Causa il sovraccarico di lavoro che preannuncia puntualmente ogni pausa natalizia non ero ancora riuscito a vedere una delle tante pellicole natalizie uscite quest’inverno.
Ciò fino a ieri quando sfidando tutti i pregiudizi che erano sorti in me guardando i numerosi trailer apparsi qua e la per la rete ho deciso di concedermi la visione de Lo Hobbit.
Da appassionato di Tolkien è dall’estate 2011 che attendo con trepidazione il ritorno di Jackson alla regia
Da appassionato di Tolkien è dall’estate 2011 che attendo con trepidazione il ritorno di Jackson alla regia visto che son passati ormai 8 anni dall’ultimo episodio della trilogia de Il Signore degli Anelli.
Personalmente ho sempre adorato il romanzo di Lo Hobbit per la sua immediatezza: una fiaba tanto scanzonata quanto inquietante in certi passaggi, sapientemente narrata, che ha saputo catturare la mia attenzione già in tenera età.
Giusto per non arrivare con la memoria troppo affaticata dai panettoni e dai pranzi natalizi ho pensato di rileggere il libro un mesetto fa quindi sono arrivato in sala fresco di lettura e pronto a rivivere la prima avventura di Bilbo Baggins.
Ho cercato di tenere ben presente il fatto che Lo Hobbit è una fiaba, ben differente e molto più immatura rispetto al tomo che la segue, e va vista con la stessa leggerezza che l’autore ha voluto trasmettere nelle poche pagine del suo racconto, niente di più.
La pellicola di Jackson soffre tremendamente del confronto con la trilogia che l’ha preceduta
Purtroppo la pellicola di Jackson soffre tremendamente del confronto con la trilogia che l’ha preceduta e questo la rende a tratti inadeguata. Il difetto più grosso del film è infatti quello di esser stato girato e presentato dopo la realizzazione delle gesta di Frodo, Gimli e Aragorn e di non riuscire a reggere il confronto con l’epicità che Jackson ha saputo trasmettere alla prima trasposizione delle opere di Tolkien.
Chi si aspettava un viaggio maturo, come quello affrontato da La compagnia del’anello non avrà pane per i propri denti, ma questo è un punto che dovrebbe esser ben noto ai fan dell’autore e non a quelli del regista.
In Lo Hobbit ci troviamo dinanzi uno stuolo di creature fantastiche, spesso impegnate in siparietti comici che per certi versi, come ha esclamato il mio collega in sala, paiono acquisite in saldo dalle pellicole di Asterix. Io personalmente ho avuto più l’impressione di trovarmi dinanzi a Labirynth vista la copiosa mole di protesi e di maschere che sono state incollate sulle facce degli attori che interpretano i nani, e con la stessa ingenuità con cui affrontai ormai più di vent’anni fa la proiezione di quella citata e magnifica pellicola (il re dei Goblin – Bowie – è un grande!!!) ho cercato di assistere alla proiezione di Lo Hobbit.
Visivamente l’atmosfera è molto caricaturale e grottesca
Visivamente l’atmosfera è molto caricaturale e grottesca, aspetto che a mio parere non stona col tenore del romanzo, anzi, denota la ricercatezza degli sceneggiatori e dei costumisti nel ricreare i volti e gli atteggiamenti dei numerosi personaggi che popolano le pagine del libro.
Spettacolari come sempre le location e buona anche la scelta del protagonsta così come le performance degli altri attori, digitali e reali, ottimo infine anche il comparto musicale.
In certi punti la pellicola risulta palesemente diluita per cercare di allungarne notevolmente la durata.
Passando invece alle vere e proprie note dolenti, in certi punti la pellicola risulta palesemente diluita per cercare di allungarne notevolmente la durata.
Uno stratagemma triste che spesso toglie ritmo al racconto o, ancor peggio, ne va a snaturare la trama aggiungendo i già citati sketch umoristici o scene di battaglia che fanno il verso ad action movies tamarri.
Questo è forse il più grosso difetto del film, il voler essere l’episodio di una storia che poteva tranquillamente essere condensata in tre ore, raccontando con dinamismo ed efficacia le gesta del caro Bilbo Baggins.
Fortunatamente l’attesissima scena dell’incontro tra Bilbo e Gollum è stata resa in maniera adeguata a quanto si può leggere nel racconto e alla fine si apprezza questa sorta di dedizione a ricreare scene e dialoghi in perfetta sintonia con alcuni passaggi fondamentali.
Peccato poi che arrivino altre reinterpretazioni dello scritto originale che più che risultare scelte di stile si rivelano per quello che sono: il tentativo di Peter Jackson di rincorrere la complessità della trama e delle relazioni offerte dalla precedente trilogia, senza rendersi conto della freschezza del racconto che ha a disposizione finendo così con l’appesantire e snaturare le atmosfere e le situazioni
Nulla da dire a livello estetico dove ancora una volta la Weta Digital e tutto il comparto scenografico da dimostrazione di grande abilità nel ricreare le location della Terra di Mezzo. Buona anche la scelta di iniziare la storia in continuo col primo episodio della trilogia e infine credo sia anche riuscita la sostituzione obbligata del doppiatore per Gandalf, ottimamente interpretato da Gigi Proietti.
Sono uscito dalla sala consapevole di essere vittima di uno stratagemma commericale bello e buono
Purtroppo questo non basta, sono uscito dalla sala consapevole di essere vittima di uno stratagemma commericale bello e buono, ma speravo in un prodotto confezionato meglio, magari un po’ meno snaturato o semplicemente capace di distaccarsi dai precedenti visti gli spunti fiabeschi offerti dal soggetto originale.
Non nego che, comunque sia, finirò col vedere anche la conclusione di questa nuova fatica di Jackson, ma spero proprio che ci riservi il meglio in fondo… per ora non ho visto granchè.