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Il Mundaneum

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Immaginate di essere a casa vostra, sbracati dopo una dura giornata di lavoro. All’improvviso vi sovviene una domanda che vi ha fatto di sfuggita una ragazza fidando delle vostre competenze “Come sono messe le finanze della Bulgaria?”. Veloci balzate alla tastiera e con pochi tocchi immettete la domanda ottenendo la risposta che cercate. Quindi tornate a sbracarvi sicuri che la prossima volta farete un figurone.

Quante volte avete vissuto una scena così? Io stesso googlo un sacco di cose per fingermi acculturato.

Ma cambiamo un attimo il contesto.

La vostra casa è la classica villa parigina, la vostra tastiera in realtà è composta di un unico tasto (e dovete conoscere il codice morse) e la signorina in questione veste gli sgargianti abiti della Belle Époque.

Eppure tutto il resto sarebbe identico, scrivereste la vostra domanda e in poco tempo avreste la risposta che cercate.

È il 1910 e il Mundaneum è stato appena messo in linea. E chissà che la prossima volta, facendo leva sulla vostra cultura, non riusciate a rimediare un pudico accenno di sorriso celato da un ventaglio.

 

 

 

Tutta la Conoscenza del Mondo

Ebbene si, il primo Google non stava Mountain View, ma stava bensì in Belgio (anche se sarebbe più corretto parlare di una Wikipedia). Il suo creatore non si chiamava Larry Page, ma Paul Otlet: nacque a Bruxelles nel 1868 e, per tutta la sua vita, non vide mai un computer, principalmente perché non esistevano.

Otlet-ARC-MUNDA-PHOTO-PO-006-adjusted-by-LA-and-color-CAPaul Otlet nacque da un’agiata famiglia, il padre aveva fatto i soldi nell’unico campo sensato nel quale un gentiluomo dovrebbe cimentarsi: la vendita di tram.

Decise che per suo figlio la strada era l’home schooling, non la forma stupida che intendiamo oggi, ma quella seria con tutori preparati.

Otlet quindi rimase a casa fino agli 11 anni, non ebbe molti amici e si mise a leggere un sacco, insomma era un nerd, ma un nerd senza Google.

Le cose però stavano per cambiare.

Com’è come non è la famiglia finisce a Parigi dove, nel 1890, il giovane Otlet si laurea in legge, sposa una cugina di qualche grado accettabile e si avvia a una tranquilla vita da avvocato… o così sembrerebbe.

Infatti Otlet è un vero nerd e si annoia in fretta delle prospettive della carriera avvocatizia (vendere macbaguette) e così inizia a seguire la sua vera passione: la bibliografia.

Nel 1892 pubblica il suo primo trattato “Something about bibliography” espone la sua idea: i libri sono inadeguati a contenere informazioni in quanto le informazioni seguono un ordine arbitrario deciso dall’autore ed è molto complesso estrapolare i fatti puntuali.
Secondo Otlet la cosa migliore è usare alcuni foglietti dove mettere pezzi di informazione e poi creare un sistema che permetta di classificare e combinare tutti questi foglietti.

Follia! Direte voi.

Ma Otlet è convinto della sua visione, ha solo bisogno di una spinta.

 

 

 

Il Repertorio Bibliografico Universale

Nel suo lavorare alla friggitrice Otlet fa amicizia con un altro avvocato Henri La Fontaine con il quale condivide la passione per la bibliografia. Su richiesta della Società di Scienze Sociali i due decidono di creare un sistema per catalogare le informazioni.

Ci lavorano parecchi anni per poi scoprire che qualcuno l’aveva fatto circa 20 anni prima, un tale Melvil Dewey.

Melvil_Dewey_1891Avessimo avuto un sistema per cercare le informazioni! Ci saremmo risparmiati un paio di anni e avremmo potuto vedere serie tv  spettacoli di cabaret.

si lamenta Otlet, ma il sistema non esiste ancora.

Poi contatta Dewey e gli chiede se può ampliare il suo schema di classificazione per adattarlo alla classificazione delle informazioni.

Dewey da buon nerd accetta (a patto che non lo traducano in inglese).

Intanto i due iniziano a raccogliere voci, nel 1895 ne hanno circa 400.000 ma in breve tempo arriveranno a 15 milioni.

Nella visione di Otlet ogni principale città del mondo avrebbe dovuto avere una copia del suo repertorio universale cosicché ognuno avrebbe avuto a portata di mano tutta la conoscenza dell’umanità.

Nel 1904 i due riescono finalmente a creare la classificazione decimale universale sulla base di quella creata a Dewey.

La classificazione non fornisce solamente una suddivisione per soggetti, ma permette anche di intersecare più soggetti per identificare una notazione.

Ad esempio 31:[622+669](485) si riferisce al concetto di statistica, di estrazione mineraria, di metallurgia e di Svezia, permettendo di identificare le voci relative alle statistiche delle estrazioni minerarie e produzioni metallurgiche della Svezia.

Il sistema creato da Otlet e La Fontaine permetteva di collegare i concetti gli uni agli altri, un enorme passo avanti anche se non esente da alcuni problemi (ad esempio alcuni concetti erano concetti composti e non concetti puri).

 

 

 

Mundaneum

This was a Steampunk version of hypertext.

Kevin Kelly

 

I due avevano ormai tutto ciò che serviva: un sacco di dati e un sistema per classificarli, era il momento di fare il grande balzo.

 

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La Fontaine fece pressioni sul governo belga perché supportasse la loro “Cittadella della conoscenza”, a quei tempi il Belgio era un piccolo stato che nessuno prendeva sul serio (tipo adesso) e La Fontaine convinse il governo che un simile progetto avrebbe aumentato il prestigio del Belgio e le sue possibilità di far parte della Lega delle Nazioni.

Così il Belgio diede ai due un edificio governativo dove mettere su il loro accrocchio e dei fondi.

Otlet assunse diverso personale, mise su quello che oggi definiremo un motore di ricerca analogico e un sistema di tariffazione: chiunque poteva mandare una domanda per lettera o per telegrafo e ricevere la risposta.

Al top della sua popolarità il Mundaneum riceveva fino a 1500 domande all’anno che coprivano i campi più svariati, dai boomerang alla situazione finanziaria della Bulgaria (anche se quella domanda aveva altri fini come abbiamo visto).

La quantità di dati crebbe in maniera esponenziale, Otlet iniziò a trovarsi letteralmente sommerso dalla carta.

Eppure la sua visione continuava a ossessionarlo, cercò di creare archivi simili in giro per il mondo, ma spedire la copia di 15 mln di voci si rivelò problematico.

Iniziò a immaginare un mondo futuro, in cui fosse possibile usare dei sistemi di archiviazione elettronici o meccanici.

 

 

Nel 1934 scrisse un saggio “Monde” dove dettagliava la sua visione di un “cervello meccanico collettivo capace di immagazzinare tutta l’informazione del mondo, liberamente accessibile da chiunque attraverso un network di telecomunicazioni globale”.

Follia! Direte voi.

 

 

 

Conclusioni

Nel 1934 i tentativi del Belgio di entrare nella Lega delle Nazioni naufragarono e di conseguenza il governo perse interesse per il progetto di Otlet tagliando i fondi.
Otlet fu costretto a trasferirsi in uno spazio più piccolo e a fare i conti con una serie di problemi economici che lo costrinsero a chiudere al pubblico.

Eppure, anche se ormai era rimasto solo, continuò testardamente a portare avanti il suo sogno collezionando e catalogando voci. Ma nemmeno la sua volontà di ferro poté opporsi all’inevitabile.

Nel 1940 le divisioni corazzate tedesche sfondano le linee difensive belghe e avanzano come un fiume in piena verso la Francia. Bruxelles viene occupata e l’edificio che ospitava il Mundaneum divenne un’esposizione di arte nazista.

I funzionari tedeschi presero le migliaia di scatole contenenti le milioni di voci raccolte da Otlet in una vita di lavoro e, semplicemente, le distrussero.

Come attraversato da un proiettile, il cervello meccanico collettivo creato da Otlet, si spense per sempre. Otlet gli sopravvisse ancora qualche anno per poi morire dimenticato nel 1944.

Dopo la guerra furono le idee di altri a prendere il sopravvento e creare la moderna teoria dell’informazione. Otlet era un sognatore, il suo sistema non era adatto al mondo reale, come ebbe a dire il suo biografo:

I think Otlet would have felt lost with the Internet, I don’t think it could have scaled up, it couldn’t even scale up to meet the demands of the paper-based world he was living in.

Eppure le sue idee descrivono un mondo che tutti noi conosciamo fin troppo bene e, soprattutto, sopravvive la sua visione, la visione di un’informazione globale, libera e accessibile da chiunque in qualunque momento.

La prossima volta che prenderete in mano il vostro smartphone dedicategli una ricerca, non apparirà tra i primi risultati (perché Google cercherà di farvi cercare “outlet”) ma forse nemmeno lui, da vero nerd qual era, si prese mai il disturbo di mettere se stesso tra le voci del suo Mundaneum.

 

 

 

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