Mappa 3d dell’universo

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La mappa, che copre il 95 per cento del cielo e contiene 500 milioni di stelle, riesce a individuare e mostrare ben 1.5 milioni di galassie.
É stata presentata al 218esimo congresso dell’American Astronomical Society presso l’Harvard-Smithsonian Centre for Astrophysics di Cambridge.

Gli astronomi sono riusciti a mappare in tre dimensioni e a colori tutte le strutture visibili fino a 380 milioni di anni luce dalla Terra, usando i dati del 2Micron All Sky Survey Redshift Survey (2MASS).

La ricerca, durata dieci anni, aveva l’obiettivo di sondare interamente il cielo notturno utilizzando raggi di luce vicini agli infrarossi.
La luce di questo tipo ha una lunghezza d’onda superiore a quella visibile dall’occhio umano, ma è in grado di penetrare le nubi opache che circondano generalmente le galassie.

In base all’attuale modello cosmologico, sappiamo che la luce di una distante galassia viene allungata e spinta nelle lunghezze d’onda che corrispondo nell’effetto doppler ad uno spostamento verso il rosso, da qui il redshift. Per default, questo significa che più una galassia è distante più grande sarà il suo redshift.
Finché prendiamo in considerazione le galassie più vicine, entro circa 1000 MegaParsec da noi, la relazione redshift-distanza è corretta, a distanze superiori invece la faccenda si complica.
L’espansione dello spazio non è soggetta a restrizioni sulle velocità della teoria della relatività di Einstein, in pratica lo spazio si può espandere a velocità superiori a quella della luce.
A causa di ciò gli oggetti che hanno redshift simili vengono considerati coetanei ed equidistanti da noi.
Ma ci sono casi, come IOK-1, in cui ciò non è applicabile… poichè il redshift -su grandi distanze- viene influenzato notevolmente dalla forza di gravità e dalla costante cosmologica, non rendendo possibile una relazione lineare redshift-distanza.

Questo diventa quindi un fattore critico nel produrre una mappa tridimensionale.
Per tagliare attraverso i vari strati di polvere che oscurano la vista la 2MASS ha visualizzato l’intero cielo visibile in tre diverse lunghezze d’onda dello spettro infrarosso.

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Se da una parte ci ha dato un importante possibilità di vedere tanti corpi sotto nuova luce, il contributo fondamentale di questa ricerca è stata aggiungere alla mappa un fattore nuovo: la distanza.

Fortunatamente, alcune galassie catalogate da 2MASS avevano dei redshift conosciuti e cosi, partendo anche da queste, è iniziata la campagna di misurazioni con due principali telescopi: Fred Lawrence Whipple Observatory sul Mt. Hopkins, ed il Cerro Tololo Inter-American Observatory in Cile.

Fonte Wired.uk

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