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Mod: a way of life


Come penso vi sarete accorti (ma allora vuol dire che ne conoscete la storia) i Mod sono sempre di moda (scusate il teribbile gioco di parole): se ci pensate è notevole che un fenomeno giovanile nato cinquant’anni continui a fare presa sui giovani.

I Mod, abbreviazione di Modernist, sono apparsi nella Londra del dopoguerra come reazione alla povertà, morale e materiale, in cui i molti giovani proletari si trovavano a vivere nella squallide periferie industriali inglesi.

Questa “reazione” si è manifestata in una estetica ricercata, ispirata dapprima agli esistenzialisti francesi (Juliette Greco, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir) sublimata quindi nel look ripreso dalle prestigiose e borghesi università americane della Ivy League: un’eleganza ricercata fatta abiti aderenti, cappelli Borsalino, giacche corte, cravattine sottili, Wayfarer neri, poi diventata un po’ esibizionista (giacche con la Union Jack, Lambrette e Vespe ricoperte di dozzine tra specchietti retrovisori e fari supplementari, dei veri alberi di Natale) ma sempre caratterizzate da pulizia ed eleganza, a rappresentare il desiderio di riscatto sociale, talvolta dai tratti quasi effeminati (l’eyeliner era consentito per i maschi).
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Tutto questo in contrapposizione col machismo del fenomeno giovanile antagonista, i rocker, seguito poi dagli ancora più estremi punk.

I Mod negli anni ’60 e ’70 diventano un fenomeno diffuso, organizzato, nascono vere e proprie gang, locali per ritrovarsi e suonare la musica preferita (jazz, R&B, soul e ska), gruppi musicali (Who, Kinks, Small Faces, Jam etc), il look si codifica e si diffonde fuori dal Regno Unito (con quel fenomeno musicale poi definito come la British Invasion degli anni ’60) e lo stemma della RAF ne diventa la bandiera.

Gli epici scontri tra Mod e Rocker hanno ispirato una delle più importanti opere rock della storia, Quadrophenia degli Who, portata poi sul grande schermo dall’epico, imperdibile film col giovanissimo Sting ambientato in una Brighton favolosa.
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Oggi, probabilmente, l’aspetto di rivalsa sociale si è perso, ma dopo Madness, Bowie e Paul Weller, nuove star della musica hanno riproposto e rielaborato il look Mod, vedi Liam Gallagher, Pete Doherty o i Franz Ferdinand per fare qualche esempio.
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Recentemente è uscito un libro, Mod: vita pulita in circostanze difficili, di Terry Rawlings, che ripercorre la storia e l’evoluzione di uno dei fenomeni giovanili secondo me più stiloso e affascinante.
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Per info e prenotazioni: ItaliaMod, un portale italiano al movimento.

Punk's not dead
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