Bucarest, 2006

Correva l’anno 2006, dopo essermi laureato con discreti risultati, avevo iniziato a lavorare da tirocinante presso un ufficio di assistenza fiscale della Coldiretti di Forlì.

Dopo circa un mese una mattina bussò alla porta una mia collega e disse:

Ciao Davide, ti dovrei fare una proposta da parte del direttore, ci servirebbe una persona per il coordinamento nazionale che stia per 3-4 mesi quest’estate a Bucarest in Romania, a preparare i Visti di ingresso per l’Italia dei lavoratori rumeni che devono venire a fare la campagna estiva qua da noi. Ti andrebbe di andarci? Ah mi dovresti dare la risposta entro domani mattina…

Beh cari amici Nerd, vi lascio immaginare che la sera e la notte proprio non dormii e insieme con qualche lacrimuccia con la mia ragazza di allora, decisi di andare. Sono di quelle esperienze ed occasioni che, pensai, non potevi lasciarti sfuggire, in particolare quando sei ancora giovincello.

Così, accettai, e nel tempo di 15 giorni avevo già il passaporto in mano ed ero sceso dall’aereo all’aeroporto di Bucarest.

Per inquadrare un attimo il periodo storico, nel 2006 la Romania non era ancora dentro l’Unione Europea ed ogni lavoratore che voleva venire a lavorare in Italia doveva passare attraverso un giro assurdo che gli permetteva di avere un Visto sul passaporto dimostrando che entrava nel nostro paese per fare qualche lavoro. Io ero addetto, insieme con un collega di Trento, di stare allo sportello del Consolato Italiano a Bucarest e prendere nota delle persone, verificarne i documenti, verificarne il lavoro e dopo la stampa e la firma del Cancelliere, consegnare il passaporto con il tanto desiderato lasciapassare.

Mi vedevano quindi dal giorno in cui entravano fino al giorno in cui la pratica era finita.

Il Consolato Italiano di Bucarest si occupava degli immigrati della parte est della Romania, una Romania appena uscita da conflitti interni, da anni di dittatura e di comunismo inquietante, un paese in piena rinascita e in febbricitante voglia di capitalismo e di simil-modernizzazione.

Inoltre il Consolato si occupava di tutti gli immigrati, futuri lavoratori in Italia, provenienti dalla Moldavia; un paese devastato dalle interferenze russe, arretrato fino al midollo, con grosse fette di influenza mafiose (in qualche zona la mafia addirittura si era proclamata indipendente e batteva moneta come fosse uno stato).

Il primo giorno mi diedero posizione nel cortile interno, mi dissero che alle 9 avrebbero aperto i cancelli del Consolato e avrei dovuto aiutare quelle persone in fila tra i tornelli per preparare tutti i documenti. Con mio enorme stupore mi trovai attorno 1000 persone che volevano entrare o solo sapere cosa portare… Qui iniziò il mio periodo di lavoro di 3 mesi e capii che non sarebbe stata certamente un’esperienza facile.

I problemi più grossi furono subito evidenti: per fare un Visto di ingresso, il datore di lavoro italiano doveva recarsi presso uno Sportello Unico in Italia, lo Sportello Unico avrebbe preso nota dei dati, fatto le verifiche del caso, consegnato tutti i documenti alle prefetture e alla fine il tutto sarebbe dovuto arrivare al Ministero dell’Interno.

Il server del Ministero dell’Interno poi avrebbe dovuto trasferire i dati al server del Ministero degli Affari Esteri e quest’ultimo avrebbe poi dovuto diramare ad ogni consolato sparso per il mondo la lista di coloro che erano in regola per avere il Visto.

Burocratico eh? Beh tutto avrebbe potuto funzionare, se non fosse che il server degli Interni non riusciva ad interagire con quello degli Esteri, e le liste non arrivavano. Così noi dovevamo rispedire a casa tutti quei poveretti che erano venuti a chiedere il lasciapassare, anche da centinaia di Km, perché non funzionava niente ed i loro nomi non esistevano!… Era una tragedia, rispedivi a casa i primi mille e il giorno dopo ti trovavi in fila altri duemila, moltiplicandosi tutto di conseguenza.

Ero arrivato ad un punto che non mangiavo neanche a mezzogiorno per non vedere sti poveretti fare la fila più di tanto sotto il sole cocente ed digli: “mi dispiace, ma non funziona niente…”

Quando dopo dieci giorni qualcuno da Roma trovò la soluzione al problema: il FAX!!! Lo sportello unico dall’Italia ci doveva mandare un fax e noi in base a quello potevamo mandare avanti la pratica e consegnare il passaporto vistato nel giro di un giorno. Paleolitico ma funzionale…

Iniziò così il periodo di lavoro ancora più grande: non vi potrò mai raccontare fino in fondo che esperienza di vita sia stata per un giovane sbarbatello alle prime armi con il mondo. In quell’estate personamente mandai in Italia a lavorare in tutti i settori, agricoltura, turismo, badanti, operai per industrie e ricongiungimenti familiari, circa 60.000 persone.

Tra questi mandai moltissime bellissime ragazzine in tanti tanti lap dance bar sparsi in tutta Italia. La cosa curiosa di queste ragazze era che avevano tutte i documenti firmati direttamente dal Ministero dello Spettacolo (non passavano quindi dallo sportello unico come gli altri), avevano corsie preferenziali e di solito erano accompagnate da un uomo, che se gli chiedevi chi era, lui annunciava fieramente: “sono il coreografo…” Seh va beh dai…

Mi ricordo inoltre le notti passate a giocare a WoW nella solitudine del mio appartamento e mi ricordo che fu proprio lì che completai il mio tear 1,5 del druido…

Vi allungo anche un po’ di foto, in particolare alcune di cui sono fiero:

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