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Anche stasera ho voglia di scrivere di auto. Anzi, vorrei parlare di Automobili con la A maiuscola, e più in particolare di una delle migliori (se non la regina) Supercar mai sviluppate dall’essere umano: Ferrari F40.
Vi voglio raccontare la storia di quella che è universalmente riconosciuta come l’unica e ultima vera Supercar Ferrari stradale degna di tale titolo. Una grandiosa creatura della casa del cavallino rampante, l’ultima voluta dal Drake (Enzo Ferrari) prima del suo passaggio a miglior vita.
Trovate la storia intera nell’approfondimento, per chi non ha voglia di leggere c’è invece uno splendido video che mostra la F40 in tutta la sua meravigliosa forma. Naturalmente ad opera di un Jeremy Clarkson di altri tempi.
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L’Effequaranta Nasce nel 1987, per volere del Grande Vecchio, Enzo Ferrari. In particolare dal suo desiderio di rivalsa sulla casa di Stoccarda (Porsche) che aveva appena sfornato un’altra delle supercar che rimarranno nella storia: la 959.
Questa almeno è la motivazione “ufficiosa”. La motivazione “reale”, era che l’auto fosse costruita per commemorare il 40° compleanno della casa, ma più che una motivazione sembra un vano tentativo di nascondersi dietro un dito.
Posizionata ad un prezzo che di 373 milioni delle vecchie lire, non giustificava tale cifra con il lusso e lo sfarzo di altre auto contemporanee, perchè abbracciava la filosofia [i]di meno è uguale a di più[/i] (stessa filosofia seguita in maniera più radicale dal mitico Colin Chapman). Era un’auto spartana, grezza, senza orpelli inutili e pesanti. Era un’arma, e solo il suo design affilato era una chiara dichiarazione di intenti. Ecco perchè era un’auto per pochi, il prezzo era solo uno dei deterrenti per cercare di tenere lontani gli stupidi. Perchè si narra che la F40 non tolleri gli stupidi, visto che di tutti i milletrecentoquindici esemplari si stima ne siano rimasti circa la metà a causa di incidenti dalle conseguenze più o meno gravi.
Ma il prezzo era giustificato dall’abbondanza di materiali compositi e metalli pregiati, come alluminio, kevlar, e carbonio, che alla fine degli anni ’80 non avevano sicuramente dei costi di produzione abbordabili. Il design aggressivo e tagliente era realizzato dalla matita di Pininfarina, ed assecondava in tutto e per tutto i principali criteri dell’aerodinamica. Ridottissimo lo sbalzo anteriore, fondo piatto, alettone posteriore, ed un proliferare di prese d’aria NACA su cofano e fiancate per raffreddare l’animo caldo dei 476 cavalli purosangue che scalpitavano sotto al cofano posteriore. [i]Tipico design di un’auto stradale, insomma.[/i]
I finestrini sostituiti da semplici lastre di Lexan, l’assenza di autoradio, tappetini, e condizionatore, il motore in bella vista sotto la copertura trasparente, e separato solo di pochi centimetri dai sedili, rendevano quest’auto una delle vetture più incivili del pianeta. Senza contare l’alettone, tutte le prese d’aria del posteriore, e naturalmente i tre tubi di scarico (due di scarico e uno per la valvola wastegate) infilati in mezzo all’estrattore posteriore.
Il propulsore non era una novità per le auto di Maranello, infatti era derivato dal V8 2936 cc aspirato della precedente 288, ma con l’aggiunta di due turbine IHI, una per bancata. Ed era proprio grazie a quel ritocco che l’auto era diventata una belva selvaggia. Infatti la sua curva di coppia mostra un [i] leggero[/i] turbolag, che come già detto non aiuta molto la guidabilità della vettura al limite. Diciamo che se fino ai 3000 giri la vettura era prevedibile, dopo tale livello si scatenava un’ondata di potenza inarrestabile, che aumentava ulteriormente oltre i 4000 giri e continua imperterrita fino al limitatore. Intimidatorio è un’aggettivo troppo riduttivo per descrivere l’atteggiamento che aveva quest’auto.
Capace di staccare uno 0/100 in 3,6″, e in grado di toccare i 324 km/h, si aggiudicava il titolo di auto stradale più veloce del pianeta, in un epoca in cui le uniche concorrenti erano la Lamborghini Countach e la Porsche 959.
Nelle gare non sarà mai introdotta [i]ufficialmente[/i], anche se molti team privati hanno raccolto numerosi successi in gara grazie a questa vettura. E qui viene il bello.
Viste infatti le crescenti richieste di preparazione di questa vettura, Enzo Ferrari delibera la produzione in piccola serie (19 telai) della F40 LM (Le Mans), che debutterà nel campionato IMSA GTO del 1989. Naturalmente questa vettura presentava migliorie specifiche per l’uso in pista, tra cui un’ulteriore alleggerimento del peso vettura, aggiunta di rollbar, aumento della pressione delle turbine, e naturalmente un ritocco al comparto freni e sospensioni. L’aerodinamica non subirà grosse modifiche, a parte uno spoiler anteriore più accentuato, ed uno posteriore più largo. Queste vetture non uscivano però dalla fabbrica di Maranello pronte per girare in pista; venivano preparate dalla nota Officina Michelotto (Padova), che tuttora lavora sia come officina ufficiale Ferrari, sia come preparatore per svariati team.
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E sempre di Michelotto sarà l’ultima evoluzione: la F40 GTE. Una brutalmente devastante versione derivata dall’esperienza fatta sulla LM, e progettata specificamente per fare terra bruciata nel campionato BPR. Soli 6 esemplari costruiti, 680 cavalli su meno di 1000 kg, cilindrata portata a 3500 cc.
In una parola: apocalittica.
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Una piccola curiosità per chi come me si nutre di aneddoti: l’avv. Agnelli chiese che fosse costruita una F40 solo per lui con il cambio automatico. Tale vettura, unico esemplare esistente è denominata F40 Valeo, e monta la frizione automatica della Mondial T, la stessa che veniva montata sulla Delta. Questo per non rinunciare a guidare un simile gioiello a causa dei problemi alla sua gamba sinistra. [i]Quando si dice che i soldi non fanno la felicità.[/i]
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Se siete curiosi di vedere come veniva assemblata una F40, qui c’è un breve video che riassume le fasi principali delle operazioni. Molto carino per capire come lavorassero vent’anni fa gli operai, anche in catene prestigiose come quella di Ferrari. Purtroppo linkato perchè non riesco a fare l’embed.
Ferrari F40 , history and test
Fonti:
Evo Febbraio 2008, e Giugno 2007 (Offline)
Enciclopedia dell’automobile (Offline)
Terra di Piloti e di motori (Offline)
Wikipedia