Breve storia dell’omicidio legale al cinema

Viviamo in un momento storico molto strano, dove qualcuno già da tempo si chiede quanto ci vorrà prima che la società permetta di sfogare la rabbia o i peggiori istinti non solo attraverso l’esercizio del voto democratico… ma con le armi.

Ragionamento paradossale?

Mica tanto, se pensiamo che alcune delle previsioni più strane che il cinema e la letteratura di qualche decennio fa hanno fatto sono in qualche modo divenute realtà.

Eccoci quindi a parlare di omicidio, o comunque di crimini molto gravi, perpetrati con il benestare delle autorità. Contesti distopici o satirici, certo, ma che quando li vedi non ti fanno stare tranquillo…

A volte non c’è bisogno neppure del cinema – macchinario pop per le masse – per ricordare come fin dall’antichità lo scontro mortale fra due esseri viventi fosse accettato e incoraggiato, nonché promosso.

Ok, depenniamo quindi Il Gladiatore dalla lista e vediamo quello che è il “gradino precedente” a quelli che potrebbero essere i nostri scenari futuri.

 

 

 

 

La saga di “The Purge”

Iniziamo da quello che è stato il film che, nel 2013, ha acceso il dibattito intorno alla fosca prospettiva di veder legalizzato ogni tipo di crimine in una sorta di rituale collettivo per esorcizzare il malessere sociale.

In un futuro non troppo lontano, un partito politico nato e cresciuto nel giro di pochi anni, che inneggia a valori del passato e una divisione della società in caste, decide di istituire una “fascia di tolleranza” di 12 ore, a cavallo del 4 Luglio, festa dell’indipendenza, in cui ogni crimine può essere compiuto senza conseguenze.

Una sorta di grande rito collettivo per sfogare la violenza latente e le frustrazioni.

 

 

Un film di grande successo, prodotto da due specialisti come Michael Bay e Jason Blum, che costato la miseri di 3 milioni di dollari ne ha incassati oltre 60 solo negli USA.

Inevitabile l’arrivo dei sequel, che non hanno fatto altro che confermare l’entusiasmo del pubblico, e non solo quello appassionato del genere: i risultati hanno superato in madrepatria i 70 milioni di dollari.

Il successo crescente di questa serie dimostra come il “pretesto” dello sfogo (the purge, appunto) in chiave di controllo sociale sia tuttaltro che qualcosa di estemporaneo; qui non c’è un mostro, il mostro è la gente stessa. E come uomo nero funziona benissimo.

Sta per uscire nei cinema il nuovo capitolo di quella che è diventata una delle saghe più apprezzate e interessanti del panorama thriller-horror, dal titolo La Prima Notte del Giudizio, che con l’espediente narrativo del prequel ci racconterà come è nata – e come è stata istituzionalizzata questa terrificante tradizione politico-sociale.

Speriamo non diventi un manuale per realizzare qualcosa del genere…

Il trailer:

 

 

 

 

La Decima Vittima

Dopo la fine della quarta guerra mondiale, o della sesta, secondo la cronologia degli storici, la potenza e la capacità di sterminio delle armi nucleari era aumentata a dismisura.

Ormai si era arrivati al punto di saturazione, la pace quindi doveva durare per sempre (pena la distruzione totale).

Ma gli uomini non sono angeli… sono solo esseri strani dotati di combattività.

L’unica soluzione era quella di incanalare la violenza dell’uomo: così l’assassinio fu legalizzato su basi strettamente individuali. E solo per coloro che lo richiedevano.

Vittime e cacciatori; fu così che nacque l’istituto della Grande Caccia.

 

 

La guerra era tornata là dove era nata, nelle mani degli individui. E per ogni individuo il traguardo più ambito era… La Decima Vittima.

Le parole che precedono queste righe sono il curioso testo che la voce fuori campo, con la stessa cadenza di un cinegiornale, recitava sulle immagini camp e psichedeliche del trailer di un curioso film di fantascienza italiano, diretto da quel geniaccio di Elio Petri e scritto da pezzi da novanta come Ennio Flaiano e Tonino Guerra.

Un incredibile pezzo di cinema tricolore (coprodotto con la Francia), tratto da un racconto distopico di Robert Sheckley, che a cavallo tra surrealismo e arte concettuale racconta nel 1965 quella che è ancora una stramba prospettiva di futuro distorto: cacciatori e vittime, designati da un computer, diventano delle star mediatiche e se sopravvivono a 10 “contest” vincono un premio stratosferico.

 

 

Un platinatissimo Marcello Mastroianni è “la decima vittima” che separa la stupenda Ursula Andress, seguita da una troupe televisiva come protagonista di un reality, dalla vittoria finale.

Ma prima di ammazzarlo ne passerà di acqua sotto i ponti…

Vederlo oggi fa sorridere, anche per i toni da commedia che vincono sulla tensione, ma è impossibile non rimanere estasiati dalle capacità satiriche, critiche e di previsione di alcuni fenomeni che gli autori hanno messo in campo cinquant’anni prima che a comandare la “location” di qualcosa (un’uccisione come un aperitivo…) fossero degli sponsor.

Da recuperare a tutti i costi.

 

 

 

 

Da Death Race a The Running Man

Siamo alla fine del ventesimo secolo, il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni atomiche.

Ehm, no, scusate… è che quando si parla di futuro distopico mi viene sempre in mente Ken Il Guerriero.

Ci sono due film che, negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, hanno rappresentato bene lo spirito della lotta tra gladiatori declinata su un futuro non troppo lontano.

Uno è Death Race del 1975, arrivato in Italia con il roboante titolo “Anno 2000: La Corsa della Morte”, l’altro è il celebre “The Running Man” ovvero “L’Implacabile”.

Nel primo, tornato alla ribalta in tempi recenti per la saga scaturita dal remake con Jason Statham e poi da diversi straight-to-video, lo sport violento e mortale con il quale il popolo viene tranquillizzato è motorizzato.

I folli pseudo-nazisti che hanno preso il potere in USA, guidati da un leader che si crede Dio, hanno di dare sfogo alla violenza della gente trasmettendo in TV una “Corsa Automobilistica Transcontinentale”, un vero e proprio macello coast-to-coast.

 

 

Dei piloti pazzi, alla guida di mezzi ultracorazzati e armati, corrono da New York a Los Angeles senza esclusione di colpi, cercando al tempo stesso di travolgere più pedoni (meglio se vecchi e bambini) e totalizzare punti (Sì, il videogame Carmageddon nasce da qui)

Un film grottesco e splatter, nato dalla fantasia del mitico Roger Corman, che tra uno spunto folle e l’altro riesce a descrivere un’umanità senza più bussola morale, ma forse ancora degna di essere salvata.

Con un cast che vede in prima linea dei giovanissimi David Carradine e Sylvester Stallone, rimane un gioiellino strano e inquietante che ha fatto scuola per moltissimi autori odierni.

 

 

Arriviamo quindi a Arnold Schwarzenegger e Stephen King, autore del racconto (firmato con lo pseudonimo Richard Bachman) che ha ispirato “The Running Man”, ovvero da noi “L’Implacabile”.

Nel film, il 2017 vede gli Stati Uniti diventare un regime totalitario che sopprime ogni tipo di attività culturale (e fin qui…)  e trasmettere uno show molto particolare, dove si ammazza allegramente in diretta, per tener buona la popolazione sempre più indigente e affamata.

Nel solco della tradizione gladiatoria, ecco dei “poveri” carcerati cercare la libertà sfuggendo alla morte attraversando circa 400 zone, dove saranno sottoposti ad ogni tipo di prova crudele e braccati da dei killer professionisti etichettati come “sterminatori”.

 

 

 

 

Tra i corridori c’è Arnold, ovviamente militare incastrato dai superiori, e quindi saranno ca*** amari per tutti, soprattutto per il conduttore del programma, lo stronzissimo Killian.

Tra mazze da hockey affilate, jetpack infuocati, tute che permettono di lanciare fulmini dalle mani, motoseghe customizzate brandite da motociclisti esaltati, il nostro eroe, coadiuvato da ex colleghi (= carne da cannone) inizia a massacrare gli Sterminatori e la “gggente” inizia a fare il tifo per lui, mandando in bestia i produttori.

Tra reality show, collusione governativa e manipolazione dei media, questo film-baraccone ricco di cameo eccellenti da parte di sportivi, wrestler e musicisti è ancora molto divertente, con uno Schwarzy in grande spolvero.

Sulla stessa linea d’onda potremmo citare anche “Rollerball” (1975) con James Caan, anche se lì lo sport sui pattini è violento, sì, ma non contempla l’omicidio. Film invecchiato non benissimo, ma comunque meritevole di visione.

 

 

 

New Games

Tra i più recenti esempi di “giochi di morte” creati dalla fantasia (per fortuna) non può che esserci Hunger Games, serie importante perché prende la tematica e la rende non più rivolta a maniaci dell’azione o dell’horror, ma a una platea di ragazzini.

Lo young-adult si confronta quindi con un futuro distopico, dove l’immaginaria Panem sono gli Stati Uniti prossimi venturi dopo una sciagura, e mette i giovanissimi lettori/spettatori di fronte alla morte, trasmessa al grande pubblico, come monito contro potenziali ribellioni verso il Potere.

 

 

Certo, prima di lui c’era stato il nipponico “Battle Royale”, che ancora oggi rimane insuperato quanto a splatter e cattiveria…

 

 

Nel frattempo, l’unico modo per vedere gente sul grande schermo che ammazza e la fa franca, addirittura incitata dal governo, è il prequel di La Notte del Giudizio, che aspetta tutti in sala dal 5 luglio 2018: La Prima Notte del Giudizio.

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