Lo Stipa-Caproni

Lo Stipa-Caproni o Caproni-Stipa fu un innovativo velivolo sperimentale italiano degli anni trenta, che può essere considerato come un precursore dei successivi aviogetti.

Caratterizzato da una sorta di fusoliera-carlinga-tunnel che racchiudeva un motore ed elica per aumentare l’efficienza del sistema propulsivo, dando all’aereo il nome caratteristico di ala a turbina poi chiamato elica intubata. Scherzosamente venne etichettato come “aereo botte”, o “aereo barile”.

Origine

L’aeroplano in questione doveva servire come linea di sviluppo di una nuova idea per la propulsione aerea e avrebbe potuto portare al compimento pieno della turbina a reazione. Era frutto della mente dell’ingegnere Luigi Stipa, nato il 30 novembre del 1900 ad Appignano del Tronto, ufficiale dei servizi tecnici della Regia Aeronautica alla fine della I Guerra Mondiale, in possesso di due lauree (in ingegneria civile idraulica ed in ingegneria aeronautica).

Tecnica

Il risultato di questa idea rivoluzionaria per l’epoca, era un grosso cilindro/fusoliera con un diametro di circa tre/quattro volte più ampio rispetto a quello di una fusoliera di un aereo normale, proprio perché doveva contenere al suo interno il motore e l’elica.

Il motore intubato era una concezione basata sull’idea che l’aria spinta dalle eliche e scaldata dal propulsore, oltre che compressa nel tunnel metallico della fusoliera, dovesse portare a vantaggi dinamici, anche perché il getto d’aria, uscendo dal condotto, investiva direttamente piani di coda e timone. Questo largo tubo, in virtù della sua particolare conformazione e profilo, poteva essere considerato come un’ala circolare.

Strutturalmente lo Stipa-Caproni è una macchina molto semplice, costruita prevalentemente in legno, con la fusoliera che ha la forma tipica di un tubo di Venturi, con le superfici interne ed esterne rivestite di compensato incollate allo scheletro interno. L’ala del monoplano, posizionata proprio a metà della fusoliera, è di sezione sottile ed è rinforzata da tiranti collegati alla fusoliera.
Gli organi di coda sono collegati direttamente ai bordi posteriori del tubo di Venturi che costituisce la fusoliera, e sono completamente nella scia del flusso in uscita dalla fusoliera, in modo da migliorare la manovrabilità.

Il motore, da 120 h.p., è montato su una struttura di tubi d’acciaio all’interno del tubo di Venturi, e spinge un’elica che sporge appena dal bordo anteriore del tubo della fusoliera. Gli occupanti sono alloggiati, come nei biplani, in due posti aperti in tandem sulla parte superiore della fusoliera e godono di un’ottima visibilità.

L’ing. Stipa aveva speso molti anni a studiare matematicamente l’idea, mentre lavorava presso la Divisione Progetti del Ministero dell’Aeronautica italiana, e questo gli aveva permesso di determinare la massima efficienza della superficie interna del tubo di Venturi che serve per avere la forma ottimizzata di un profilo alare.
L’idea di base di Stipa fu quella di “intubare” il motore e l’elica all’interno di una fusoliera, in un condotto rastremato del tutto simile a un tubo Venturi, in modo tale che il flusso d’aria spinto dall’elica e i gas di scarico del motore fossero compressi prima di fuoriuscire dal condotto di uscita dell’aeromobile. In sostanza, aveva applicando il principio di Bernoulli ai movimenti fluidi per rendere il motore del velivolo più efficiente.

Il prototipo

L’aereo venne completato nel 1932 a Milano Taliedo e il primo volo venne effettuato il 7 ottobre dello stesso anno grazie al pilota collaudatore Domenico Antonini. Il collaudatore scrisse poi che il decollo era facile dopo una corsa di 180 metri (stessa distanza circa per fermare il velivolo all’atterraggio), prendeva quota rapidamente, senza vibrazioni ed era difficile portarlo fuori rotta. L’aereo era capace di una velocità massima di 131 km/h, mentre la velocità di atterraggio poteva essere limitata a soli 68 km/h, il che consentiva uno spazio di frenata molto ridotto; 800 i kg al decollo, 14,28 m di apertura alare, lunghezza di 5,55 e altezza di 3.

Quando fu completato il collaudo iniziale, la Regia Aeronautica prese il controllo dell’aereo e lo trasferì a Guidonia Montecelio per una breve serie di voli di collaudo ulteriori, assegnandogli il numero di registrazione MM.187.

Esemplari esistenti

L’unico esemplare costruito venne demolito nel 1933 ma attualmente esiste una replica.

In Australia, Lynette Zuccoli e la Aerotect Queensland progettarono una replica in scala 3/5 dello Stipa-Caproni, del tutto simile all’originale anche in termini di livrea e contrassegni, alimentato da un motore da corsa italiano Simonini. La replica, marche VH-SCZ e cn SC1-R, è stata costruita nel 1998, e nell’ottobre 2001 è riuscito a fare due voli di prova con Bryce Wolff ai comandi. Ogni volo è stato di circa 600 metri (660 iarde) ed ha raggiunto un’altitudine di circa 6 metri (20 piedi).

Fonte.

Bazingato da un’amico (Federico) durante una riunione di EmpiRa.

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