Mirror’s Edge: Catalyst

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Mirror’s Edge: Catalyst si pone l’arduo compito di traghettare il reboot di uno dei giochi più originali della scorsa generazione sull’attuale. Ce l’ha fatta? Scopritelo con la nostra recensione.

L’originale Mirror’s Edge (uscito nell’ormai lontano 2008 per PlayStation 3 e Xbox 360, l’anno successivo anche per PC) era un action-adventure in prima persona basato su originali meccaniche gameplay di parkour ed esplorazione spericolata nei panni di Faith, la nostra protagonista runner. Il gioco era sviluppato da DICE e distribuito da Electronic Arts, e aveva riscosso non poco successo nonostante qualche difetto molto evidente.

A distanza di otto anni, DICE firma un reboot che porta questa interessante produzione su PC, PlayStation 4 e Xbox One. Non una remastered, ma un gioco completamente nuovo e cambiato sotto molteplici aspetti. Scoprite come ci è sembrato con la nostra recensione. La versione del gioco dai noi testata per la recensione è quella PlayStation 4.

 

 

Mirror’s Edge: Catalyst porta sulle proprie spalle un’eredità non da poco

Mirror’s Edge: Catalyst porta sulle proprie spalle un’eredità non da poco, quella del suo predecessore che è riuscito bene o male a entrare un po’ nella hall of fame della scorsa generazione di console. Forse anche per questo DICE ha scelto la strada del reboot invece che quella del sequel, in ogni caso avrebbe potuto giustificatamente fare anche qualcosa di diverso.

Cosa c’è di nuovo, dunque, in questo capitolo di Mirror’s Edge? Tutto e niente.

Mi spiego meglio: al netto di cambiamenti radicali, altre cose sono rimaste pressoché del tutto invariate. Sensibilmente cambiata la trama e soprattutto il background di Faith e dei personaggi comprimari, ambientazione (soprattutto in esterna) molto simile, forse anche troppo, all’originale e gameplay migliorato ma non stravolto.

Qui forse si sarebbe potuto lavorare meglio, vista anche l’evoluzione della formula di Mirror’s Edge in altri titoli, come Dying Light, il sistema di movimento risulta un po’ legnoso in certi punti, quasi come se sia stato pensato più per mouse e tastiera che con controller, in termini di feeling.

 

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L’ambientazione è figlia della più tradizionale cultura cyberpunk legata alla distopia futuristica.

Ma procediamo con ordine. L’ambientazione è figlia della più tradizionale cultura cyberpunk legata alla distopia futuristica. Un misto di influenze che spazia da Blade Runner a 1984 di George Orwell.

Le vicende, infatti, prendono il via in questa città futuristica governata da una sorta di regime totalitario, instauratosi da oltre due decenni con l’appoggio dei cittadini. Qui la nostra protagonista, Faith Connors, è appena uscita di prigione (per motivi che non ci saranno subito chiariti, così come le sue vicende personali e il rapporto con i genitori a cui più volte si fa riferimento nel gioco pur non trovandone piena risoluzione) e dovrebbe trovare un lavoro per reintegrarsi nella società. In realtà ci troviamo da subito ad essere dei fuggitivi, aiutati da un giovane runner che ci conduce dal nostro mentore, Noah.

Lo scopo di Faith è molto banalmente quello di riscattarsi e vendicare i propri cari, mettendo i bastoni fra le ruote al malvagio Gabriel Kruger, capo della corporazione che controlla la città. Sotto il punto di vista narrativo, sebbene la trama non presenti chissà quale profondità, le scene filmate di altissimo livello rendono comunque molto piacevole lo scorrere della storia, più di quanto non accadesse nell’originale.

 

 

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Faith deve sfruttare le proprie abilità di parkour per spostarsi nella città il più velocemente possibile.

Parlando invece di gameplay, la formula è rimasta pressoché invariata: Faith deve sfruttare le proprie abilità di parkour per spostarsi nella città il più velocemente possibile. Il tutto in Catalyst è arricchito dalla presenza molto rifinita anche di ambienti interni, mentre la nota di demerito è proprio per la resa grafica dell’esterno che sembra a tratti una versione a 1080p delle ambientazioni del gioco originale.

L’impatto c’è, ma non è spettacolare come in molti forse si aspettavano. Sia il movimento che il combattimento (tutto sempre in prima persona) sono notevolmente migliorati, pur presentando ancora qualche difetto e un senso di legnosità in certe fasi, come dicevamo sopra.

Grande novità che fa risparmiare moltissimo tempo al giocatore è la prospettiva del runner, una sorta di scia rossa che (premendo l’analogico) ci indicherà la direzione da seguire per raggiungere il nostro obiettivo, risparmiandoci di dover controllare più volte la mappa visto anche il senso di déjà vu dell’ambientazione.

 

 

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La direzione indicata però non sarà sempre la più veloce, semplicemente una di quelle possibili, sta a noi decidere se seguirla o meno. Il design degli ambienti è comunque molto dinamico e ben si presta a salti e acrobazie che si dovranno alternare più volte per raggiungere i vostri obiettivi, buona anche la verticalità della mappa che non si sviluppa solo lateralmente. Resta un punto debole anche di questo reboot tutto ciò che riguarda il sistema di combattimento e le fasi ad esso legate, i nemici non sono reattivi ne particolarmente intelligenti e gli scontri risultano statici e legnosi.

Altra novità in termini di giocabilità vera e propria è il sistema di potenziamento di Faith, che guadagnerà punti esperienza completando le missioni principali e quelle secondarie (varie quanto basta, ma non siamo di fronte a una struttura open world) e tramite la raccolta di oggetti legati sempre a quest parallele.

Alcune abilità si sbloccheranno solo arrivati ad un determinato punto della storia, o ottenendo una nuova attrezzatura (come il rampino, altra interessante feature che poteva essere approfondita maggiormente).

L’albero delle abilità si divide in tre rami che è bene siano bilanciati: movimento, combattimento e attrezzatura. La modalità multiplayer si concentra invece solo sulle gare di velocità, in cui vanno completati vari tragitti, memorizzando il punteggio ottenuto in un’apposita classifica online.

 

 

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Graficamente, sebbene gli esterni come già detto risultino poveri e ricordino fin troppo il gioco originale, Mirror’s Edge: Catalyst se la cava egregiamente offrendo a conti fatti una delle ambientazioni più originali e affascinanti del genere da vivere in prima persona. Su console il framerate è comunque molto stabile, e l’esperienza complessiva risulta godibile e fluida.

Catalyst riesce dunque nell’intento di migliorare tutti gli aspetti che hanno reso famoso il titolo originale.

Si presenta come uno dei più originali action game attualmente presenti per questa generazione e vale di certo la pena di essere giocato almeno una volta.

DICE avrebbe però potuto osare maggiormente con questa sua creatura, vista la natura di reboot, soprattutto innovando il sistema di combattimento e diversificando il gameplay in generale, cosa che avrebbe potuto rendere il titolo molto più longevo e spendibile anche per altre modalità multiplayer.

 

Voto: 7.6/10

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