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Esperimento Carcerario di Stanford – Part.1 – Il carcere

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Dopo aver scritto l’articolo sull’esperimento Little Albert eccoci con il secondo esperimento scientifico estremo: Il Carcere Stanford.

Dato che è molto lungo e c’è tanto materiale sia video che fotografico lo dividerò in più post; oggi pubblicherò quattro puntate, così da rendere snella nel tempo la narrazione.

Le fonti alla quale attingo sono il sito ufficiale dell’esperimento e parte della tesi di laurea di un mio conoscente dalla quale estrapolo le parti più interessanti.

Assistenti di ricerca e collaboratori:

Carolyn Burkhart, David Gorchoff. Christina Maslach, Susan Phillips, Anne Riecken, Cathy Rosenfeld, Lee Ross, Rosanne Saussotte, Greg White.

Molti di voi avranno visto il film The Experiment ma non tutti sanno che è stato tratto da un esperimento realmente condotto nel 1971 da un team di ricercatori diretti dal Professor Philip Zimbardo.

L’esito fu così drammatico da far sospendere la ricerca dopo appena 6 giorni e da coinvolgere i parenti dei soggetti, avvocati, polizia ed addirittura un prete, ma ci arriveremo a tempo debito.

Tutto inizia quando un gruppo di 70 persone risponde affermativamente ad un annuncio sul giornale che offre 15 dollari al giorno in cambio della partecipazione ad un non specificato studio sugli effetti della vita in prigione.

Dopo aver sottoposto tutti i candidati a test di personalità al fine di escludere coloro che hanno problemi psicologici, malattie o fatto abuso di droghe ne vengono scelti 24; per la precisione tutti studenti universitari, in piena salute e di ceto medio.
Essi vengono divisi in modo assolutamente casuale (col lancio della moneta) in due gruppi: metà saranno guardie e metà prigionieri. Il fatto che non ci sia alcuna differenza tra le persone nei due gruppi è estremamente importante.

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La mattina seguente i prigionieri ricevono a casa propria la visita di un auto della polizia di Palo Alto che li arresta per i crimini più svariati sotto gli occhi sbigottiti dei vicini e vengono condotti nel seminterrato del Dipartimento di Psicologia di Stanford adibito a prigione.

Nell’approfondimento potete vedere il video dell’operazione.
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Il carcere
Per realizzare una prigione il più possibile realistica il Prof. Zimbardo si rivolse ad un gruppo di esperti, incluso un ex detenuto che ha scontato una pena di 17 anni (avrà il suo spazio nella sesta parte dell’articolo).

Oltre alle celle i prigionieri potevano accedere solamente al “cortile” che era un corridoio chiuso da alcune assi ove passeggiare durante l’ora d’aria e per espellere i bisogni corporali venivano bendati per evitare che scoprissero vie di fuga.

Le celle vennero create sostituendo le porte dei laboratori con altre fatte di sbarre d’acciaio, con sopra in bella mostra il numero. Erano così piccole da contenere solamente tre brandine e null’altro, oltre ad un citofono per eventuali comunicazioni contenente un microfono celato, così da spiare le conversazioni dei detenuti. Non c’erano finestre o orologi, una condizione questa che portò in seguito a qualche esperienza di perdita della cognizione del tempo.

Di fronte alle celle c’era “Il Buco”, uno stanzino così piccolo da permettere ad un eventuale “cattivo prigioniero” rinchiuso dentro di stare solamente in piedi.

Nell’approfondimento potete vedere il video degli stanzini prima che fossero adibiti a celle.

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[Edit]
jokerigno mi ha segnalato che l’esperimento è stato ripreso anche nella serie tv ”Life”: per la precisione nella quarta puntata della seconda stagione, intitolata “Non per niente”.

[Edit 2]
Beat segnala che l’esperimento è stato citato anche nella serie televisiva ”Veronica Mars” per la precisione nella Stagione 3 Episodio 2 “Dietro la porta”.

Leggi la seconda parte dell’articolo.

[ESE] è la rubrica a cura di @WebDataBank che parla degli esperimenti scientifici più controversi.

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