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Buonasera Legaioli!
Dopo quasi nove giorni di astinenza da Lega Nerd, maledetti esami e maledette le millemila pagine che ho dovuto leggere per rimettermi in pari, vi propongo una nuova rubrica.
[b]Curiosità Spaziali[/b]
In breve si tratta di un sintetico elenco di fatti, sconosciuti o meno, riguardanti i nostri compagni di viaggio nell’universo, fatti utili per la accrescere la propria cultura o per fare gli [del]sboroni[/del] dotti con gli amici.
E stasera si comincia con uno dei nostri vicini più ingombranti:
[b][del]Grande[/del] Giove[/b]
[b]1_[/b] La sua massa corrisponde a 2,468 volte la somma di quelle di tutti gli altri pianeti messi insieme.
[b]2_[/b] A causa delle sue dimensioni e della composizione simile a quella solare, Giove è stato considerato per lungo tempo una “stella fallita”: in realtà, solamente se avesse avuto l’opportunità di accrescere la propria massa sino a 75-80 volte quella attuale, il suo nucleo avrebbe ospitato le condizioni di temperatura e pressione favorevoli all’innesco delle reazioni di fusione nucleare dell’idrogeno in elio, il che avrebbe reso il sistema solare un sistema stellare binario.
[b]3_[/b] Il simbolo astronomico del pianeta (♃) è una rappresentazione stilizzata del fulmine del dio (Zeus), suo principale attributo.
[b]4_[/b] Una delle prime civiltà a studiare i moti di Giove, e più in generale di tutti i pianeti visibili ad occhio nudo (Mercurio, Venere, Marte, Giove per l’appunto e Saturno), fu quella assiro-babilonese. Gli astronomi di corte dei re babilonesi riuscirono a determinare con precisione il periodo sinodico del pianeta; inoltre, si servirono del suo moto attraverso la sfera celeste per definire le dodici costellazioni dello zodiaco.
[b]5_[/b] Sino ad oggi l’unica sonda progettata appositamente per lo studio del pianeta è stata la Galileo, che entrò in orbita attorno a Giove il 7 dicembre del 1995 e vi permase per oltre 7 anni, compiendo sorvoli ravvicinati di tutti i satelliti galileiani e di Amaltea. Nel 1994, mentre giungeva verso il pianeta gigante, la sonda ha assistito all’impatto della cometa Shoemaker-Levy 9, riprendendo diverse immagini dell’evento.
Nel luglio del 1995 è stata sganciata dalla sonda madre un piccolo modulo-sonda, che è entrato nell’atmosfera del pianeta il 7 dicembre; il modulo ha raccolto dati per 75 minuti, penetrando per 159 km prima di essere distrutto dalle alte pressioni e temperature dell’atmosfera inferiore (circa 28 atmosfere – ~2,8 × 106 Pa, e 185 °C – 458 K). La stessa sorte è toccata alla sonda madre quando, il 21 settembre 2003, è stata deliberatamente spinta verso il pianeta a una velocità di oltre 50 km/s, al fine di evitare qualsiasi possibilità che in futuro essa potesse collidere con il satellite Europa ed eventualmente contaminarlo.
[b]6_[/b] Giove possiede il maggior volume per una massa fredda
[more]I dati teorici indicano che se il pianeta fosse più massiccio avrebbe dimensioni minori. Infatti, a basse densità della materia come quelle del pianeta, l’oggetto è mantenuto tale da forze di natura elettromagnetica: gli atomi interagiscono tra loro formando dei legami chimici. Se la massa è piuttosto grande, come quella di Giove, la gravità al centro del corpo è talmente elevata che la materia è ionizzata: gli elettroni degli orbitali sono strappati all’attrazione dei loro nuclei e sono liberi di muoversi nello spazio, rendendo impossibile la formazione di legami. Pertanto, l’incremento di gravità dovuto all’aumento di massa non è più esattamente controbilanciato e il pianeta subisce una contrazione. Un ulteriore aumento di massa provoca la degenerazione degli elettroni, costretti a occupare il livello quantico ad energia più bassa disponibile. Gli elettroni obbediscono al principio di esclusione di Pauli; di conseguenza sono di norma obbligati a occupare una banda piuttosto vasta di livelli a bassa energia. In questa circostanza, quindi, le strutture atomiche sono alterate dalla crescente gravità, che costringe tale banda energetica ad allargarsi, sicché la sola pressione degli elettroni degenerati manterrebbe in equilibrio il nucleo contro il collasso gravitazionale cui sarebbe naturalmente soggetto.[/more]
[b]7_[/b] In raffronto alla Terra, Giove è 317,938 volte più pesante, ha un volume 1 319 volte superiore ma una densità più bassa, appena superiore a quella dell’acqua: 1,319 × 10³ kg/m³ contro i 5,5153 × 10³ kg/m³ della Terra. Il diametro è 11,2008 volte maggiore di quello terrestre.
[b]8_[/b] Giove si comprime di circa 2 cm all’anno; probabilmente alla base di questo fenomeno sta il meccanismo di Kelvin-Helmholtz: il pianeta compensa, comprimendosi in maniera adiabatica, la dispersione nello spazio del calore endogeno. Questa compressione riscalda il nucleo, dando luogo ad un intenso calore interno che fa sì che il pianeta irradi nello spazio una quantità di energia quasi uguale a quella ricevuta per insolazione. Per queste ragioni, si ritiene che, appena formato, il pianeta dovesse essere più caldo e più grande di circa il doppio rispetto ad ora.
[b]9_[/b] La caratteristica colorazione marrone-arancio delle nubi gioviane è causata da composti chimici complessi, noti come cromofori, che emettono luce in questo colore quando sono esposti alla radiazione ultravioletta solare. L’esatta composizione di queste sostanze rimane incerta, ma si ritiene che vi siano discrete quantità di fosforo, zolfo ed idrocarburi complessi.
[b]10_[/b] La caratteristica sicuramente più nota di Giove è la [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Grande_Macchia_Rossa”]Grande Macchia Rossa[/url] (GRS, dall’inglese Great Red Spot), una vasta tempesta anticiclonica posta 22º a sud dell’equatore del pianeta. La formazione presenta un aspetto ovale e ruota in senso antiorario con un periodo di circa 6 giorni. Le sue dimensioni, variabili, sono 24-40 000 km × 12-14 000 km: è quindi abbastanza grande da essere visibile già con telescopi amatoriali.
[b]11_[/b] Giove possiede un debole sistema di [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Anelli_di_Giove”]anelli planetari[/url], il terzo ad esser stato scoperto nel sistema solare, dopo quello di Saturno e quello di Urano. Fu osservato per la prima volta nel 1979 dalla sonda Voyager 1, ma fu analizzato più approfonditamente negli anni novanta dalla sonda Galileo e, a seguire, dal telescopio spaziale Hubble e dai più grandi telescopi di terra.
[b]12_[/b] Giove è stato spesso accreditato come lo “spazzino” del sistema solare, per via del suo immane pozzo gravitazionale e della sua posizione relativamente vicina al sistema solare interno, che lo rendono l’attrattore della maggior parte degli oggetti vaganti nelle sue vicinanze; per tale ragione è anche il pianeta con la maggior frequenza di impatti dell’intero sistema solare.
[b]13_[/b] C’è vita su Giove?
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Nel 1953 un neolaureato, Stanley Miller, ed il suo professore, Harold Urey, realizzarono un esperimento che provò che molecole organiche si sarebbero potute formare spontaneamente sulla Terra primordiale a partire da precursori inorganici.
In quello che è passato alla storia come “esperimento di Miller-Urey” si fece uso di una soluzione gassosa altamente riducente, contenente metano, ammoniaca, idrogeno e vapore acqueo, per formare, sotto l’esposizione di una scarica elettrica continua (che simulava i frequenti fulmini che dovevano squarciare i cieli della Terra primitiva), sostanze organiche complesse ed alcuni monomeri di macromolecole fondamentali per la vita, come gli amminoacidi delle proteine.
Poiché la composizione dell’atmosfera di Giove ricalca quella che doveva essere la composizione dell’atmosfera terrestre primordiale e al suo interno avvengono con una certa frequenza intensi fenomeni elettrici, lo stesso esperimento è stato replicato per verificarne le potenzialità nel generare le molecole che stanno alla base della vita.
Tuttavia, la forte circolazione verticale dell’atmosfera gioviana porterebbe gli eventuali composti che si verrebbero a produrre nelle zone basse dell’atmosfera del pianeta; inoltre, le elevate temperature di queste regioni provocherebbero la decomposizione di queste molecole, impedendo in tal modo la formazione della vita così come la conosciamo.
Per queste ragioni, si ritiene altamente improbabile che su Giove vi possa essere vita simile a quella terrestre, anche in forme molto semplici come i procarioti, per via degli scarsi quantitativi d’acqua, per l’assenza di una superficie solida e per le altissime pressioni che si riscontrano nelle aree interne.
Tuttavia nel 1976, prima delle missioni Voyager, si ipotizzava che nelle regioni più alte dell’atmosfera gioviana potessero evolversi delle forme di vita basate sull’ammoniaca e su altri composti dell’azoto; la congettura è stata formulata prendendo spunto dall’ecologia dei mari terrestri, in cui, a ridosso della superficie, si addensano semplici organismi fotosintetici, come il fitoplancton, subito al di sotto dei quali si trovano i pesci che si cibano di essi, e più in profondità i predatori marini che si nutrono dei pesci.
I tre ipotetici equivalenti di questi organismi su Giove sono stati definiti da Sagan e Salpeter rispettivamente “galleggiatori”, “sprofondatori” e “cacciatori” (in lingua inglese, floaters, sinkers ed hunters), e sono stati immaginati come delle creature simili a bolle di dimensioni gigantesche che si muovono propellendo l’elio atmosferico.
I dati forniti dalle due Voyager nel 1979 hanno confermato la non idoneità del gigante gassoso a supportare eventuali forme di vita.
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Fonti: Copiato spudoratamente da [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Giove_(astronomia)”]Wikipedia[/url]
[rubrica][url=https://leganerd.com/tag/curiosita-spaziali/][Curiosità Spaziali][/url] è la rubrica di Lega Nerd sulle curiosità e notizie riguardanti spazio e astronomia.[/rubrica]