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Il Delitto della Cattolica è il nome sotto cui è storicamente noto l’assassinio di Simonetta Ferrero avvenuto il 24 luglio 1971 presso l’Università Cattolica di Milano.

E’ Lunedì 26 luglio 1971, ore 9 di una mattina già afosa, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Mario Toso, seminarista ventunenne dell’Istituto salesiano di Mirabello Monferrato varca i cancelli dell’ateneo.
Il giovane, attraversato il secondo cortile, prende a salire le scale del blocco G, alla ricerca dell’istituto di ricerche religiose. Giunto all’ammezzato, è attirato dallo scrosciare ininterrotto dell’acqua udito oltre la porta dei bagni femminili, in un’università quasi deserta di quel caldo luglio da pre-esodo estivo. Rimane qualche secondo a riflettere, poi timidamente apre la porta per verificare cosa originasse quell’inutile spreco d’acqua.

Dirà la stampa il giorno dopo: ”Quello che ha visto l’ha trattenuto sulla soglia, con le gambe che cominciavano a tremare e il cuore che balzava in gola. Tra due stanzini, una grande chiazza di sangue e immersa in essa una ragazza esanime stesa sul fianco destro. Altro sangue dappertutto, sui muri, sui lavandini, sulla maniglia della porta”.
Il giovane seminarista, che avrebbe portato quella scena tra i ricordi della sua vita e tra gli incubi delle sue notti, corse urlando a cercare aiuto, avvisando a gran voce il custode, Mario Baggi, che dovette recarsi di persona nei bagni per capire esattamente cosa volesse dirgli il ragazzo in preda al terrore e alla confusione più disarmante.

All’arrivo di Polizia e Carabinieri si appurò che il corpo di Simonetta era stato trafitto da ben 33 coltellate di cui almeno 7 mortali. Il cadavere appariva composto e vestito, non si notavano apparenti segni di violenza, e forse proprio per evitarla la ragazza aveva disperatamente tentato di difendersi, e prova ne erano alcune lievi ferite alle mani, alzate probabilmente nel tentativo di arrestare i colpi mortali del coltello assassino.

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La giovane Simonetta, come risultò dalle prime indagini, era uscita di casa il sabato precedente, 24 luglio, di buona mattina, per sbrigare alcune ultime commissioni in vista della imminente partenza, programmata per quella sera stessa, alla volta del mare di Corsica, ove avrebbe trascorso, secondo i programmi, due settimane di relax e divertimento. Salutati i genitori alle 10.30, disse loro che sarebbe andata da un tappezziere di via Luini, per scegliere alcuni rivestimenti per certe le sedie di casa, dall’estetista di via Dante, e alla Cattolica, in cerca di alcune dispense di diritto per un’amica.

Non fu vista in nessuno dei due negozi, evidentemente aveva pensato di passare prima in ateneo. La poveretta però non sapeva che le due librerie universitarie erano chiuse i sabato estivi, e gli inquirenti ricostruirono quegli ultimi suoi minuti ipotizzando che trovata chiusa la prima, quella vicino all’ingresso, si fosse spinta fino al secondo cortile, per tentare con la seconda. Vistala chiusa, forse volontariamente aveva imboccato le scale per raggiungere, prima di tornare alle altre incombenze, i bagni femminili.

Dopo ulteriori indagini si scoprì che Simonetta non era andata alla Cattolica per fare un favore chiesto da un’amica un mese prima, quindi cosa era andata a fare alla Cattolica quella mattina? Poco prima era entrata in una profumeria di corso Vercelli.
Una commessa del negozio ricordò di aver notato una Fiat 500 bianca accostata, ma non seppe dire se aspettava Simonetta, e se all’uscita la ragazza salì su quella macchina oppure proseguì a piedi. Inoltre all’Università in quel periodo c’erano alcuni muratori al pianterreno che usavano regolarmente il martello pneumatico per dei lavori di rifacimento del parquet, ascoltati in commissariato venne accertata la loro estraneità ai fatti.
Quindi presumibilmente l’assassino aveva sfruttato o il frastuono provocato dai lavori o la pausa pranzo in un l’Università deserta.
Venne escluso lo scopo di rapina dato che nella borsetta vennero trovate sia lire che franchi francesi ed alla vittima non erano stati sottratti neppure alcuni gioielli che indossava, ma rimase in forse il tentativo di violenza sessuale.

Gli inquirenti seguirono quante più piste possibili ed ascoltarono tutte le testimonianze, anche le più inverosimili, pur di trovare una pista sulla quale muoversi. Purtroppo fu tutto inutile.

Delitto perfetto?

Sicuramente l’assassino ha potuto contare su molti elementi a suo favore: l’Università all’ora di pranzo era quasi deserta, si stavano svolgendo rumorosi lavori di ristrutturazione molto vicini ai bagni; forse aveva già incontrato Simonetta di nascosto, la conosceva oppure l’aveva seguita. A distanza di quasi quarant’anni dall’omicidio di Simonetta non si sa ancora chi l’abbia uccisa così barbaramente e nessuno ha pagato un giorno di carcere per la sua orrenda morte.

Fonti Qui e Qui, QUI la pagina Wiki.

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