Ray Harryhausen

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C’era una volta un mondo senza computer grafica: i bambini giocavano a nascondino piuttosto che a Pokemon, e i giovani si riunivano tutti insieme in luoghi reali per giocare a calcio o altri sport, piuttosto che a COD Black Ops. Il cinema però era nato, e quel branco di pazzi che si fanno chiamare autori di Hollywood, avevano le idee più folli da mettere in pratica su celluloide. Fu allora che a qualcuno venne in mente di scomporre il movimento in tante parti, e poi rimettere in sequenza le immagini statiche, per creare l’illusione del movimento. La tecnica venne chiamata in tanti modi, in base al soggetto utilizzato (step one, model animation, ecc…), ma il nome più famoso è stop motion.

Ufficialmente la tecnica venne impiegata per la prima volta su grande schermo in “The Lost world” nel 1925, basato su un racconto di Sir Arthur Conan Doyle del 1912, che oltretutto vanta un cameo dell’autore stesso (!!!), e la tecnica viene sfruttata per riportare in vita i dinosauri, che attaccano popolazioni di umani, nel bel mezzo di città gremite. Il maestro che si occupò degli effetti speciali fu Wills O’Brien, lo stesso del King Kong del 1933.
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Nei cinema di quel periodo l’allora ventenne Ray Harryhausen rimase strabiliato dalla magia sprigionata dallo schermo, e decise di far pratica con la tecnica.
Conobbe O’Brien stesso il quale criticò i suoi lavori, e gli consigliò di studiare scultura ed arti grafiche per migliorare le sue capacità. Grazie anche a questi consigli, Ray inventò una tecnica che chiamò “Dynamation”, che gli consentiva di mischiare immagini catturate con la cinepresa, con lo stop motion. Grazie a questo riuscì nel suo primo lavoro di alto livello, Evolution, una serie di test per un lungometraggio ambientato nel giurassico, che gli valse un contratto con la Paramount, e l’inizio della sua carriera.
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Durante gli anni successivi, il ragazzo che inizialmente ammirava i lavori dei pionieri dell’animazione divenne il maggior esperto di effetti speciali del periodo, e diresse gli effetti speciali di un numero enorme di film.
[spoiler]I suoi lavori:
How to Bridge a Gorge (1942) (producer)
Tulips Shall Grow (1942) (chief animator)
Mother Goose Stories (1946) (producer)
The Story of Little Red Riding Hood (1949) (producer, animator)
Mighty Joe Young (1949) (first technician)
Rapunzel (1951) (producer)
Hansel and Gretel (1951) (producer)
The Story of King Midas (1953) (producer)
The Beast from 20,000 Fathoms (1953) (visual effects)
It Came from Beneath the Sea (1955) (visual effects)
The Animal World (1956) (effects technician)
Earth vs. the Flying Saucers (1956) (special photographic, animation effects)
20 Million Miles to Earth (1957) (visual effects)
The 7th Voyage of Sinbad (1958) (associate producer, visual effects)
The Three Worlds of Gulliver (1960) (visual effects)
Mysterious Island (1961) (special visual effects)
Jason and the Argonauts (1963) (associate producer, visual effects)
First Men in the Moon (1964) (associate producer, visual effects)
One Million Years B.C. (1966) (special visual effects)
The Valley of Gwangi (1969) (associate producer, visual effects)
The Golden Voyage of Sinbad (1974) (producer, visual effects)
Sinbad and the Eye of the Tiger (1977) (producer, visual effects)
Clash of the Titans (1981) (producer, visual effects)
The Story of the Tortoise & the Hare (2003) (director, co-producer, animator)
Ray Harryhausen Presents: The Pit and the Pendulum (2007) (executive producer)[/spoiler]

Sempre appassionato di fantascienza (era anche molto amico con Ray Bradbury), ebbe come sogno la trasposizione di “War of the worlds” ma purtroppo, non riuscì mai a trovare finanziatori. Di questo progetto ci rimane un piccolo filmato di un alieno che esce da un disco volante.
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Grazie a lui i suoi contemporanei riuscirono a veder prendere vita dinosauri, UFO, personaggi mitologici e delle favole.
Personalmente ricordo sin da piccolo i suoi personaggi in “Sinbad il marinaio”, che veniva passato nelle emittenti locali a puntate.
Dei suoi lavori molti sono stati ripresi per farne pellicole di successo, come “1000000 B.C.” e “Clash of the Titans”, altri sono cult, come “The valley of Gwangi” che è un Western nel quale i cowboys sono alle prese con un Allosauro (WTF??).
Il suo lavoro è servito da modello per gran parte dei tecnici SFX hollywoodiani, ed è uno degli ultimi testimoni (insieme al nostro Rambaldi) di un periodo in cui l’artigianato si incontrava con l’industria cinematografica, per dare dei risultati stupendi.

Per quanto se ne dica, la resa di un pupazzone, di un animatronic, o di un modello in stop-motion, sarà sempre diversa di un uguale impiego di computer graphic, e, per certi aspetti, tutt’ora superiore.
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Questo cofanetto contiene alcuni dei suoi migliori film, con un documentario sui suoi lavori.
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