Qualche concetto su un tema cardine del dibattito architettonico contemporaneo.
L’Architettura Digitale può essere considerata come quel tipo di architettura che non si riferisce ad elementi reali, ma a cyberspazi, come chatrooms, siti internet (si pensi al concetto di Home Page, la pagina casa), dungeon ed ambientazioni di giochi di ruolo.
Tuttavia, possiamo pensare all’Architettura Digitale come a quella architettura reale che ci proietta però in un mondo che non riconosciamo, un mondo di edifici che non hanno nulla a che fare con l’architettura in senso tradizionale, che reinventano e reintroducono concetti di curvilinearità, espressionismo e di intervento della tecnologia nella vita di tutti i giorni.
Architettura e Software
Con Architettura Digitale, in senso lato, s’intende anche tutta quella architettura che fa del processo informatico un vero e proprio canone di progettazione.
Questa pratica è stata introdotta (ovviamente) con l’avvento dei software per computer, nati come supporto alla progettazione. Sicuramente fu una rivoluzione. I tempi e i modi del processo creativo cambiarono radicalmente: più velocità, precisione, flessibilità e capacità di controllo.
Tra i più innovativi e utili strumenti che si possono citare troviamo AutoCAD, ArchiCAD o Vectorworks, utilissimi per il disegno nelle due o tre dimensioni.
Tuttavia, con lo svilupparsi esponenziale delle tecnologie informatiche hardware, anche i software hanno seguito questa tendenza. Si sono evoluti, sono cresciuti e ne sono nati di nuovi.
Tra i nuovi software che si sono sviluppati, spesso in stretta collaborazione con progettisti e architetti, troviamo per esempio Rhinoceros (nato per i designer, rubato dagli architetti) o Grasshopper come modellatori tridimensionali o ancora Maxwell, Cinema4D e 3DStudio Max come potentissimi strumenti di modellazione e rendering.
Rendering spesso troppo perfetti per essere veri (o viceversa, come i fiori veri che sembrano finti o quelli finti che paiono reali).
Questi nuovi programmi permettono di immaginare, creare e progettare qualsiasi forma, riconoscibile e non (alcune potrebbero far impallidire anche Escher), con un semplice click, sfruttando serie di algoritmi e formule matematiche.
I materiali moderni (calcestruzzo, acciaio, vetro, metalli), inoltre, permettono di realizzare in forma compiuta queste fantasie architettoniche.
L’abilità degli architetti che progettano in questa maniera è indiscussa, ma viene da chiedersi dove finisca la vera abilità architettonica e dove cominci il dominio del calcolatore.
Forme nuove per la nostra società
Spesso la grande qualità di edifici costruiti in questa maniera risiede nella forma.
Spettacolare, incredibile, emozionante, quasi sublime, che suscita timore, ma anche stupore. L’architettura in fondo deve fare anche questo, deve stupire.
E in una società sempre più dipendente dalla televisione, dai media, costantemente colpita da un bombardamento di immagini, suoni, colori e informazioni, effettivamente questa è l’unica architettura che può colpire nell’immediato.
La possibilità di attualizzare i progetti in immagini (spesso pompate nelle luci e nei colori, effettate allo sfinimento) rientra perfettamente in questa logica di stupore.
Personalmente non sono contrario all’uso di queste tecnologie, ma sono convinto che questi strumenti debbano essere controllati sempre dalla creatività umana.
Ci sono forme che non ci appartengono, o meglio, che non siamo in grado né di spiegare, né di schizzare a mano.
Secondo me la vera abilità dell’architetto moderno deve risiedere nel poter piegare alla propria volontà quella del computer, senza lasciarsi tentare dalla progettazione facile e sempre meno cerebrale.