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[quote]La rete e’ libera (in apparenza), e liberi sono i suoi cittadini (in teoria).
Siete pertanto liberi di NON VISITARE QUESTO SITO. Se decidete di continuare a leggere questo blog, lo fate a vostro rischio e pericolo.
Entrando siate consapevoli che vi troverete di fronte a turpiloquio, linguaggio spinto, blasfemia, cunnilingus, fellatio, sessismo, razzismo, protagonismo, scambismo, e D. J. Bernstein. Se non siete d’accordo, ANDATE VIA! [/quote]
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[b]About[/b]
Analisi critica del Blog “lamentazioni.org”, a cura di
Stefano Zanardi, Istituto di Obbedienza Animale
http://www.ioa.com
Difficile scrivere una critica alle “lamentazioni”, allo stile di scrittura che si rivela tra le pieghe di questo blog. La definizione stessa di blog gli calza stretta; questa entita’ letteraria raccoglie cio’ che ad una prima impressione sembra lo sciapo e gretto sfogarsi di ragazzoni frustrati dalla
ripetitivita’ del gesto giornaliero, passato tra una fetta di pizza e qualche ora perdendo tempo a chattare con altri disadattati.
Ma ad una lettura piu’ attenta il lettore sagace scorge frammenti, cocci, schegge, shrapnel; frammenti di bombe letterarie macinate, digerite e rigurgitate dagli autori (o dall’autore collettivo, se vogliamo) di questa particolare entita’ letteraria, di cui il blog altro non e’ che un asettico contenitore.
Schegge dell’umorismo inglese, distaccato ma potente, di quel Jerome Klapka Jerome di “Tre uomini in barca (per non dir del cane)”; schegge di Mark Twain e del suo leggero quanto divertente “Il Ranocchio Saltatore”; schegge di Futuristi, Decadentisti; schegge di Palazzeschi, schegge di Baudelaire, di Rimbaud, di Campana, e di tanti altri.
Shrapnel di Jack Kerouac e dei suoi scritti su strada, ma anche di tantissimi autori semisconosciuti ma grandiosi della Beat Generation, quali Robert Creeley (cit. “I postini disonesti” e “Conosco un uomo”), Denise Levertov (“Estate 1961”), Philip Whalen (“Omaggio a Rodin”, “Ritorno a San Francisco”), Jonathan Williams (“Epitaffio per Williams Carlos Williams: 4 Marzo 1963”), nonche’ Gregory Corso, Bob Kaufman, Lawrence Ferlinghetti, ed ovviamente Allen Ginsberg, la cui anima mistica ed irriverente sembra aleggiare su tutto il blog.
Ma piu’ violenti di tutte queste schegge, come proiettili di mortaio spiccano citazioni (metodiche, melodiche, semantiche, sintattiche ma anche di carattere tipografico) di autori come Charles Bukowsky, con il suo parlare fuori dai canoni, il suo intrigante uso delle maiuscole, ma soprattutto il suo sboccato, tremendo e diretto uso di un linguaggio che scandalizza i piu’ ma che, nella realta’, altro non e’ che il normale linguaggio della vita comune, quella di tutti i giorni, quello stesso linguaggio che ascoltiamo passeggiando al mercato, spostandoci su di un autobus, aspettando al semaforo (Si legga in proposito, ad esempio, la raccolta di interviste di Fernanda Pivano pubblicata su “Quello che importa e’ grattarmi sotto le ascelle” nonche’, tra le tante significative opere di questo autore, “Taccuino di un vecchio porco” e “Compagni di sbronze”).
L’influenza di Bukovsky, evidente in quasi tutti i post, non e’ ricercata, ma sembra essere un modo naturale per esprimere il sentimento che provano gli autori delle lamentazioni. Il lettore
viene sollevato da uno sciame di turpiloquio che, oltrepassando qualsiasi limite umano, condito di giochi di parole inesistenti, trasfigura il suo significato diventando “altro” grottesco, buffa ed orrenda caricatura di un male che fa ormai solamente ridere, un utile esorcismo per affrontare cio’ che stupidamente si teme (poiche’ stranamente cio’ che nella vita reale non ci scompone, se viene stampato su carta o peggio pubblicato in rete diventa insostenibilmente fastidioso e da rimuovere)
E come non riconoscere poi, tra mille influenze (o forse sarebbe meglio dire, tra mille contaminazioni) la provocatorieta’ artistica di Pier Paolo Pasolini? O la crudezza di Irvine Welsch
(“Trainspotting”, “Porno”), nonche’ la stupefacente perversione di decine di autori giapponesi di Manga ed Anime, con le loro rappresentazioni al limite della legalita’?
Le novelle sono inoltre curiosamente decorate da immagini reperite ad arte su Internet: una semplice parola chiave (“odio”, “orrore”) restituiscono spesso bizzarre foto le quali, inserite nel contesto narrativo, agiscono da moltiplicatore dell’effetto comico e dissacratorio, verso una crasi in itinere che conduce il lettore (se attento e consapevole) attraverso un castello di assurdita’, dal quale non potra’ uscire se non abbattendone le pareti con una sonora risata.
Alcuni scritti inoltre sembrano discostarsi dall’ilare demenza per ricadere in un cupo, nero pessimismo, accettazione passiva (ma non tanto) della tristezza della realta’ della vita, tombini
maleodoranti che si scoperchiano di botto sconvolgendo il lettore, rivelando per un istante veri abissi di orrore, vago, lontano, ma reale, presente ed incombente.
Concludendo, si tratta di un notevole esperimento di scrittura creativa collettiva, nato sicuramente per scherzo, ma trasformatosi senza volere in un coacervo letterario di notevole
interesse, che sicuramente destera’ l’interesse dei lettori piu’ scaltri, di coloro che riusciranno ad andare oltre la scorza fatta di turpiloquio (la cui funzione e’ puramente estetica) fino a scoprire il significato profondo di ogni narrazione.
Stefano Zanardi
Istituto di Obbedienza Animale
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Per chi non lo sapeva… Sappilo!
Non c’è altro da aggiungere se non http://www.lamentazioni.org