Castlevania in tre giochi

Solo tre però sono le console su cui questa serie ha veramente fatto storia
La saga di Castlevania è una delle più fortunate e durature serie della storia videoludica Creata da Konami ben 16 anni fa non sembra sentir passare lo scorrere del tempo e a parte qualche raro titolo sfortunato ha sempre mantenuto un altissimo livello qualitativo in tutte le macchine su cui è passata. Solo tre però sono le console su cui questa serie ha veramente fatto storia trasformandosi in tre reliquie che ogni videogiocatore almeno una volta nella vita dovrebbe provare: sto parlando di Castlevania per NES, Super Castlevania 4 per SNES e Castlevania Simphony of the Night per PSX.

Spolverate le console, settate gli emulatori, si comincia.

Castlevania

Il primo Castlevania viene lanciato da Konami su Floppy Disk per Famicom Disk System nel lontano 1986 e all’inizio non registra un grande successo. Sarà solo un anno dopo grazie alla conversione su cartuccia per il mercato nordamericano che riuscirà a ottenere il meritato successo. Curiosamente verrà ripubblicato in Giappone per il Famicom solo nel 1993.

Nel gioco prendiamo i panni di Simon Belmont, ultimo rampolllo di una nobile casata di ammazza-vampiri che dovrà attraversare sei livelli per riuscire a sconfiggere il Principe delle Tenebre armato solo di una frusta e di un’arma secondaria (pugnale, ascia, orologio fermatempo, acqua santa o croce ) che nonostante la sua indubbia efficacia consuma “cuoricini” da cercare per tutto il castello nascosti nei candelabri.

Contestualizzato al 1987, ragazzi, questo gioco era qualcosa di indescrivibile
E’ abbastanza difficile riuscire a trasmettere il “sense of wonder” provato nell’infilare per la prima volta questa cartuccia all’interno del nostro beneamato NES, in quanto questo gioco rigiocato frettolosamente nel 2012 può lasciare un po’ di amaro in bocca al giocatore meno esperto. Ma contestualizzato al 1987, ragazzi, questo gioco era qualcosa di indescrivibile. Prima di tutto era uno dei primissimi titoli con una tematica adulta sul NES, che fino a quel momento aveva un parco-giochi abbastanza child oriented. Questo videogame invece era come un vero film del terrore con Dracula, Frankenstein, mummie, zombie e quant’altro e anche la copertina del gioco ricordava una locandina di un horror. Non dico che prima non ci fossero giochi ispirati a questo filone, ma normalmente erano orribili tie-in, come quelli per Atari 2600, che con il film c’entravano come i cavoli a merenda.

E poi la grafica. Quella grafica adesso così spartana al tempo sembrava fotorealistica, tutto era perfettamente riconoscibile, gli zombie erano chiaramente zombie e tra noi e loro si interponeva solo un colpo di frusta. I fondali poi sono ancora adesso estremamente vari e in un momento in cui una buona fetta dei videogames era ancora “monoschermata” (come Mario Bros o Donkley Kong) non era è cosa da poco. Il sonoro era un altro reparto al tempo avanzatissimo: le musiche, create di Kinuyo Yamashita, sono vere e propri brani cinematografiche che marcano sempre la situazione del momento creando un discreto senso di tensione.

Il gioco ancora adesso è frenetico e fottutamente “hard”
Se la grafica e il sonoro sentono inevitabilmente il peso degli anni, la stessa cosa non si può dire della giocabilità, rimasta ancora su livelli estremamente alti. Il gioco ancora adesso infatti è frenetico e fottutamente “hard”, difficile,complicato, a tratti impossibile, con una difficoltà a cui probabilmente non siamo più abituati fatta di salti millimetrici , nemici svolazzanti in ogni dove e bombe/proiettili/frecce che cadono da tutte le direzioni. Per di più Simon ogni volta che viene colpito esegue un”saltino” all’indietro che significa morte certa se vi trovate su una piattaforma sospesa particolarmente corta. I continue infiniti sono d’obbligo, ma non pensate che siano di grande aiuto a finire il gioco in tempi brevi.

Se vi sentite degli hardcore gamers perchè avete finito Diablo III in sette ore senza mai morire o riuscite a uccidere sciami di locuste a GoW ad occhi chiusi, vi sfido a finire questo gioco senza maledire la Konami, azzannare il joypad o scoppiare in una crisi di pianto isterico .

Super Castlevania 4

Castlevania dopo tre titoli a 8 bit nel 1991 passa sullo SNES e naturalmente diventa Super. Il gioco è una sorta di “omaggio” a 16 bit al titolo originale e la storia e i personaggi sono gli stessi del primo, pompati però naturalmente alla massima potenza. Questa volta prima di sconfiggere Dracula dobbiamo infatti attraversare ben undici livelli, di cui cinque fuori dal castello, irti di nemici, trappole e quant’altro .

La grafica e il sonoro naturalmente sono enormemente migliorati e sfruttano al massimo tutte le potenzialità della nuova macchina. L’atmosfera è ancora più sinistra e lugubre e i fondali sono dei veri e propri piccoli gioielli dell’epoca. In alcuni stage è anche possibile ammirare una rivoluzionaria grafica pseudo 3D. La colonna sonora oltre a brani originali presenta delle riedizioni di vecchi brani del primo gioco, soprattutto nella seconda metà gioco via via che ci si incammina verso lo scontro finale.

Il gameplay in generale è vario e il giusto mix di piattaforme e nemici mantiene sempre alta la sfida e la voglia di arrivare fino in fondo
La vera rivoluzione di questo gioco sta però nella giocabilità notevolmente migliorata grazie a una totale rivisitazione dei controlli: Simon può infatti finalmente muovere la frusta in tutte e otto le direzioni evitando così quelle frustanti situazioni che si verificavano nei giochi precedenti quando si doveva salire le scale o uccidere un nemico che avanzava con un movimento “oscillante”. Inoltre tenendo premuta il tasto azione la frusta si “anima” permettendoci di schivare i colpi che ci vengono lanciati da alcuni nemici. Anche l’arma secondaria, vero e proprio marchio di fabbrica della serie, ha subito un notevole miglioramento: è ora possibile utilizzarla con la semplice pressione del tasto R senza dover ricorrere alla combinazione SU+tasto azione.
Anche questa versione mantiene la difficoltà di gioco su livelli estremamente alti e solo con una pratica di gioco costante è possibili superare tutti gli stage e sconfiggere l’odiato Vampiro. Il gameplay in generale è vario e il giusto mix di piattaforme e nemici mantiene sempre alta la sfida e la voglia di arrivare fino in fondo.
Super Castlevania 4 è sicuramente il Castelvania più amato dai “puristi” perché è anche l’ultimo della serie ad avere una struttura lineare, è cioè un action classico in cui non è possibile tornare indietro a rigiocare aree di gioco già esplorate, insomma un platform 2D duro e puro nella sua migliore incarnazione.

Castelvania: Simphony of the Night

Con lo sbarco della saga nel 1997 su Playstation la Konami resiste alla tentazione di mandare tutto in vacca rendendolo 3D e sforna l’ennesimo gioiello riuscendo a innovare tutto l’impianto pur senza stravolgerlo. La storia è un sequel di Castelvania X, apparso sia per PC Engine CD che per SNES, e ci vede impersonare nientepopodimeno che Alucard, figlio del Conte ma sostenitore della causa degli umani, che torna nel castello paterno per cercare indizi sulla sconfitta del malvagio genitore per mano di Richter Belmont, evento successo nell’episodio precedente della serie.

Il gioco passa da un’atmosfera gotico medievale a uno stile più barocco romantico
La grafica è un ispiratissimo 2D e con l’avvento di Ayami Kojima alla direzione artistica il gioco passa da un’atmosfera gotico medievale a uno stile più barocco romantico fatto di colori acquarellati, arzigogolate decorazioni e una cura dei dettagli a livelli eccezionali. La stessa figura di Alcuard con i suoi lunghi capelli bianchi e il suo vestito da dandy sette-ottocentesco si intonano perfettamente al l’atmosfera nobile e decadente che regna nel castello. Anche le musiche hanno una mano femminile, in questo caso quella di Michiru Yamane, talentuosa compositrice che tesse su misura una colonna sonora più introspettiva fatta di cori e musiche da camera. La stessa musicista nel 2006 a Leipzig durante un concerto ha eseguito al cembalo e all’organo tutte le melodie più famose del gioco.

Mettendo il gioco in pausa ci troviamo davanti a un inventario molto simile a quella presente nei vari RPG alla Final Fantasy
A livello di gameplay il gioco è una piccola rivoluzione, infatti si passa da un platform marcatamente action a uno più RPG oriented, caratteristica che diventerà lo standard in tutti i successivi episodi della serie. Il gioco si configura come un platform non lineare dove è necessario tornare più volte sui propri passi per proseguire e spesso e volentieri è necessario consultare la mappa per orientarsi nell’immensa struttura del castello che si sviluppa su diversi livelli sia in orizzontale che in verticale. Mettendo il gioco in pausa ci troviamo davanti a un inventario molto simile a quella presente nei vari RPG alla Final Fantasy: oltre alle solite barre HP e MP e una serie di statistiche con i nostri punti attacco/difesa/etc. possiamo selezionare che armi utilizzare (una per mano) e cosa indossare (testa, busto, mantello e due accessori). Per la prima volta nella storia della saga abbandoniamo la frusta e passiamo all’uso delle armi bianche: pugnali, spade, spadoni, katane e quant’altro. Grande importanza in questo gioco le rivestono le reliquie che ci premettono di ottenere poteri speciali essenziali per continuare nel gioco. Alucard può quindi cambiare forma trasformandosi in lupo, pipistrello, o nebbia, ma così facendo consuma punti MP che vengono ristabiliti grazie al passare del tempo. Se nei capitoli precedenti si tentava di andare il più velocemente possibile dal punto A al B, in questo gioco ci troveremo spesso a girovagare per il castello per “fare esperienza” e aumentare così le nostre possibilità di sconfiggere i vari boss e ottenere nuovi poteri. Si è molto parlato da dove Simphony of the Night abbia preso ispirazione per il suo innovativo gameplay e i titoli a cui sicuramente bisogna accennare sono Simon’s Quest, secondo episodio della saga presente sul NES, e Metroid, piccolo capolavoro futurista di Gunpei Yokoi per la console a 8 bit di casa Nintendo.

Il gioco è è una pietra miliare della prima Playstation, uno di quei giochi che da solo valeva l’acquisto della console
Simphony of the Nght è considerato da molti il miglior episodio della saga per la sua indubbia capacità di rivoluzionare una saga che con il passaggio ai 32 bit sembrava destinata a soccombere al 3D e invece ha ritrovato nuova forza nelle due dimensioni diventando secondo la definizione data da Gamespot “possibly the best 2D action side scroller ever.” Il gioco è è una pietra miliare della prima Playstation, uno di quei giochi che da solo valeva l’acquisto della console, come Metal Gear Solid, Final Fantasy VII o Gran Turismo. Il gioco è ancora adesso godibilissimo e, nonostante sia lievemente più facile rispetto agli episodi precedenti, rimane una notevole sfida soprattutto a livello “esplorativo”. Il gioco è anche uno dei più longevi della saga in quanto una volta completato è possibile rigiocarlo in una versione “ribaltata” del castello. Consigliatissimo a chiunque voglia (ri)avvicinarsi alla saga in 2D e provare una delle esperienze videoludiche che maggiormente hanno segnato la vita dei videogiocatori della seconda metà degli anni ’90.

Approfondimenti

La saga di Castlevania (Wikipedia.it)
Castlevania Wiki (castlevania.wikia.com)
Ayami Kojima art gallery (castelvania.armster.org)
Michiru Yamane profile (yamanemichiru.com)

[Classically Trained] è la rubrica a cura di @ilsologheo00, @papaincacchiato e @brandobrandi che tratta la storia dei videogiochi e delle console.

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