Robinson: The Journey

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Abbiamo giocato il nuovo titolo Crytek che promette di essere il primo vero gioco (non mera esperienza) pensato per VR.

Robinson: The Journey è un videogioco di fantascienza sviluppato per realtà virtuale dalla software house tedesca Crytek, nota per essere in grado di spingere al massimo con il suo CryEngine i sistemi di gioco (si pensi alla serie Crysis o a Ryse: Son of Rome) che ha fin da subito catalizzato l’attenzione di un gran bel pubblico, viste le premesse.

Oltre all’indubbio livello grafico che – si capiva fin dai primi trailer – gioca ad un livello più alto dell’attuale concorrenza, uno degli aspetti più interessanti di Robinson: The Journey era la sua natura da vero e proprio videogioco, più che da “esperienza ludica”, come i tre quarti dei titoli attualmente presenti per i vari visori di realtà virtuale.

Ma il titolo sarà in grado di soddisfare le aspettative che in tanti vi abbiamo riposto?

Se volete sapere cosa ne pensiamo, non vi resta che proseguire nella lettura della nostra recensione. La versione da noi testata è quella PlayStation 4 con PlayStation VR. Il titolo sarà disponibile a partire dal 9 novembre 2016 e vi ricordiamo che per giocarlo serviranno un sistema da gioco PlayStation 4, una PlayStation Camera e il PlayStation VR.

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Nei cieli di un lontano pianeta…

Il viaggio di un’astronave termina in tragedia.

Un ragazzo raggiunge la superficie, ma non è solo…

 

Con queste parole inizia l’avventura di Robinson: The Journey. Quel ragazzo, di cui dopo una manciata di secondi assumeremo il comando, si chiama Robin, ed è l’unico superstite di una colossale astronave che vagava per lo spazio alla ricerca di nuovi pianeti che l’uomo potesse colonizzare. Il suo viaggio è rovinosamente terminato sul pianeta Tyson III, dove ci troveremo a dover sopravvivere con l’aiuto di HIGS, una raffinatissima IA fondamentale per le sorti di un ragazzo tanto giovane, quanto lo è il nostro Robin.

A farci compagnia fin da subito, oltre ad HIGS, un cucciolo di tirannosauro alla cui nascita ci capiterà di assistere appena iniziato il gioco. Sebbene l’IA ci avverta di fare attenzione, vista la natura aggressiva di tale razza, la prima cosa che Robin farà sarà darle un nome: Laika.

Chi non ha mai desiderato, almeno una volta, di avere un t-rex domestico?!

L’ambientazione di Robinson: The Journey infatti, per quanto il tono e il plot partano da una cornice classicamente sci-fi, è quella di un pianeta selvaggio popolato da tantissime bestie, tra cui anche i dinosauri, e da una natura incontaminata che si estende a perdita d’occhio.

Il “fattore dinosauri e astronavi” però – se così lo possiamo chiamare – funziona decisamente meglio qui rispetto ad altri titoli quali No Man’s Sky, in quanto è comunque elemento base di una narrazione che, per quanto non così profonda, ha sia un inizio che una fine.

 

 

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Recensire un titolo di questo tipo, così fortemente connesso ad una nuova realtà ludica e a delle tecnologie che stanno nascendo solo ora, non è semplice.

Recensire un titolo di questo tipo, così fortemente connesso ad una nuova realtà ludica e a delle tecnologie che stanno nascendo solo ora, non è semplice. Dal canto mio non posso che apprezzare gli sforzi fatti da Crytek che ha confezionato un titolo estremamente bello e godibile. Sicuramente il videogioco graficamente più impressionante e narrativamente più coinvolgente al momento presente nel parco titoli per PlayStation VR.

Vi sono però ancora numerosi problemi, di cui mi appresto a parlarvi in relazione al gameplay del titolo, basato del tutto sull’esplorazione e l’interazione con l’ambiente.

Se da un lato i comandi di gioco appaiono relativamente semplici da padroneggiare in poco tempo (sia mediante l’utilizzo dei PlayStation Move che del DualShock 4 grazie ad un multi-tool sempre presente nella mano destra di Robin) altrettanto non si può dire delle dinamiche in relazione a quello che la nostra mente percepisce.

 

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Un problema enorme che ho potuto riscontrare è stato quello di poter muovere la telecamera lateralmente solo mediante analogico.

Giocando il titolo con DualShock 4 un problema enorme che ho potuto riscontrare è stato quello di poter muovere la telecamera lateralmente solo mediante analogico (in origine il movimento è impostato con dei leggeri scatti della telecamera, ma dalle opzione lo si può impostare anche in modalità fluida) quando per muoverla in alto e in basso si usa la testa.

Questo è uno dei principali fattori, insieme certamente al movimento libero e ad una forte presenza di elementi caratterizzanti un’ambientazione davvero ricca per l’occhio, che può causare forti problemi di motion sickness.

Personalmente non ho risentito così tanto (e in così poco tempo) di mal di testa e nausea con nessun’altro gioco per VR. A causa di problemi legati anche al frame rate ho avuto in più occasioni problemi simili anche con Driveclub VR RIGS, su PlayStation VR, dopo un paio d’ore di gioco con Eagle Flight su Oculus Rift. 

Con Robinson: The Journey purtroppo ho avvertito disturbi abbastanza forti già dopo i primi minuti di gioco. Disturbi che ho potuto alleviare riprendendo a più mandate il gioco e possibilmente a orari lontani dai pasti. Potrebbe trattarsi di una percezione soggettiva, me ne rendo conto, ed è il motivo per cui sopra parlavo di evidente difficoltà nel recensire un titolo di questo genere astraendomi da un’esperienza fortemente personale.

 

 

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mi sento di consigliare l’acquisto di Robinson: The Journey, a chiunque cerchi un’esperienza più completa per PlayStation VR.

Confidando che tali problemi siano però risolvibili in breve tempo, ottimizzando il software di gioco per la versione standard e in previsione dei già annunciati miglioramenti che esso otterrà con PlayStation 4 Pro, mi sento ugualmente di consigliare l’acquisto di Robinson: The Journey, a chiunque cerchi un’esperienza più completa per PlayStation VR.

Al netto di una longevità non delle migliori (seppur variabile in relazione al tempo che ciascuno impiegherà a risolvere i vari puzzle ambientali) il titolo offre una storia che non si limita ad essere un pretesto per farvi giocare, ma che accompagna il giovane Robin in una avventura che riserva sorprese e anche forte empatia.

Lo fa mettendo in scena un gameplay ben curato ed estremamente intuitivo, con uno dei comparti audiovisivi migliori (se non il migliore in assoluto, al momento) su PlayStation VR. 

Al di là del fattore soggettivo, è però un titolo che può provocare facilmente disturbi legati al motion sickness, per cui chi vi scrive ne sconsiglia la fruizione ai soggetti che hanno già manifestato problematiche in tal senso anche con titoli meno immersivi e più statici.

 

 

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