Il batterio con l’arsenico nel DNA, o forse no

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Forse alcuni di voi ricorderanno una notizia che un paio di anni fa aveva scosso le fondamenta della biologia con la stessa veemenza che i recenti dati del CERN sul bosone di Higgs hanno fatto con la fisica. Mi riferisco al batterio che ricercatori della NASA avevano detto potesse usare l'arsenico al posto del fosforo nella backbone del DNA.
Ovviamente la notizia non era passata inosservata sulla Lega: qui e quo.

Più precisamente l’astrobiologa della NASA Felisa Wolfe-Simon sottomise a Science (!) un paper in cui acclamava la scoperta di un batterio, GFAJ-1, capace non solo di sopravvivere e crescere ad alte concentrazioni di arsenico (normalmente letale, causa stress ossidativo), ma addirittura di usarlo come atomo in sostituzione del fosforo in alcuni processi biochimici, come la sintesi del DNA.

Ora, mi rendo conto che per comprendere la portata della cosa bisogna essere un po’ addetti ai lavori, ma voi dovete pensare che il DNA ce l’hanno uguali tutti i viventi, dai virus agli elefanti. Cambiare l’atomo di P con As, pur chimicamente molto simile, comporta uno stravolgimento tale da lasciar presupporre che quella bestia abbia evoluto l'intero corredo di proteine appositamente per questo stile di vita. Già, perché, oltre a tutti gli enzimi coinvolti in mantenimento, organizzazione strutturale, replicazione, riparazione, trascrizione del DNA, anche tutti gli altri enzimi che necessitano di energia andranno modificati (invece dell’ATP devono usare l’ATAs?), e tutte le proteine che si interfacciano ad essi, insomma tutto di tutto!
Capite la portata? Sconvolgente!
E’ un po’ per questo che “giornalisti professionisti” hanno tirato fuori la ca22ata degli alieni (saranno gli stessi della particella di dio).

Il batterio in questione, a guardarlo (foto sotto), non sembra nulla di speciale.

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Un normalissimo gamma-proteobatterio della famiglia delle Halomonadaceae, di forma bastoncellare, isolato dai sedimenti del Lago Mono (ultrasalino, basico e naturalmente pieno di arsenico), in California. E’ stato studiato proprio perché resistente ad altissime concentrazioni di arsenico. Questi batteri sono molto interessanti perché devono avere un qualche sistema per resistere all’inquinante o per detossificare l’interno della cellula o l’ambiente circostante. Possiamo sfruttare questi sistemi per accelerare la bonifica di acque o suoli pesantemente inquinati (bioremediation, vedete un esempio di operone per la detossificazione dell’As nell’immagine sotto, codificante per proteine che riducono ed esportano l’arsenico).

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Alla NASA devono però essere venuti nei pantaloni quando si sono resi conto di avere tra le mani un batterio che ha ben pensato di prendere una sostanza tossica che gli scassa il DNA e, per non schiattare, usarlo come mattone nel… DNA. Science paper, premio Nobel, allori della cronaca…

MA…

Trattasi di eiaculazione precoce.

Le feroci critiche al paper provenienti dalla parte scettica della comunità scientifica hanno messo alle corde la ricercatrice che, dopo aver pubblicato tutti i dati in formato open, aver aiutato diversi lab a replicare gli esperimenti per confermarli, aver divulgato una sorta di FAQ in risposta alla pioggia di domande, si è vista pubblicare 2 lavori che smentiscono, almeno parzialmente la sensazionale scoperta.
Si tratta di due papers: uno di Tobias Erb e colleghi dell’Institute of Microbiology dell’ETH di Zurigo e l’altro da una collaborazione di Marshall Louis Reaves e colleghi della Princeton University, Rosemary Redfield della University of British Columbia, e Leonid Kruglyak del Howard Hughes Medical Institute.

Redfield, coautore di uno dei due contro-lavori tuona parole di fuoco su un blog (un po’ eccessive a mio giudizio):

I don’t know whether the authors are just bad scientists or whether they’re unscrupulously pushing NASA’s ‘There’s life in outer space!’ agenda.

Per riassumere, la principale critica mossa alla ricerca della NASA è che i metodi usati non garantiscono la totale deplezione del fosfato e che quindi i batteri crescono in virtù delle tracce di fosfato rimaste. Inoltre a quanto pare nel DNA non viene incorporato arsenico. L’arsenico, forse, si lega a qualche proteina.

Science pubblica questi lavori di critica come nuove informazioni sul batterio, senza ritrattare il paper del 2010:

pleased to publish additional information on GFAJ-1

Gli studi andranno avanti, ma dubito che quelle ipotesi fantascientifiche troveranno conferme.
Di positivo rimane l’approccio. La disponibilità dell’autrice a fornire tutti i dati e il materiale per replicare gli esperimenti, incoraggiare il dibattito scientifico internazionale, la collaborazione e la visione “open” di una scoperta potenzialmente straordinaria. Mettendo in gioco la faccia e la reputazione. E’ così che deve essere la scienza.

Fonti:
Phys.org qui e quo.
Paper del 2010 (open).
Risposte alle critiche nel 2011.
Paper di Erb et al. 2012 su Science.
Per tutto il resto c’è gooogle.

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