori.
Oltre all’incremento di trazione, le dimensioni ridotte delle ruote posteriori avrebbero dovuto risolvere il problema della resistenza aerodinamica che invece non era stato risolto dalla P34 a causa delle ruote posteriori di dimensioni tradizionali. La monoposto venne testata all’inizio del 1977 ma non prese mai parte a GP di Formula Uno.
Williams riprese il concetto nel 1982, aggiungendo l’effetto suolo. I risultati dei test sulla Williams FW07D, versione a sei ruote della “famiglia” FW07, convinsero Patrick Head, progettista e cofondatore della scuderia, a realizzare la Williams FW08B.
Quest’ultima era la versione a sei ruote della FW08 che aveva debuttato quello stesso anno: come la FW07D e la March 2-4-0, aveva quattro ruote posteriori motrici delle stesse dimensioni delle due anteriori.
Avrebbe dovuto debuttare nella stagione successiva ma il regolamento tecnico fu cambiato introducendo numerose limitazioni: oltre al divieto di sfruttamento dell’effetto suolo, conseguente all’incidente mortale di Gilles Villeneuve, furono limitate a quattro le ruote delle monoposto con solo due motrici. Patrick Head dichiarò che le vetture a sei ruote furono vietate perché:
someone in a FOCA meeting said it would drive up costs and cause chaos during pitstops
Anche la Scuderia Ferrari diede il suo effimero apporto al filone delle monoposto a sei ruote: nel 1977 sperimentò una versione della 312T2 (312T6) con ruote posteriori gemellate, delle stesse dimensioni delle anteriori.
Lo scopo del progettista Mauro Forghieri era, anche in questo caso, quello di ridurre il freno aerodinamico generato dalle enormi coperture posteriori standard, ma probabilmente anche quello di evitare la notevole deformazione cui questi pneumatici erano soggetti in curva. Niki Lauda e Carlos Reutemann collaudarono la monoposto sui circuiti di Fiorano e Nardò.
L’austriaco si disse favorevole, mentre l’argentino bocciò la vettura dopo aver avuto un incidente e successivamente una rottura della sospensione.
Lo sviluppo fu fermato ad uno stadio in cui la monoposto superava la larghezza massima consentita dal regolamento della Formula Uno.
Forghieri non fu tuttavia il primo a pensare alle ruote gemellate. Già prima della Seconda Guerra Mondiale alcuni costruttori avevano pensato a questa soluzione per permettere ai loro bolidi di mettere a terra tutta la potenza possibile, sui terreni più difficili, attraverso la limitata impronta a terra degli pneumatici dell’epoca.
Un esempio è la Auto Union Type C del 1936 (V16 6 litri con compressore volumetrico da oltre 500 cv) che poteva essere equipaggiata con ruote gemellate per limitare il sovrasterzo nelle curve lente delle gare in salita.
- project34.co.uk
- Tyrrell P34 – Tre assi nella manica (ConnectingRod.it)
- The winning ‘piece of junk’ (ESPN F1)
- Tyrrell P34 (Wikipedia)
- March 2-4-0 (Wikipedia)
- Williams FW08 (Wikipedia)
- Ferrari 312T2 (Wikipedia)
- Auto Union Type C (Wikipedia)