I sâdhu nella cultura induista non sono altro che uomini che dedicano la loro intera vita alle rinunce, vivendo all’insegna della povertà e della semplicità. La traduzione dal sanscrito vuol dire “sant’uomo” o “uomo di bene” e, praticamente, non sono altro che asceti.
In particolare, vorrei parlarvi degli asceti indiani, queste figure che evocano rispetto e spesso anche un po’ di stupore sul loro stile di vita molto particolare e bizzarro.
Ascetismo
Innanzitutto però, vediamo di capire di cosa stiamo parlando: chi sono gli asceti? Cosa vuol dire “ascetismo”? Chiedendo a mamma Wikipedia, ella ci dirà che il termine ascetismo deriva da “ascesi” (dal greco antico askesis) una parola che in origine significava “esercizio” e che le pratiche ascetiche si propongono di conseguire una condizione di vita che, diversamente da quella ordinaria, realizzi superiori valori religiosi. L’ascesi comporta quindi una svalutazione del corpo fisico tramite sacrifici, rinunce e mortificazioni della carne al fine di raggiungere una superiore spiritualità. Questi uomini [e donne, anche se rare (le donne hanno la denominazione di sâdhvi)] hanno rinunciato ad ogni cosa, hanno tagliato i ponti con le loro famiglie e campano solo grazie alle offerte dei devoti. Molti vengono considerati come grandi maestri dello Yoga, tanto che hanno dei veri e propri allievi.
Le Siddhi
Arriviamo ora al nocciolo del discorso: i loro presunti poteri. In alcune mitologie orientali vengono citati spesso racconti riguardanti santoni che hanno acquisito poteri straordinari tramite la pratica dell’ascesi. Questi maestri dello Yoga riconoscono che il mondo non è altro che illusione (māyā) e conquistano il potere di poter manipolare quest’illusione grazie alla liberazione (moksha).
Da tempi immemori gli asceti vengono temuti e rispettati, riveriti quasi come dèi. Queste siddhi, o come li chiameremmo noi: “poteri”, possono essere innate o essere guadagnate grazie ad uno stile di vita austero. Gli yogi (o asceti o sâdhu o siddha che dir si voglia) non dovrebbero sforzarsi di acquisire le siddhi, bensì dovrebbero arrivare “naturalmente” come premio per il compimento del loro yoga e accettarle così come “segni” del successo. Quindi, le siddhi non sono il fine ultimo, bensì un segno che il fine ultimo è stato raggiunto.
Nell’induismo le più importanti sono otto, chiamate Ashta Siddhi:
- Aṇimā: capacità di rendere il corpo minuscolo come un atomo;
- Mahima: capacità di diventare infinitamente grandi (quanto l’universo si dice);
- Garima: capacità di diventare infinitamente pesanti (secondo altre fonti sarebbe la capacità dell’onnipresenza);
- Laghima: capacità di diventare quasi senza peso (levitazione);
- Prāpti: capacità di ottenere e materializzare qualsiasi cosa;
- Prākāmya: capacità di realizzare qualunque cosa si desideri;
- Iṣṭva: possedere assoluta supremazia sulla natura;
- Vaśtva: avere il potere di controllare le forze della natura.
Queste, come detto sopra, sono le otto Siddhi principali, ma ne esistono almeno altre trenta (secondo mamma Wikipedia lo Yoga Sutra di Patañjali ne analizza addirittura 68), ottenibili grazie allo Yoga e alla meditazione.
Queste “siddhi aggiuntive” sembrano un elenco dei poteri dei nostri supereroi preferiti di Marvel, DC e Bibbia, con poteri come la chiaroveggenza, la tolleranza a temperature estreme, leggere (e quindi conoscere) le menti altrui, sentire e vedere cose che dovrebbero essere troppo lontane, teletrasporto, bilocazione, produrre fuoco col proprio corpo, assumere ogni forma desiderata, parlare con gli animali, entrare nei corpi degli altri, non essere soggetti a fame, sete e gli altri bisogni corporei, incrociare le braccia al contrario e non provare fastidio e chi più ne ha più ne metta.
Prove
Ma a questo punto credo che sorga anche in voi la grande domanda che è sorta anche in me: esistono delle prove di queste facoltà mistiche? Oppure sono solo ideali “premi” religiosi?
Io ho trovato solo due possibili esempi, che però mi fanno un po’ storcere il naso.
Il primo è il caso di Rambhau Swami, chiamato lo “Yogi del Fuoco”, uno Yogi che dice di aver imparato a dominare il fuoco. Pare che sia capace di ottenere uno stato di perfetta risonanza col fuoco riuscendo ad avere così un’unione con questo elemento col risultato di non bruciarsi. Inoltre provvede al suo sostentamento con due banane al giorno e un bicchiere di latte.
Ecco un divertente video in cui potrete vederlo in azione:
Il secondo caso è molto famoso e ne ha parlato anche quel frolloccone di il buon, vecchio Giacobbo: si tratta di Prahlad Jani, un altro asceta che ha rinunciato a tutto e vive in isolamento idolatrato dalla gente del posto che si riferisce a lui come al “dio”.
Il piccolo Prahlad, all’età di 8 anni ha ricevuto un dono da una dea in persona, la dea indù Amba che, messogli un dito sulla lingua, gli disse che da quel momento non avrebbe più avuto bisogno di bere o mangiare.
E così, lui afferma di non bere o mangiare da quel giorno. Se fosse vero, sarebbe a digiuno da poco più di settant’anni. Prahlad afferma di cibarsi dell’energia dell’universo e per capire se diceva il vero è stato messo alla prova due volte nel 2003 e nel 2010.
La prova consisteva semplicemente nel monitorarlo per diversi giorni di fila e fare test medici per monitorare le sue condizioni.
Nel 2003 rimase chiuso in una stanza sigillata per 10 giorni con solo 100 ml di acqua da usare come colluttorio (quindi sputandola e non ingerendola) mentre nel 2010 per 15 giorni. In entrambe le “prove” Prahlad non ha né urinato né defecato (ovviamente) anche se pare che l’urina si sia formata lo stesso all’interno della vescica.
In ogni caso è rimasto in ottima salute (anche migliore di molti suoi coetanei) anche se il fatto che abbia perso un po’ di peso durante quei giorni abbia fomentato diversi dubbi.
Per la comunità scientifica, comunque, questi test non sono validi in quanto sostiene che non sia stato tenuto sotto osservazione 24 ore su 24 e che quindi abbia potuto ingerire qualcosa quando non osservato.
Conclusioni
Probabilmente Rambhau Swami si è semplicemente allenato parecchio per resistere a temperature molto elevate, ma si brucia anche lui come tutti noi (nel video ad un certo punto si vede anche bene) e Prahlad Jani è probabilmente solo un uomo con una capacità di resistenza e adattamento estremi alla mancanza di cibo e acqua.
In poche parole, direi che non ci sono prove che queste siddhi siano reali, ma è certo che gli asceti e i sâdhu esistono e che alcuni di loro provano a dare un senso alla loro vita e a rispondere alle domande esistenziali che affliggono l’uomo da sempre con una ricerca tutta loro.
Alcuni hanno fatto rinunce bizzarre e molto pesanti, come nel caso di Amar Bharati che vive da circa 40 anni col braccio destro alzato per la pace (tanto che si è completamente atrofizzato), ispirando anche moltissimi altri sâdhu a fare la stessa cosa.
Altri, forse, hanno solo pensato di diventare famosi usando a loro favore l’alone di mistero che le siddhi emanano.
Senza dubbio sono dei personaggi molto interessanti da analizzare per il modo in cui hanno deciso di rinunciare a tutto per trovare il loro io più profondo e sentirsi un tutt’uno con l’universo.
È certo poi che per noi occidentali questa forma di devozione è difficilmente comprensibile per via dell’immensa differenza di stile di vita e usanze che separa le nostre culture e risulta sicuramente molto affascinante e curiosa.
- Ascetismo
- Sadhu
- Prahlad Jani
- Amar Bharati
- Il libro “Le spiritualità dell’India” di Richard Waterstone.