La Torre Nera, Il massacro di una bella storia

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Probabilmente l’operazione commerciale cinematografica che più ha creato diffidenza negli ultimi mesi è stata quella relativa a La Torre Nera: il tentativo di creare interesse nel pubblico trasponendo una delle opere più complesse tra quelle scritte dal maestro Stephen King nell’arco di trent’anni, per un totale di otto libri.

Definire ambizioso cercare di racchiudere l’essenza di una tale epopea, popolata da personaggi profondi e iconici, è un eufemismo.

Anzi, definire ambizioso cercare di racchiudere l’essenza di una tale epopea, popolata da personaggi profondi e iconici, è un eufemismo. Sulla carta era un progetto che si avvicinava di più alla follia pura: era necessario condensare la storia in modo che chi non ha letto i libri si affezionasse alla situazione e ai personaggi, senza però deludere i fan del brand.

Il risultato è un film che risulta deludente per chi ha letto le opere cartacee e poco più che accettabile per i profani, come purtroppo temevo sarebbe accaduto anche per via della durata, troppo breve perché si potesse raccontare davvero anche solo la storia del primo volume dei romanzi.

Della storia originale sono stati conservati alcuni elementi fondamentali, che però hanno subito un rimaneggiamento drastico e asservito ad una narrazione estremamente semplificata e rivolta per lo più ad un pubblico di ragazzi, probabilmente l’errore di fondo più imperdonabile.

Il libro di riferimento è, naturalmente, il primo della saga, ovvero L’Ultimo Cavaliere, in cui veniva tratteggiato il personaggio di Roland Deschain, ultimo superstite della dinastia dei Pistoleri. Uno dei più grossi dubbi condivisi era proprio in relazione alla scelta di Idris Elba per interpretare il protagonista, dal momento che nell’idea di King Roland era identico al Clint Eastwood della Trilogia del Dollaro diretta da Sergio Leone.

Per quale motivo cambiare etnia al personaggio, senza che venisse fornita una motivazione plausibile, al di là della solita e insensata pretesa di risultare politicamente corretti?

Qualcuno aveva ipotizzato che tutto avrebbe trovato spiegazione nel fatto che il film sarebbe stato solo tratto dalla saga, ma ambientato in uno dei tanti mondi paralleli in cui alcuni dettagli cruciali possono cambiare.

 

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Il Roland del film non ha nemmeno la metà dell’immensa profondità della sua controparte cartacea.

Purtroppo questo non avviene, almeno non apparentemente. Sorvolando sul colore della pelle di Roland, che in questo caso impedisce pesantemente l’identificazione del personaggio in una delle icone pop più rappresentative di sempre – con Scott Eastwood a piede libero tra l’altro, che oltre ad essere identico al padre Clint è anche un discreto attore -, il problema vero è che il personaggio non ha nemmeno la metà dell’immensa profondità della sua controparte cartacea.

Elba si è impegnato il più possibile, ma la sua interpretazione è stata smorzata da una scrittura pigra e lassa (di cui è responsabile principlamente Akiva Goldsman, già sceneggiatore di film come Io sono LeggendaCinderella man Io, Robot) nella sua caratterizzazione – specialmente la sua inspiegabile mancanza di ossessione per la Torre, che dovrebbe essere fondamentale – e in generale di quella dei personaggi principali, che conservano solo in superficie i tratti distintivi più riconoscibili.

Ora, è comprensibile che i produttori abbiano pensato ad un film che fosse certamente riferito alla saga, solo più semplificato e che presentasse differenze sostanziali rispetto all’opera originale, ma quando si va a toccare una materia tanto delicata il rischio di far danni è dietro l’angolo.

A questo punto viene da pensare che sarebbe stato decisamente più sensato provare a creare qualcosa di originale, piuttosto che trasporre male una saga fantasy di tale levatura.

Svestendo per un attimo i panni del lettore e fan dei libri di King da cui il film è tratto, ci si rende comunque conto che La Torre Nera somiglia nella struttura a tante altre pellicole di questo tipo, prive di un reale spessore e intrise di un buonismo che, almeno in questo caso, è decisamente fuori luogo.

La violenza e la crudezza, che, come spesso accade in molte altre opere di King, sono un tratto distintivo dell’intera storia, sono qui smorzate in modo da rendere il film fruibile da una più ampia fetta di pubblico.

 

 

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Le riflessioni sulla Vita e sulla Morte, nonchè quelle sullo scopo di ciascun personaggio, sono state totalmente eliminate per lasciare spazio a dialoghi spesso banali e poco ispirati, senza che il rapporto tra Roland e Jake venga esplorato nella giusta maniera.

Qui la questione si fa addirittura più spinosa: la scelta di rendere Jake, interpretato da Tom Taylor, il vero protagonista per far sì’ che i più giovani vi si immedesimassero, ha messo in secondo piano il personaggio di Roland, per non parlare del fatto che il background del ragazzo è stato completamente stravolto e in maniera tristemente banale. Il risultato è che Jake perde di fascino sia agli occhi di chi conosce i romanzi, sia a quelli dei profani, che in lui difficilmente troveranno un eroe memorabile.

Persino l’aver scaltramente di calare nei panni dell’Uomo in Nero un Matthew McCounaghey in grande spolvero e perfetto per il ruolo è servito a migliorare le cose: Walter, questo è il nome del personaggio, non ha nemmeno lontanamente il carisma che dovrebbe emanare e risulta eccessivamente stereotipato e poco approfondito, cosa che ne castra non poco il potenziale.

E questo nonostante gli sforzi dell’attore per renderlo il più inquietante possibile, nonostante esteticamente sia a dir poco perfetto: l’Uomo in Nero, dal punto di vista della psicologia, è la copia carbone di mille altri villain visti in anni ed anni di film fantasy ottimi o mediocri, il che è davvero un peccato se si pensa alla sua effettiva complessità.

Altro particolare che personalmente ho trovato deludente è il fatto che con La Torre Nera c’era l’intenzione di dare inizio al cosiddetto Stephen King Universe, ovvero l’universo cinematografico condiviso relativo alle opere create da Stephen King, progetto che tecnicamente dovrebbe proseguire con una serie dedicata alla saga, più la famigerata serie antologica Castle Rock, che bisogna ancora stabilire se farà effettivamente parte dell’operazione.

 

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La delusione sta nelle debolissime connessioni agli altri mondi made in King, peraltro tutte mostrate nel primo trailer rilasciato mesi fa, il che va in contrasto con il promo diffuso negli ultimi giorni, che lasciava intendere collegamenti decisamente più evidenti. Certamente l’impossibilità di chiamare il dono psichico di Jake Luccicanza per via di problemi con i diritti d’autore non ha aiutato.

A completare un quadro non proprio edificante ci pensa la regia incerta di Nikolaj Arcel, cineasta danese noto per il suo Royal Affair, grazie al quale ha vinto l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura originale al Festival del Cinema di Berlino  nel 2013 e che gli è valso una candidatura all’Oscar per il miglior film straniero nello stesso anno. ottime referenze, certo, ma basta questo per garantire la buona riuscita di un film smaccatamente commerciale qual è La Torre Nera?

La risposta è, ovviamente, un secco No. Dal punto di vista registico questo film non presenta nulla di particolarmente interessante e anzi le scene d’azione sono spesso poco chiare e si denota la carenza di un budget dignitoso per molti degli effetti visivi, dettaglio non da poco, se si pensa che stiamo parlando di un fantasy ambientato in mondi diversi.

L’ultima opera di Arcel è quindi un polpettone di idee anche interessanti sulla carta, vista la loro natura letteraria, ma messe in scena in maniera stanca e visivamente poco originale, senza guizzi che possano renderla realmente interessante.

 

 

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Non è però da escludere che il grandissimo pubblico, composto principalmente dai cosiddetti casual watcher, possa trovare il film quantomeno godibile, seppur poco memorabile: in fondo non si sta parlando di un disastro su tutta la linea.

Ma quando, tempo fa, è stata annunciata la produzione di questa trasposizione, per quanto molti fossero diffidenti, le speranze che ne venisse fuori qualcosa di ben più che semplicemente godibile non erano poche.

Del resto anche guardando a La Torre Nera con occhio meno critico si fa fatica a considerarlo un bel film, con la sua sfilza di banalità e luoghi comuni che poco hanno a che fare con l’universo aspro e cruento creato dallo stesso King.

Ciò che forse si può maggiormente recriminare agli sceneggiatori è il non essere riusciti a mantenere almeno l’atmosfera generale dell’opera: avrei accettato di buon grado le numerose e prevedibili differenze con i romanzi, se avessi avvertito il sapore agrodolce del rapporto profondissimo che lega Roland a Jake, o le macchinazioni subdole e quasi inintellegibili dell’Uomo in Nero.

 

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La semplificazione generale del tutto fa sì che La Torre Nera sia un film che è lì e basta, un lampo quasi impercettibile nel marasma di blockbuster decisamente più notevoli prodotti negli ultimi tempi, una pellicola che difficilmente potrà essere considerata come il buon inizio di una saga che, a questo punto, mi chiedo come in ogni caso penserebbero di portare avanti, data la sua natura tragicamente conclusiva : in realtà viene lasciato spazio ad eventuali seguiti, ma in maniera a dir poco forzata, cosa imperdonabile per un’opera di questo tipo.

Ancora più imperdonabile è l’idea di rendere una storia che parla di sacrificio, di vita, di morte e dell’ineluttabilità del fato, un mero racconto fruibile da tutti, annientando quasi completamente la sua profondità intrinseca. E alla fine di questa analisi rimane un unico dubbio: sarebbe stato possibile fare di meglio?

Probabilmente sì, ma non mantenendo il carattere commerciale che i produttori si sono ostinati a voler imprimere nel progetto, cosa da una parte comprensibile, ma dall’altra difficilmente compatibile con quella che è la vera natura della saga, una natura che avrebbe compreso scene di violenza ardue da rendere digeribili al grande pubblico e riflessioni spesso così potenti da avvicinarsi non solo a quelle riscontrabili nell’epica classica, ma anche nella tradizione narrativa dei testi sacri.

Il tutto risulta anche più assurdo se si pensa che avrebbero potuto tranquillamente battere nuove strade, pur utilizzando gli stessi personaggi e replicando le stesse atmosfere, giocando sulla molteplicità dei mondi, creando così qualcosa di nuovo a partire dalla base letteraria. quando si dice un’occasione sprecata.

In definitiva, se quello che regista, sceneggiatori e produttori volevano fare era rendere La Torre Nera un prodotto semplice e vendibile, ma che forse anche accattivante, hanno miseramente fallito. Se invece il loro intento era quello di sfruttare in maniera a dir poco mediocre un brand che avrebbe potuto – e dovuto – dare decisamente di più allora hanno fatto centro. Tanto alla fine a rimanere con l’amaro in bocca sono sempre gli spettatori.

E anche i poveri illusi come me, che ogni volta ci credono nonostante i mille dubbi. Per citare (circa) Roland: non mi entusiasmo con la mente, colui che si entusiasma con la mente ha dimenticato il volto di suo padre. Mi entusiasmo con il cuore. Che mi viene, puntualmente, spezzato. C’est la vie.

 

La Torre Nera sarà nelle sale italiane a partire dal 10 agosto.

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