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Grigorij Efimovič Novy, noto come Rasputin nasce a Pokrovskoe, sperduto paesino della Siberia, situato nella provincia di Tobol’sk vicino ai monti Urali da una famiglia di estrazione contadina.
La data di nascita è da sempre oggetto di dibattito, alcune fonti la fanno risalire al luglio del 1871, altre al gennaio 1869, altre ancora al giugno 1872… con certezza possiamo dire solamente che nacque a metà del diciannovesimo secolo.
Chiamato anche il “monaco pazzo” o “lo stregone”, a lui vengono associati argomenti quali la fine della Russia zarista, l’esoterismo, la pazzia e le orge.
[b]Infanzia:[/b]
Nello stanzone della sua casa si erano riuniti i capifamiglia di Pokrovskoe per consultarsi su un misterioso furto di cavalli; Grigori, che all’epoca era un bambino che stava rannicchiato febbricitante sotto le coperte, all’improvviso si alzò gridando che il ladro era uno dei presenti, il più ricco e insospettabile.
Risultò vero.
Questa fu la prima stranezza che Grigori manifestò.
Rasputin condusse i primi anni di vita senza allontanarsi dal suo piccolo mondo rurale, anche perché il padre – molto autoritario, secondo le semplici regole dei contadini – sosteneva che “le scuole rendevano gli uomini immorali e li allontanavano dalla religione”.
Per questo motivo il giovane Grisha (come lo chiamavano in famiglia) crebbe nella più assoluta ignoranza, lavorando nei campi accanto al fratello Misha.
Il destino “visionario” di Grigorij Rasputin proseguì con una tragedia: caduto nei terribili gorghi gelidi del fiume Tjura insieme a Misha, riuscì a trarre in salvo se stesso e il fratello, contraendo però una grave forma di polmonite.
Misha, per la stessa malattia, morì dopo qualche settimana, ma Grigorij – di tempra più robusta, che lo caratterizzerà per tutta la vita – cominciò un lungo periodo di degenza, con forti attacchi di febbre durante uno dei quali ebbe una visione: secondo le sue parole, la Vergine Maria gli apparve e il ragazzo guarì improvvisamente.
Dopo questa esperienza Grigorij cominciò ad interessarsi maggiormente alla religione ed al mondo degli [i]starec[/i], monaci e profeti erranti che venivano accolti con assoluto rispetto nei villaggi russi.
I racconti di questi uomini affascinavano Rasputin, che non mancò di notare come la gente semplice pendesse dalle loro labbra e fosse particolarmente munifica nei loro confronti.
[b]Percorso “religioso”:[/b]
[more]Durante il periodo dell’adolescenza, il giovane Grigorij ha modo di svilupparsi fisicamente in modo notevole e scopre di possedere un carisma speciale nei confronti delle donne.
Il suo sguardo intenso e allucinato possiede qualcosa di magnetico, le sue parole – seppur quelle semplici di un’analfabeta – suonano convincenti alle orecchie della gente con cui viene a contatto.
Si trasformò in fretta in un giovane uomo irrequieto che si ubriacava, rubava e aveva continui rapporti sessuali con donne di ogni età, per cercare di soddisfare un appetito che sembrava non placarsi mai (Rasputin è il soprannome che si guadagnò proprio in quegli anni che, in russo, significava “depravato”).
Dopo un breve intenso (e impossibile) amore con Irina, figlia del generale Kubasov, a vent’anni Rasputin si sposa con Praskovia Fedorovna Dubrovina.
Da lei ha un figlio, che però muore dopo pochi mesi.
Il dolore per la perdita del piccolo lo porta ad avere una seconda visione, un giorno, in un bosco.
La Vergine gli intima di lasciare tutto e partire.
Rasputin diventerà così uno [i]starec[/i].
É in questo periodo che viene a contatto con esponenti di una setta orgiastica non ortodossa considerata illegale, ma molto popolare in Russia: i [b]khlisty[/b].
Secondo i khlisty, l’uomo può purificarsi dal peccato solo in un modo, abbandonandovisi totalmente e, attraverso il pentimento che ne segue,
ascendere alla catarsi.
Fisicità e religiosità si sposano in questo credo eretico che fa del rito erotico e delle congiunzioni carnali di gruppo, una delle sue caratteristiche fondamentali.
Con queste teorie “salvifiche” Rasputin riuscirà in futuro ad insidiare le più belle donne della corte zarista.
Il percorso nomade di Rasputin che, dopo un indottrinamento di un anno al convento di Verchoturje, si considera “monaco” a tutti gli effetti, tocca città come Mosca, Kazan, Kiev.
Tornerà poi al villaggio natale, dove erigerà con l’aiuto di alcuni fedeli una chiesa personale in concorrenza con quella ufficiale.
Lo sguardo da folle e la convinzione di essere in possesso di conoscenze da rivelare a pochi eletti lo portarono a San Pietroburgo.
Rasputin riuscì ad entrare negli ambienti di corte, considerato in possesso di misteriosi poteri sovrannaturali.
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[b]Rapporti con lo Zar:[/b]
[more]Il destino porta Rasputin alla corte dello Zar in conseguenza di un fatto drammatico: il figlio prediletto della zarina Alessandra, Alessio, è affetto da emofilia e attraversa una crisi gravissima.
Nessun dottore sembra riuscire a trovare una cura e alle orecchie dell’Imperatrice, tramite l’intervento della granduchessa Anastasia, giunge il consiglio di ricorrere a quell’uomo “santo” e dagli strani poteri di nome Rasputin.
Nelle lunghe sere in società lo starec siberiano aveva partecipato a sedute spiritiche e a “guarigioni” durante le quali aveva manifestato poteri fuori del comune.
Non si saprà mai se si trattasse di allucinazione collettiva o di reali poteri taumaturgici del monaco-contadino, fatto sta che la fama di “purificatore” di Rasputin non era rimasta sconosciuta nemmeno alla coppia imperiale.
Rasputin viene finalmente ricevuto a Palazzo: corre l’anno 1905.
Già dal primo contatto con il piccolo Alessio, riesce ad arrestare con la forza della persuasione e della preghiera il flusso di sangue che lo sta mortalmente indebolendo.
Molte possono essere, oggi, le spiegazioni di quel prodigio; tra queste il fatto assodato che una forte emozione in un individuo affetto dall’emofilia può portare ad una temporanea guarigione.
In quella drammatica sera di inizio secolo – e agli occhi dell’emotiva e religiosissima zarina – l’evento può solo assumere i contorni del miracolo. Da quel giorno Grigorij Efimevic Rasputin diverrà l’ombra dell’Imperatrice, il “buon’uomo” salvatore di Alessio, “il nostro Amico”.
Si creerà, tra il monaco e la zarina, un legame fortissimo, che molti arriveranno a considerare ambiguo.[/more]
[b]L’incredibile morte:[/b]
La tela di ragno che avrebbe dovuto intrappolare Rasputin si andava tessendo giorno dopo giorno, fino alla data prefissata, che avrebbe dovuto cadere nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 1916.
Nelle ultime settimane prima dell’agguato era stato convinto a lasciare raramente la propria abitazione in via Gorohovaja 64, e lo stesso ministro Protopopov lo aveva avvertito dell’esistenza di un complotto per eliminarlo.
L’uccisione di Rasputin era stata studiata nei minimi particolari: Jusupov disse al monaco che sarebbe passato a prenderlo per portarlo nella sua bellissima casa, dove avrebbe conosciuto la moglie, gozzovigliato con pasticcini e madera (il liquore preferito dal siberiano) per poi recarsi nel quartiere zigano per un’orgia.
Dopo la mezzanotte, la carrozza del principe Jusupov caricò la vittima predestinata, vestita per le grandi occasioni.
Le strade della capitale, in quella fredda notte di dicembre, erano deserte, e pochi occhi indiscreti avrebbero potuto fare da testimoni.
La scena del delitto fu in un salotto di casa Jusupov.
Per due interminabili ore Rasputin attese l’arrivo dell’affascinante moglie di Jusupov (che tra l’altro non era nemmeno in città), intrattenuto dal principe con la musica, e degustando i famosi pasticcini e madera avvelenati.
Il resto dei congiurati aspettava al piano superiore.
Con grande sorpresa e sgomento del già emotivo principe, il rozzo mugik siberiano resisteva all’effetto del cianuro che aveva assimilato in quantità impressionanti (abbastanza da uccidere sei uomini), attraverso innumerevoli sorsi del vino liquoroso.
Che fosse veramente un super-uomo dai poteri paranormali? Ai primi sintomi di debolezza di Rasputin, Jusupov, in preda al panico e col pretesto di chiamare un dottore, salì al piano superiore dove convenne con gli altri congiurati di eliminare il monaco con un colpo di pistola.
Se Rasputin avesse abbandonato la villa il piano sarebbe miseramente fallito.
Le testimonianze a questo punto sono confuse.
Non si sa con certezza chi fu a sparare a Rasputin, se lo stesso principe Jusupov, il deputato Puriskevic o il granduca Dmitrj Pavlovic.
La cosa sconvolgente fu che, gonfio di veleno e colpito vicino al cuore, Rasputin riuscì a riprendere conoscenza, a raccogliere le forze per uscire dalla villa (mentre i congiurati in un’altra stanza decidevano che fare del “cadavere”) e a gettarsi in fuga nel giardino innevato verso il cancello d’uscita e la salvezza.
Rincorso e raggiunto a pochi passi dal cancello dai congiurati, venne colpito da un nuovo colpo alla schiena e, mentre veniva trascinato verso il cancello del cortile, picchiato con un randello e fu finito con un colpo in fronte: pochi secondi e venne la morte.
Con l’aiuto dei domestici il corpo di Rasputin venne avvolto in una coperta, legato e gettato nel canale Malaja Mojka. Per una sequenza di errori e di eventi sfortunati il segreto del complotto durò meno di quarantotto ore.
Il 19 dicembre veniva ripescato il corpo congelato e devastato di Grigorij Rasputin.
Secondo l’esito dell’autopsia (eseguita la notte del 20 dicembre dal professor Kosorotov), ancora più incredibile è il fatto che il corpo non presentava tracce del veleno, fu riscontrata acqua nei polmoni.
Questo significa che nonostante il veleno, i colpi di pistola e le bastonate, incredibilmente Rasputin venne gettato nell’acqua ancora vivo, e quindi morì annegato.
[b]Il Pene di Rasputin:[/b]
Oltre all’inconfutabile fascino tenebroso, la potente arma di seduzione che attirava donne di ogni età e ceto sociale, erano le gargantuesche dimensioni del suo pene.
Tutte le donne russe erano, per esperienza personale o per sentito dire, a conoscenza della sua “virtù meno apparente”, lui stesso se ne vantava, spesso nei ristoranti – dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo – lo estraeva e iniziava a batterlo sul tavolo “sparecchiando”.
Pene… ci vuole un bel coraggio a chiamarlo così.
Stiamo parlando di una nerchia asinina di 33cm, per rendere l’idea, più grande del mio avambraccio.
Il bligo in questione (almeno per quanto affermato dagli studiosi) è esposto al museo erotico di San Pietroburgo.
Fonti ed approfondimenti:
Bellissimo documentario su Rasputin, in 3 parti.
In quiete
Wikipedia
StoriaIn
Ne parlò il Wu Ming