Favola di Cotone

cotone

C’era una volta un pigiama di cotone bianco a strisce azzurre che viveva in un grande appartamento di 78 metri quadrati all’interno di un palazzo di 7 piani nella periferia di una grande metropoli, che per comodità chiameremo Nuova York.

Una mattina, verso le 9:48, decise che per la prima volta nella sua vita aveva voglia di uscire.

Scese dal grande letto dove lo aveva appoggiato il suo padrone come tutte le mattine, fece un po’ di esercizi perché non era abituato a fare tanti movimenti, si tolse di dosso 14 peli e 7 capelli che non erano suoi e controllò che la casa fosse tutta in ordine come faceva di solito prima di tornare a letto; solo che stavolta, tutto contento, disse tra sé e sé: “Oggi esco!”

Il bagno era sporco, puzzava e c’erano tre piccole macchie di muffa; nel pavimento del soggiorno, invece, c’erano due riviste, un libro, polvere, uno yo-yo sopra il tappeto pakistano a motivi geometrici, bruciacchiati da sigarette; in cucina c’erano due pentole da lavare, cinque piatti sporchi, due bicchieri, tre tazze e una piantina grassa con due fiori che stava morendo di sete. Tutto a posto, disse il pigiama, posso andare.

Prese un mazzo di chiavi dal cassetto, quattro monete da sotto il tappeto e aprì tutto eccitato il portone al di là del quale c’era un mondo sconosciuto. Scese gli 84 scalini del palazzo, raggiunse il portone e, dopo aver schiacciato l’unico pulsante che c’era, lo aprì e mise il naso fuori.

Faceva freschino, forse essere nato di flanella sarebbe stato meglio, pensò, ma non bastò questo a fermarlo. Rimase subito incantato dalla grande strada, dal rumore, gli altri palazzi, tutte quelle macchine: ne contò otto di fila, nere grigie gialle e bianche, ma soprattutto gli piacque tutta quella luce, il sole, lo spazio aperto, l’azzurro del cielo. Sembrava una favola!

Prese a camminare schivando uomini e donne veloci, tutti con qualcosa in mano, che lo guardavano strano, animali al guinzaglio, finché vide una vecchissima pantofola anni ’80 in pelle nera, bucherellata e tutta consumata, che chiedeva l’elemosina vicino al marciapiede. Impietosito estrasse una moneta dal taschino e gliela gettò vicino.

“Grazie signore.” rispose questa con un filo di voce, “Lei è molto gentile.”
“Si figuri.” rispose il pigiama “Se non ci aiutiamo tra di noi…”

Poi gli venne in mente una cosa e aggiunse: “Sa mica dirmi dove si trova il bar più vicino?”. Seppe così che poco distante c’era un posto dove, finalmente, poteva fare una colazione diversa da quelle che era stato costretto a fare per anni.

Riprese a camminare oltrepassando un fruttivendolo, una lavanderia, un McDonald’s, una ferramenta, altri 2 palazzi, una palestra e una fermata della metropolitana. Ed ecco che all’angolo della strada c’era il “Tiffany Café”.

Esitò un poco prima di entrare, aveva paura di dover affrontare persone di ogni tipo che gli avrebbero fatto 1000 domande e magari cacciato via. Ma era stanco, non era abituato a camminare tanto a lungo; al diavolo, pensò. Aprì la porta e con sua grande sorpresa vide che era pieno di pigiami che facevano colazione! Ce n’erano di tutti i tipi e taglie, colorati, consumati, sbiaditi, vittime di candeggi, rattoppati, trans-colorati da errori di lavatrice, nuovi di pacca e scuciti. Tutti insieme. Notò anche 4 vestaglie, un accappatoio senza laccio e addirittura una tuta da ginnastica blu!

“Buongiorno!” gli dissero accogliendolo festosi, “Anche lei stanco di stare in casa?”
Tale era l’emozione che il pigiama esitò un istante prima di rispondere. Ma sì, era vero! Ordinò yogurt, caffè, brioche e succo d’ananas e si sedette al bancone facendo subito amicizia con un pigiama 60% lana e 40% acrilico, e subito dopo con uno bianco 70% cotone e 30% lino. “Sapete”, disse a bocca piena, “è una vita che mi sembra di essere schiavo della routine.”

“E hai ragione, ragazzo!” si intromise uno, tutto rosso sbiadito con una falce e un martello gialli ricamati a mano sul petto, “I nostri padroni ci sfruttano! Dovremmo unirci e reagire, magari scioperare!”

L’idea non era malvagia, e presto si trovarono tutti d’accordo.

E fu così che da quel giorno il nostro pigiama uscì tutte le mattine infrasettimanali (festivi esclusi) alle 9:30 in punto; si godette la sua vita, fece nuove amicizie e partecipò attivamente a quello che sarebbe diventato il SIC, Sindacato Indumenti Casalinghi.

E vissero tutti più felici e contenti.