I padri dimenticati del videogioco – seconda parte

Mentre lo studente-hacker Steve Russel sviluppava per l’MIT il suo Spacewars (se non l’avete fatto ripassate la storia nella prima parte) c’era chi pensava a come rendere disponibili i video giochi anche a chi non aveva in casa un calcolatore delle dimensioni di una automobile, semplicemente collegando al proprio televisore un apparato esterno. Il nome di questa persona era Ralph Baer.

I reported to the executive V.P. He knew what was going on. And he keeps asking me, “Baer, are you still screwing around with that stuff ?” During the first couple of years and later on, I was subjected to his remarks like, “Stop wasting our money.” When the millions started coming in, everybody remembered how supportive they had been of the project.

Il padre degli home video games

Siamo nel New-Hampshire, nello specifico all’interno della Sanders Associated, ditta che sviluppava apparecchi per la difesa militare. Come molti altri la Sanders aveva il suo nutrito insieme di attività di ricerca e sviluppo top-secret che venivano svolte all’interno dell’azienda stessa, con la consapevolezza e la placida noncuranza dei propri dipendenti. Nonostante queste premesse, nel 1967 alcuni rumori provenienti da uno dei laboratori di ricerca iniziarono a generare curiosità ed illazioni su cosa stesse succedendo: cosa veniva testato in quella piccola stanza del quinto piano?

For three months there were guitar sounds coming out of the little room on the fifth floor. It sparked all kinds of rumors. This is a military electronics company. Everything is classified. You don’t walk in and out of any place without having either a key card or keys. And here’s this room with guitar sounds coming out. All sorts of rumors started floating around about what we were doing in there.
-Ralph Baer

La divisone di equipment desing della Sanders era gestita da un ingegnere meticoloso e severo che rispondeva al nome di Ralph Baer; un’ un uomo che aveva un background in design di televisioni, radio e che lavorava con l’azienda da più di dieci anni.

Bear era nato in Germania nel 1922, esattamente undici anni prima che Hitler salisse al potere ed era principalmente autodidatta. Essendo di razza ebraica di origini ebraiche fu cacciato dalla scuola all’età di 14 anni e due anni dopo la sua famiglia immancabilmente decise di trasferirsi in America, dove il clima era di gran lunga più disteso rispetto a quello tedesco; fu qui che inziò a seguire dei corsi forniti dal National Radio Institute di radio manutenzione per corrispondenza.
Baer aveva il non trascurabile talento di riuscire a volgere a proprio favore situazioni in cui il destino era particolarmente avverso, a volte per bravura personale, a volte semplicemente per caso.

Uno di questi episodi avvenne proprio a seguito del suo arruolamento nell’esercito durante la seconda guerra mondiale. Baer iniziò a dedicarsi allo studio dell’Algebra, ma, purtroppo, a causa di questo lungo periodo di studi nel “fango inglese” gli fu diagnosticata la broncopolmonite e il giovane fu costretto al ricovero in ospedale. Solamente tre giorni dopo il ricovero il suo reggimento fu mandato ad invadere la Normandia: di fatto la malattia dovuta allo studio lo aveva salvato dal combattimento in prima linea (che culo!).

L’anno dopo essere ritornato dalla guerra, Baer si iscrisse all “American Television Institute Technology” a Chicago; era la sua prima educazione formale sin da quando era stato cacciato dalla scuola in Germania.
Dopo avere conseguito la laurea inziò a lavorare per una piccola azienda (sempre di difesa) costruendosi una solida reputazione in poco tempo. Quando la Sanders lo assunse nel 1955 lo mise a capo di un dipartimento con circa 200 persone; prima del 1960, data la sua efficienza e perseveranza, lo staff alle sue dipendenze si espanse a 500 persone.
Baer passo più di 30 anni alla Sanders, i primi 15 li dedicò a progetti militari, ma iniziò anche a lavorare con i transistor e con i primi microprocessori.

La nascita del Magnavox Odissey

La cosa interessante di Baer era che la sua precisione nel lavoro gli faceva mantenere traccia di tutte le operazioni che svolgeva; Baer registrava tutti i processi, li datava e li archiviava ordinatamente.
E’ grazie a questa sua meticolosità che si ricorda esattamente quando gli è venuta in mente per la prima volta l’idea di creare giochi che potessero essere fruiti tramite la televisione:


I’m sitting around the East Side Bus Terminal during a business trip to New York, thinking about what you can do with a TV set other than tuning in channels you don’t want. And I came up with the concept of doing games, building something for $19.95. This was 1966, in August. Now you’ve got to remember, I’m a division manager. I have a $7 or $8 million direct labor payroll. I can put a couple of guys on the bench who can work on something. Nobody needs to know. Doesn’t even ripple my overhead. And that’s how I started.

Il primo uomo allocato al rivoluzionario progetto fu Bill Harrison, il quale, una volta che i concept furono abbozzati, realizzò buona parte dell’implementazione.
Baer descrive Harrison come un tecnico giovane e talentuoso che aveva imparato come funzionavano i televisori auto-assemblando un set televisivo HeathKit.
Il loro primo gioco sviluppato, tuttavia, era totalmente privo di valore ludico; di fatto il gioco consisteva nel fare cambiare il colore da rosso a blu ad un quadrato posto sul televisore, semplicemente tramite la pressione forsennata su di una semplice leva.
Nonostante Baer negli anni a venire si dimostrò un eccellente designer di giochi e giocattoli (ha infatti collaborato nella realizzazione del Simon), all’inizio il suo lavoro era incentratò più sull’igegneria che sul design del gioco stesso.
Immancabilmente, quando presentò la sua invenzione al consiglio di amministrazione, in cui era presente anche il fondatore della compagnia Royden Sanders, la maggior parte dei presenti pensò che Baer stesse sprecando del tempo; addirittura alcuni pensarono di staccare direttamente la spina al progetto.

My boss came up to play with our rifle; we had a plastic rifle by then. And he used to shoot at the target spot [on a television screen] from the hip. He was pretty good at it, and that kind of got his attention. We got more friendly. And it kept the project alive.

Nel ‘67 Baer aggiunse un altro membro alla squadra: Bill Rusch. Purtroppo quest’ulitmo necessitava di essere spronato a lavorare continuamente, poché era piuttosto demotivato, come ricorda lo stesso Baer:

Bill Rusch was an engineer who worked for Herb Campman, the corporate IR8D director. I needed an engineer to work along with Harrison. I wanted two guys to work the problem, and Rusch came mostly because his boss didn’t want him.
My biggest problem that summer was motivating Rusch. He’d come in at 10 or II A.M. and spend an hour talking; he was lazy and frustrating as hell. Rusch was an extremely creative and extremely lazy, hard-to-motivate guy. Brilliant. Also, he played really hep guitar. But it’s a good thing we had him, because he helped put us on the map.

Fu grazie allo stesso Rusch che i giochi iniziarono a prendere forma; il primo di questi era un gioco in cui due giocatori si inseguivano all’interno di un labirinto.

I primi giochi erano tutti a due giocatori, poiché l’hardware costruito non era sufficientemente potente da permettere di eseguire una qualsiasi forma di intelligenza artificiale, anche se rudimentale.
Nel maggio del 1967 Rusch suggerì un nuovo gioco, in cui un circuito logico hard-wired semplicemente proiettava un punto che volava all’interno dello schermo. Inizialmente lo scopo del gioco era di catturare il punto con altri (punti) controllati manualmente. Con il passare del tempo i “punti” diventarono delle linee e il gioco divenne un rudimentale ping-pong:

So here we had a respectable ping-pong game going, and it wasn’t long before we called it a hockey game. Remove the center bar, which we put up there to emulate the net, and now it’s a hockey game. We put a blue overlay for blue ice on top of the screen so it looked more like hockey. We later added a chroma signal to electronically generate the blue background.
We always had three controls-vertical control for moving the paddles up and down, a horizontal control for moving the paddles from left to right (so you could move close to the net if you wanted to), and what we called an “English control,” which allowed us to put English on the ball while in flight.
-Ralph Baer

Purtroppo la Sanders Associated ebbe un periodo piuttosto duro alla fine degli anni 60, riducendo i suoi impiegati da 11.000 a 4.000, inoltre non poteva lanciarsi improvvisamente nel mercato dei giocattoli, poiché si era occupata fino a quel momento di difesa militare; Baer dovette quindi trovare un cliente per la sua invenzione.
Come ultima risorsa Baer esortò il suo capo a informare i produttori di televisori in merito al loro progetto.
Aveva fatto la scelta giusta.
Prima la General Electric, poi la Zenith e la Sylvania (tutti produttori dell’epoca). Il progetto fu quasi comprato dalla RCA, ma il contratto non fu mai firmato.
Fu nel 1971 che la Magnavox assunse un ex-dipendente della RCA il quale li informò del progetto che aveva visto alla Sanders.
La Magnavox non perse tempo ed organizzò subito una dimostrazione del gioco per poi firmare il contratto nello stesso anno, dopo avere negoziato i vari dettagli tecnici.
La produzione iniziò nell’autunno successivo e le prime unità videro la luce nel 1972
Il prodotto finale fu chiamato Odyssey (per maggiori informazioni vi consiglio la lettura di questo articolo).

Magnavox did a really lousy engineering job-[they] over-engineered the machine. Then they upped the price phenomenally so that the damn thing sold for $100. Here’s this thing I wanted to sell for $19.95 coming out at $100. Then in their advertising they showed it hooked up to Magnavox TV sets and gave everyone the impression that this thing only worked on Magnavox TV sets. – Ralph Baer

Nell’attesa che i negoziati con la Magnavox si ultimassero Baer cadde in uno stato di profonda depressione, perchè iniziava a pensare davvero di avere perso del tempo e delle risorse nel coltivare la sua invezione. Riprese a lavorare a progetti militari alla Sanders e si fece ricoverare per una operazione alla schiena.

So I decided I was going to have my back operated on. I just wanted to get away from things. I went to the hospital. While I’m in the hospital, the first $100,000 comes in from the Magnavox license. And it was like somebody sticking the key in my motor and turning on the engine. My depression disappeared overnight.
-Ralph Baer

Ralph Baer e Steve Russel non si incontrarono mai, ma tuttavia furono ai lati opposti di una importante controversia. Russel, che non aveva mai richiesto un copyright per la sua invenzione divenne il simbolo di coloro che provavano ad entrare nel business. Baer, invece, divenne il portavoce delle persone che provavano a proteggere i loro diritti intelletuali.
Russel e Baer sono i padri dimenticati dell’industria videoloudica. Poiché i giochi di Russel potevano essere eseguiti solo su computer estremamente costosi non avevano un utilizzo pratico. L’invezione di Baer, troppo costosa e mal pubblicizzata, rischiava di passare inosservata; ma nel 1972, l’anno in cui i Magnavox Odissey fu rilasciato, un’altro dispositivo, parecchio simile, avrebbe cambiato la maniera in cui gli USA si approciavano ai giochi.(Pong vi dice qualcosa?)

Ma questa, come sempre, è un’altra storia…

via Wikipedia IT | Wikipedia EN | Libro “The Ultimate History of Video Games

[Classically Trained] è la rubrica a cura di @ilsologheo00 e @papaincacchiato che tratta la storia dei videogiochi e delle console.

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